La fase di rodaggio è terminata, senza problemi. Adesso tutto è pronto per la fase operativa: dare la caccia agli esopianeti, alla ricerca di quelli più promettenti, più interessanti, potenzialmente più adatti alla vita. Stiamo parlando di CHEOPS, il progetto congiunto ESA-Svizzera (con un importante contributo italiano): un satellite nato per osservare le stelle attorno a noi.
CHEOPS, IL NUOVO CACCIATORE DI PIANETI DELL’ESA
Il lancio è avvenuto lo scorso dicembre. Per tre mesi, i tecnici a terra lo hanno testato per verificarne il perfetto funzionamento in orbita. «La fase di collaudo è stata un periodo entusiasmante e siamo lieti di essere stati in grado di soddisfare tutti i requisiti», ha detto in un comunicato stampa Nicola Rando, project manager dell’ESA. «La piattaforma satellitare e la strumentazione si sono comportati in modo straordinario e sia i centri operativi di missione che quelli scientifici hanno supportato le operazioni in modo impeccabile».
Già da gennaio, CHEOPS- una sigla che sta per CHaracterizing ExOPlanet Satellite– ha puntato la sua ottica sull’universo e ha scattato le prime immagini. Foto intenzionalmente fuori fuoco, come spiegano all’ente spaziale europeo: la sfocatura è una delle strategie della missione perché si migliora la precisione di misurazione diffondendo la luce proveniente da stelle lontane su molti pixel. E la precisione è un elemento chiave nella ricerca dei mondi alieni. Ad oggi, le varie strumentazioni ne hanno individuati oltre 4 mila, ma è fondamentale anche iniziare a comprenderne formazione, struttura, evoluzione.
IL SATELLITE È STATO LANCIATO NEL DICEMBRE 2019
In particolare, dal satellite europeo ci si aspetta informazioni dettagliate sui pianeti più piccoli, quelli che più facilmente sfuggono ma che sono anche i più simili alla Terra. Per questo, prima di entrare in funzione CHEOPS- grande all’incirca un metro e mezzo- è stato sottoposto a un gran numero di test, a partire da quelli di volo. Poi, a marzo, è stato puntato su stelle già studiate e ben note. In questo modo, il team ha potuto verificare la sua precisione. «Il puntamento è estremamente stabile: ciò significa che mentre il telescopio osserva una stella per ore mentre il satellite si muove lungo la sua orbita, l’immagine della stella rimane sempre all’interno dello stesso gruppo di pixel nel sensore», ha spiegato l’ingegnere Carlos Corral van Damme.
Un requisito essenziale, questo, per raggiungere gli obiettivi scientifici per il quali la missione è stata progettata. Anzi, secondo i ricercatori dell’ESA, finora CHEOPS ha dimostrato una stabilità termica del telescopio e del sensore migliori persino del previsto. Durante la fase di rodaggio, la strumentazione ha infatti dimostrato di raggiungere una grande precisione fotometrica e di poter essere perfettamente manovrata da terra a seconda delle necessità. Alla fine di aprile, CHEOPS inizierà ufficialmente il suo lavoro e i ricercatori europei sperano in grandi risultati. Il più ambito: trovare un pianeta abitabile.
LA PRIMA IMMAGINE RIPRESA DAL SATELLITE EUROPEO
Potrebbe averlo trovato il “pensionato” Kepler. Il telescopio spaziale della NASA non è più in funzione da tempo, ma rianalizzando l’enorme massa di dati raccolti nei suoi anni di onorata attività un gruppo di ricercatori ha scovato un mondo roccioso di dimensioni molto simili a quelle del nostro pianeta, in orbita nella fascia abitabile di una stella a circa 300 anni luce da noi, dove la temperatura è mite e potenzialmente adatta a mantenere liquida l’acqua. Kepler-1649c, come lo hanno chiamato, è appena 1,06 volte più grande della Terra. Dalla sua stella ospite riceve circa il 75% della luce ( e quindi anche del calore) che noi riceviamo dal Sole.
C’è però un “ma”: quella stella è una nana rossa e spesso questo tipo di astri emettono delle “vampate”, delle radiazioni solari che mettono in serio rischio la presenza della vita. Tutto ancora da chiarire, poi, come sia composta la sua atmosfera, dettaglio non trascurabile: la temperatura superficiale del pianeta è fortemente influenzata dal tipo di gas che essa contiene. Tuttavia, Kepler-1649c sta comunque entusiasmando gli astrobiologi , da sempre alla ricerca di un mondo quanto più simile al nostro, da qualche parte tra le stelle, in attesa di essere individuato.
IL NUOVO MONDO ALIENO PARAGONATO ALLA TERRA
In passato, altri hanno acceso la fantasia di esperti ed appassionati per le loro misure quasi terrestri, come Trappist-1f e Teegarden c, oppure per le simili temperature (ad esempio, TOI 700d), ma nessun esopianeta finora aveva soddisfatto entrambi i requisiti. «Tra tutti i pianeti mal interpretati che abbiamo recuperato, questo è particolarmente eccitante», ha detto Andrew Vanderburg, ricercatore dell’Università del Texas, tra gli autori dell’articolo pubblicato sulla rivista scientifica The Astrophysical Journal Letters. “Se non avessimo riguardato a mano il lavoro dell’algoritmo, lo avremmo perso». Il piccolo mondo alieno roccioso- tra l’altro- non è solo, perché nell’orbita più interna della sua stella c’è un altro pianeta roccioso più o meno grande uguale. E forse, in mezzo ai due, potrebbe trovarsi anche un terzo pianeta. Insomma, un vero e proprio sistema solare.