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Il gioco vale la candela, ma finora ogni sforzo è stato vano. La ricerca della vita intelligente nello spazio non sta dando frutti. Anche l’ultimo tentativo- l’analisi di 10 milioni di stelle vicino alla costellazione della Vela- non è servito per trovare tracce di tecnologia extraterrestre.  Ma perché stupirsi? Ci vorrebbe davvero una fortuna cosmica per intercettare, casualmente, un segnale inviato da un altro mondo: lo dimostra una recente ricerca, secondo la quale la galassia dovrebbe essere piena zeppa di civiltà avanzate in circolazione da svariati millenni (o meglio, da milioni di anni) per sperare di incappare in un messaggio lanciato nella nostra esatta direzione. Ma la medesima ricerca apre anche alla speranza, indicando una possibile nuova strada da tentare per riuscire nell’impresa epocale.

LA RICERCA DELLA VITA INTELLIGENTE

LA RICERCA DELLA VITA INTELLIGENTE PER ORA NON HA AVUTO SUCCESSO

 Come si deve agire di fronte a un primo contatto extraterrestre, chi deve avere la responsabilità di prendere una decisione a nome di tutti, che tipo di risposta va data: sono questioni- affrontate nel blog e nel video del canale di Extremamente (https://youtu.be/68cV41U1AuE)- sulle quali gli astrobiologi si interrogano. Ma prima di tutto, quel messaggio deve essere captato. Un astronomo argentino- Marcelo Lares- in collaborazione con i colleghi dell’Università Cattolica di Cordova Luciana Gramajo e Jose Funes (ex direttore della Specola Vaticana) ha sviluppato un modello statistico per analizzare le probabilità di contatto tra civiltà che si trovano in punti diversi della Via Lattea. L’idea per questo articolo, pubblicato sulla rivista scientifica International Journal of Astrobiology,  è nata all’interno di un think tank denominato OTHER, dalle iniziali in spagnolo delle parole “Altri Mondi, Terra, Umanità e Spazio Profondo”.

 In questo progetto, l’astronomia convive con altre discipline come biologia, antropologia, filosofia e teologia perché l’eventuale scoperta di vita intelligente extraterrestre coinvolgerà ogni aspetto della nostra esistenza. I tre scienziati sono partiti dal cosiddetto Paradosso di Fermi- l’apparente contraddizione tra l’alta probabilità che ci siano altre civiltà dello spazio e la totale assenza di prove della loro esistenza. «A differenza di altri studi nei quali vengono utilizzati molti parametri, nel nostro modello cerchiamo di condensare tutto ciò che ignoriamo riguardo un possibile contatto tra distanti civiltà con il numero minimo di parametri», ha spiegato Lares. «In questo modo siamo riusciti a determinare tre domande: quanto dura una civiltà? Quanto è raro che ne sorga una? Per quanto tempo deve emettere segnali per essere individuata?»

UN NUOVO STUDIO CERCA DI DARE RISPOSTA AL PARADOSSO DI FERMI

UN NUOVO STUDIO CERCA DI DARE RISPOSTA AL PARADOSSO DI FERMI

 Da un lato, come è facile immaginare, più una civiltà è durevole, più frequenti saranno i contatti: una civiltà giovane o di breve durata rischia di passare inosservata. Ma perché si instauri una comunicazione, servono un’intelligenza che emetta segnali e un’altra in grado di riceverli. Ed ecco la seconda variabile: emittente e ricevente devono emergere o almeno coesistere nello stesso lasso di tempo. Inoltre, le due civiltà devono essere anche relativamente vicine, per evitare che il segnale si disperda nello spazio- terza variabile, dunque, la distanza. Sulla base di questi parametri, è stato elaborato il programma che ha eseguito più di 150.000 simulazioni, ogni volta con una serie diversa di ipotesi, per vedere quali scenari potrebbero favorire il contatto interstellare.

 Il quadro finale indica la presenza di potenziali creatori di messaggi intelligenti sparsi in modo casuale in tutta la Via Lattea, dove a volte trasmettono e a volte no. «È come un albero di Natale», ha commentato l’astronomo José Funes «con luci che si accendono e si spengono.» Risultato: una galassia piena di alieni tecnologici che si manifestano ha prodotto molte più interazioni di una in cui le specie sono separate da grandi distanze o da lunghi periodi di tempo. Una conclusione forse scontata, ma comunque utile: secondo Marcelo Lares, quantificare le nostre intuizioni con un modello matematico serve a verificare la fondatezza della nostra comprensione. Il software con il quale sono state effettuate le simulazioni ha inoltre un valore aggiunto: è gratis e potrà essere utilizzato da chiunque vorrà fare ulteriori studi anche sulla base di nuove ipotesi. E soprattutto di nuovi strumenti di indagine, superando l’attuale approccio.

IL SETI STA IN ASCOLTO DI ONDE RADIO: È IL METODO GIUSTO?

IL SETI STA IN ASCOLTO DI ONDE RADIO: È IL METODO GIUSTO?

Da quando è nato, infatti, il SETI si è messo all’ascolto di segnali emessi per onde radio, un’invenzione del XX secolo, immaginando che anche altre creature intelligenti dello spazio arrivate a un certo livello di evoluzione le utilizzino. Il silenzio attorno a noi viene considerato da molti come la prova che siamo soli nella galassia. Ma gli autori di questo studio evidenziano, al contrario, che questa assenza di comunicazione non è molto significativa: forse gli ET stanno semplicemente utilizzando una tecnologia a noi sconosciuta che non siamo in grado di riconoscere. Noi stessi, d’altra parte, negli ultimi anni stiamo inviando sempre meno onde radio grazie all’up-grade dei sistemi di comunicazione (per esempio, la fibra ottica) ed è sempre più improbabile che degli Alieni captino per caso le nostre sempre più deboli trasmissioni.

Fondamentale, per il team argentino, è liberarsi dalla classica visione antropocentrica che rischia di pregiudicare la nostra ricerca della vita intelligente extraterrestre. Serve un grande sforzo di immaginazione, come ha sottolineato anche il planetologo Ravi Kopparapu del Goddard Spaceflight Center della NASA, citato dal sito Scientificamerican.com: «Scoperte inattese arrivano da fonti inattese. Nel nostro pensiero comune, siamo chiusi in una scatola: è dura per noi accettare che potrebbe esistere qualcos’altro al di fuori di essa». Ma cantare fuori dal coro è essenziale per progredire nella conoscenza. Dunque, bisogna osare: cercare emissioni di raggi laser o le Sfere di Dyson non è abbastanza, perché sono concetti sempre basati sulla fisica convenzionale. Lo sguardo deve andare oltre- a qualcosa di potenzialmente straordinario, come sarà un’altra cultura cosmica- magari contemplando messaggi a base di neutrini, onde gravitazionali o persino fenomeni che la scienza non ha nemmeno ancora scoperto. Insomma, via libera alla fantasia.

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