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E se la prossima pandemia fosse aliena?

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Un microorganismo alieno raggiunge la superficie terrestre precipitando insieme ad un satellite e inizia a contaminare il nostro pianeta, mentre le forze armate e gli scienziati tentano invano di contenerne i drammatici effetti. È la trama di un romanzo scritto più di 50 anni fa da Micheal Crichton, “The Andromeda Strain”: mai come adesso sembra di attualità, soprattutto ora che stiamo sperimentando gli effetti devastanti di un virus sconosciuto- pur senza provenire da un altro mondo. E la preoccupazione amplificata alla luce dell’attuale pandemia è reale, non è fantascienza.

LA TERRA POTREBBE ESSERE INFETTATA DA UN VIRUS EXTRATERRESTRE?

LA TERRA POTREBBE ESSERE INFETTATA DA UN VIRUS EXTRATERRESTRE?

Nell’ultimo articolo pubblicato sul blog, vi abbiamo anticipato lo studio di cui è autore principale Scott Hubbard, professore di aeronautica e astronomia della Standford University nonché ex direttore dell’Ames Center della NASA e già a capo del primo programma per le missioni su Marte. La sua ricerca, pubblicata dalle National Academies of Sciences, Engeneering and Medicine (Accademie Nazionali di Scienze, Ingegneria e Medicina)  sottolinea l’importanza di prevedere una “protezione planetaria” per salvaguardare non solo la Terra, ma anche gli altri pianeti da una contaminazione biologica incrociata. «Ho sentito da parte di alcuni colleghi impegnati nel volo spaziale che nel pubblico è aumentata la preoccupazione di portare indietro virus o batteri alieni», ha detto.

In un’intervista che ha rilasciato al notiziario online di Standford, Hubbard illustra i punti salienti della questione, nata insieme all’esplorazione spaziale. «Prima ancora dello Sputnik, si sono tenuti degli incontri tra scienziati per discutere del rischio potenziale di trasportare microbi dalla Terra su altri mondi che avrebbero potuto creare confusione o contaminare successive indagini scientifiche oppure di riportare indietro forme di vita aliena in grado di minacciare la nostra biosfera», ha spiegato il docente. La prima si chiama “contaminazione diretta”, mentre la seconda è definita “contaminazione di ritorno”. Già il Trattato sullo Spazio Esterno (l’Outer Space Treaty, abbreviato OST) siglato nel 1967 da oltre 120 Paesi prendeva in esame queste eventualità.

IL PROFESSOR Scott Hubbard

IL PROFESSOR SCOTT HUBBARD

A far scattare il campanello d’allarme, negli ultimi tempi,  è stato però il consistente aumento dei protagonisti apparsi sulla scena spaziale: accanto alle agenzie (NASA, ESA e cosi via), ora operano anche vari gruppi privati che non sempre mostrano il massimo rigore nelle loro attività. Nel report viene esplicitamente citato Elon Musk e la sua trovata di lanciare nello spazio una Tesla Roadster in orbita attorno al sole a bordo di un razzo Falcon: la Space X avrà rispettato tutte le procedure? Lo stesso Musk, poi, pianifica una missione umana su Marte nel giro di qualche anno e in contemporanea c’è un moltiplicarsi di minisatelliti sparati attorno al nostro pianeta, i cosiddetti cubesat o smallsat. Senza poi contare il progetto americano che prevede di riportare campioni del sottosuolo marziano sulla Terra.

LA TESLA ROADSTER SPEDITA NELLO SPAZIO

LA TESLA ROADSTER SPEDITA NELLO SPAZIO

Per quanto riguarda la contaminazione diretta, spiega Hubbard, è necessario che i governi mantengano un controllo costante, per supervisionare e autorizzare qualsiasi iniziativa privata prevedendo una seria pianificazione delle attività commerciali ed imprenditoriali legate allo spazio. Ma non basta, servono anche scrupolose indicazioni scientifiche per i primi astronauti che poseranno piede su Marte. «I nostri rapporti raccomandano alla NASA di condurre ricerche per vedere se ci può essere una “zona di esplorazione” marziana in cui gli umani possono atterrare e la contaminazione, se si verifica, non faccia alcun danno», dice il professore. Le tute spaziali possono infatti rilasciare ogni sorta di microbi terrestri che si diffonderebbero sul Pianeta Rosso modificando l’ambiente e alterando i risultati di successive missioni scientifiche.

C’è poi il rischio di contaminazione di ritorno. I mezzi spaziali- dai satelliti di piccola dimensione alle grandi sonde- saranno resi sterili grazie alle alte temperature o con l’uso di sostanze chimiche oppure anche semplicemente in virtù dell’esposizione prolungata alla radiazione nello spazio profondo. Il terreno e le rocce prelevati dal suolo marziano subiranno un processo con vari passaggi dettagliatamente studiati: i campioni saranno conservati all’interno di provette sterilizzate e poi sigillate in diversi contenitori per creare tre o quattro livelli di contenimento. «Secondo me e secondo la comunità scientifica, la possibilità che le rocce marziane antiche di milioni di anni contengano una forma di vita attiva in grado di infettare la Terra è estremamente bassa. Tuttavia, i campioni verranno messi in quarantena e trattati come se fossero il virus Ebola fino a prova contraria».

LE ROCCE PRELEVATE SU MARTE SARANNO SIGILLATE PER EVITARE CONTAMINAZIONI

LE ROCCE PRELEVATE SU MARTE SARANNO SIGILLATE PER EVITARE CONTAMINAZIONI

E gli astronauti? Di certo non possono essere sterilizzati come gli oggetti, ma anche loro dovranno seguire un preciso percorso per evitare di diventare involontari veicoli di organismi extraterrestri. «Gli astronauti dell’Apollo delle prime missioni lunari furono messi in quarantena per assicurarsi che non mostrassero segni di malattia. Una volta scoperto che la Luna non rappresentava un rischio, la quarantena fu eliminata», racconta Hubbard. «Tale procedura sarà senza dubbio seguita per gli umani che tornano da Marte.» Anzi, sarà ancora più stringente. Lo studio esorta infatti a NASA ad un approccio molto proattivo in merito alle misure straordinarie da adottare  per proteggere il pubblico, ossia tutti noi, fino una vera e propria quarantena planetaria.

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