Troppo pochi gli investimenti per cercare prove dell’esistenza di civiltà nello spazio, la grande sfida del futuro. E soprattutto, praticamente nullo il contributo dato finora dai Governi per quello che dovrebbe essere invece considerato un settore cardine della ricerca scientifica. L’atto di accusa è arrivato durante un congresso che si è svolto a Seattle e a proferirlo è stato il direttore del National Radio Astronomy Observatory di Charlottesville, negli Stati Uniti.
SI INVESTE TROPPO POCO PER TROVARE SEGNALI DI VITA INTELLIGENTE
Parole che poi Anthony Beasley ha ribadito parlando alla BBC: la ricerca della vita intelligente nell’universo deve essere presa più seriamente e dovrebbe esserci un maggiore sostegno a livello governativo ad un campo che, da decenni, è stato invece accuratamente evitato dai finanziamenti pubblici. «È ora che il SETI esca allo scoperto e si integri con tutte le altre aree dell’astronomia», ha dichiarato Beasley. Il suo appoggio segna un cambiamento radicale nell’ atteggiamento nei confronti di un ambito di indagine considerato fino a poco tempo fa come marginale alla scienza.
In effetti, negli ultimi tempi, l’interesse tra gli scienziati è vistosamente cresciuto e si sono moltiplicate le dichiarazioni a favore della ricerca di una potenziale forma di vita intelligente nel cosmo. Lo ha fatto anche l’astronomo di Sua Maestà Elisabetta II, Lord Martin Rees: a suo avviso, sarebbe meglio che parte dei fondi investiti sul Large Hadron Collider- un macchinario da miliardi di sterline che ad oggi non ha ancora raggiunto il suo obiettivo di trovare particelle subatomiche al di là dell’attuale fisica- fossero dirottati proprio sul SETI. Basterebbe qualche milione. «Le ricerche del SETI sono sicuramente utili, nonostante le forti probabilità di insuccesso, perché la posta in palio è molto alta», ha detto.
L’ASTRONOMO LORD MARTIN REES
In passato, anche la NASA ha finanziato la ricerca di intelligenze extraterrestri per un importo di 10 milioni di dollari all’anno. Ma il contributo statale è stato cancellato nel 1993 in seguito all’introduzione della legge voluta dal senatore Richard Bryan, convinto che si trattasse di uno spreco di denaro. «Speriamo che sia la fine della stagione di caccia marziana a spese del contribuente», aveva dichiarato all’epoca, commentando soddisfatto l’approvazione della norma. Da allora, nessun Governo ha più sostenuto in modo significativo il SETI.
Eppure, nel frattempo molto è cambiato. Innanzitutto sono stati scoperti- uno dopo l’altro- centinaia di esopianeti (ormai abbiamo superato quota 4 mila), alcuni dei quali di natura rocciosa e potenzialmente adatti allo sviluppo della vita. E uno degli obiettivi dichiarati dagli astrobiologi- una branca della scienza di recentissima definizione- è quello di individuare tanto le “biofirme” che le “tecnofirme”, ovvero sia le tracce di attività chimica che dimostrino la presenza di forme biologiche quanto l’esistenza di artefatti tecnologici che confermino l’esistenza di creature evolute.
GLI ASTROBIOLOGI CERCANO LE TECNOFIRME NELLO SPAZIO
In questo settore, sono i privati a fare la parte del leone. A partire da Yuri Milner, il miliardario russo-israeliano che ha garantito 100 milioni di dollari in 10 anni per sostenere il progetto dalle tante facce Breakthrough Initiatives. Uno dei progetti che include si chiama Breakthrough Listen e ha proprio lo scopo di restare all’ascolto di potenziali segnali intelligenti provenienti da altri mondi. Il capo scientifico del progetto, il dottor Andrew Siemion del SETI Research Center di Berkeley, in California, ha appena annunciato il coinvolgimento di un super-osservatorio, ovvero il Very Large Array, situato in New Mexico, considerato uno dei radiotelescopi meglio equipaggiati al mondo. L’utilizzo del VLA, secondo Siemion, aumenterebbe le possibilità di trovare le intelligenze extraterrestri di 10 o persino 100 volte.
“Siamo pronti per il più completo sondaggio all-sky che sia mai stato realizzato. Vorremmo vedere il SETI trasformato da una piccola congrega di scienziati e ingegneri californiani, isolati dal mondo accademico, ad un gruppo che sia parte integrante dell’astronomia e dell’astrofisica come qualsiasi altro campo di indagine», ha detto il dottor Siemion alla BBC. Anche lui è certo che questa sia la nuova frontiera della scienza:«Da quando gli esseri umani hanno alzato lo sguardo al cielo notturno, si sono chiesti “c’è qualcuno là fuori? ” Ora abbiamo la capacità di rispondere a questa domanda e forse anche di fare una scoperta che si classificherebbe come una delle più profonde nella storia dell’umanità».
LA BREAKTHROUGH LISTEN È IN ASCOLTO DI SEGNALI DI VITA INTELLIGENTE
Proprio la Breakthrough Listen ha appena diffuso i dati dell’indagine sulle emissioni radio della regione intorno a Sagittario A*, un buco nero mostruoso (quattro milioni di volte la massa del Sole…) e della cosiddetta “zona di transito terrestre”, ovvero il piano dell’orbita del nostro pianeta. I dati grezzi – che devono quindi essere ancora analizzati dagli astronomi – provengono da un’indagine sullo spettro radio tra 1 e 12 GHz. Circa la metà di essi è stata catturata tramite il radiotelescopio Parkes nel Nuovo Galles del Sud, in Australia, collocato in una posizione ideale – nell’emisfero meridionale- per scansionare il centro galattico, un‘area straordinariamente energetica.
«Il centro galattico è oggetto di una campagna molto specifica e concertata con tutte le nostre strutture perché siamo d’accordo all’unanimità sul fatto che quella regione sia la parte più interessante della galassia. È lì che una civiltà avanzata potrebbe in qualche modo sfruttare l’energia del buco nero super massiccio al centro della Via Lattea per segnalare la sua esistenza. Visto che i trasmettitori artificiali non sono comuni nella nostra Galassia, la ricerca di un forte trasmettitore tra i miliardi di stelle nel disco galattico è la strategia migliore», ha spiegato Andrew Siemion. Se una civiltà avanzata volesse mettere un faro da qualche parte, insomma, il centro galattico sarebbe il posto migliore per farlo.
IL MOSTRUOSO BUCO NERO AL CENTRO DELLA VIA LATTEA
Per il momento gli astronomi non hanno trovato tecnofirme, ma l’analisi sta gradualmente stabilendo dove potrebbero trovarsi e quali capacità potrebbero avere le potenziali civiltà avanzate della nostra Galassia. Il direttore del progetto infatti non è deluso dal risultato: «Non abbiamo trovato alcun alieno, ma stiamo fissando limiti molto rigorosi sulla presenza di una specie tecnologicamente capace, con i dati per la prima volta nella parte dello spettro radio tra 4 e 8 GHz. Questi risultati mettono un altro gradino sulla scala per la prossima persona che arriverà e vorrà migliorare l’esperimento».