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Cos’è la vita? Sembra una domanda semplice e scontata, ma la risposta non lo è affatto. Sul concetto di vita si dibatte da secoli, anzi, da millenni, almeno da quando Aristotele nel IV secolo a.C. postulò che per essere considerato vivo un organismo deve crescere, mantenersi, riprodursi. Ma dopo quella del filosofo dell’Antica Grecia ne sono seguite molte altre di definizioni: ormai se ne contano circa un centinaio. Una questione non di poco conto, specie per gli astrobiologi: se ancora non riusciamo a trovare una visione comune su cosa è la vita sulla Terra, a maggior ragione sarà complicato capire cosa sia la vita ad di fuori di essa.

COME PUÒ ESSERE LA VITA NELLPUNIVERSO?

COME PUÒ ESSERE LA VITA NELL’UNIVERSO?

Su questo si interroga Alison Koontz, neurobiologa del CalTech (il California Institute of Technology), in un articolo pubblicato nei giorni scorsi on-line sulle pagine di Massive Science. Il suo ragionamento prende le mosse dalla definizione più comunemente accettata in ambito scientifico, ovvero quella della NASA, secondo la quale gli esseri viventi sono dei sistemi chimici autosufficienti capaci di evolversi in modo darwiniano. Ma la debolezza di questa (e di ogni altra spiegazione), dice la ricercatrice, è che ancora ignoriamo come effettivamente la vita si sia sviluppata ed affermata sul nostro pianeta. Ancora è acceso il dibattito su quale sia stato il primo materiale genetico- RNA o DNA? E non c’è certezza sul modo in cui dal  cosiddetto “brodo primordiale” siano emerse le prime molecole complesse.

Tuttavia, aggiunge la Koontz, per quello che ne sappiamo ci sono degli elementi indispensabili per la nascita della vita sulla Terra, a partire dall’energia: «Niente nell’universo può muoversi senza trovare il modo di ottenere energia. Questa è la prima legge della termodinamica. Nell’uomo, questa energia si ricava metabolizzando il cibo», spiega la neurobiologa. Secondo elemento: l’organizzazione delle cellule legate da membrane. Terzo: la capacità di memorizzare le informazioni genetiche. Quarto: la capacità di riprodursi con varietà- condizione alla base dell’evoluzione, perché permette alla popolazione di cambiare nel tempo. Quinto: la capacità di crescere e di rispondere agli stimoli. «La vita non prospererebbe senza la possibilità di apportare cambiamenti, rimarrebbe statica. E ciò che resta fermo raramente sopravvive», chiosa Alison Koontz.

NEL DNA GLI ORGANISMI DELLA TERRA IMMAGAZZINANO LE INFORMAZIONI GENETICHE

NEL DNA GLI ORGANISMI DELLA TERRA IMMAGAZZINANO LE INFORMAZIONI GENETICHE

Eppure, già qui, sul nostro pianeta, non tutto ciò che rispetta questi 5 criteri viene classificato come essere vivente. Il caso più eclatante è quello dei virus. Presentano tutte le caratteristiche della vita: hanno bisogno di energia, sono legati ad una membrana, immagazzinano informazioni genetiche, mutano e si replicano ripetutamente.  Per la scienza, però,  non sono forme viventi, perché hanno bisogno di una cellula che li ospiti. «Ma se la definizione di vita non funziona correttamente nemmeno con i sistemi che osserviamo sul nostro pianeta, è straordinariamente probabile che nel vasto universo ci siano sistemi che infrangono del tutto questa definizione. Ad esempio (…) è perfettamente ragionevole immaginare la vita “supra-darwiniana”, ovvero nata da percorsi che non esistono sulla Terra», riconosce la studiosa del Caltech.

L’esempio che fa rende meglio l’idea: «Supponiamo di trovare un pianeta pieno di Alieni che hanno raggiunto l’immortalità. La popolazione è rimasta stabile per migliaia di anni, senza né nascite né morti- in altre parole, non si sta verificando l’autoproduzione. Non c’è variazione. Tutto è statico. Non c’è nemmeno evoluzione. Questa specie aliena sarebbe considerata vivente secondo la nostra attuale definizione? E dovrebbe esserlo? Certo, è una teoria estrema, ma man mano che impariamo di più sull’immenso universo sarà sempre più importante considerare anche questo genere di domande». Tralasciamo, ovviamente, che per tanti ricercatori alternativi quel tipo di ET- per nulla pura ipotesi, ma potenziali protagonisti di un reale contatto avvenuto in epoche remote- potrebbero essere l’origine del concetto di Dio nella Umanità primitiva.

MONDI ALIENI POTREBBERO AVERE UNA BIOMICA MOLTO DIVERSA DALLA NOSTRA

I MONDI ALIENI POTREBBERO AVERE UNA BIOMICA MOLTO DIVERSA DALLA NOSTRA

Ma torniamo alla scienza e alle altre conseguenze che la nostra limitata conoscenza della vita determina nel momento in cui ci affacciamo alla ricerca di organismi extraterrestri. Un serio problema, secondo la scienziata americana, consiste nel fatto che altri mondi possono- o forse, devono- avere una biochimica e una biologia completamente diverse. Invece, tutte le nostre analisi si fondano sempre sulla convinzione che la vita, sugli altri pianeti, debba essere basata sul carbonio. La Koontz ricorda il caso della Viking: quando negli anni ’70 del secolo scorso la sonda compì i primi esperimenti per capire se su Marte ci fossero mai state creature viventi, cercò i marcatori di C14- come si fa qui, sulla Terra. Non trovò nulla. Perché non sono mai esistiti organismi marziani oppure perché hanno un metabolismo differente? Per ora, la domanda resta senza risposta.

Tuttavia, i dubbi della neurobiologa vanno ben al di là tanto che avanza un interrogativo ancora più sorprendente: «Perché supponiamo che tutta la vita nell’universo sia composta dalla nostra stessa materia? La materia ordinaria costituisce solo una piccolissima frazione dell’energia totale prodotta, lasciando una voragine nella nostra comprensione della composizione del cosmo. Il resto dell’energia è prodotta dalla misteriosa materia oscura, qualcosa che solo i fisici e i cosmologi passano molto tempo a contemplare». Insomma, al di fuori della nostra esperienza quotidiana esiste una realtà sfuggente che pure ci permea e ci avvolge.  Anche se non ne siamo consapevoli, la materia oscura potrebbe avere interazioni con noi,  causando impatti e ricadute a nostra insaputa.

LA MATERIA OSCURA È ANCORA UN MISTERO PER GLI SCIENZIATI

LA MATERIA OSCURA È ANCORA UN MISTERO PER GLI SCIENZIATI

«Se così fosse, potrebbe benissimo esistere un intero sistema in grado di produrre vita fatta di materia oscura». La nostra visione però è troppo antropocentrica per ammetterlo e siamo aristocraticamente convinti che solo  la materia di cui siamo fatti noi sia l’unica che conta. Ma la verità- conclude Alison Koontz- è che la nostra idea di vita è estremamente imperfetta, perché si basa sulle prove limitate al nostro pianeta– nulla rispetto alla vastità infinita dell’universo. «La definizione della NASA va bene, se si applica alla Terra. Ma l’idea di vita applicata agli Alieni deve essere senza confini. Non si dovrebbero fare delle ipotesi riguardo altri sistemi viventi solo perché funzionano con il nostro sistema. Altrimenti rischiamo di perdere ogni cosa. L’universo è una pagina bianca ancora da scrivere e così deve essere anche il nostro concetto di Alieni».

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