Quattro testimoni oculari, due enormi oggetti volanti immobili per giorni nel cielo, un mistero mai spiegato. Sono gli ingredienti di un caso straordinario avvenuto più di 60 anni fa in Antartide, del quale si sa molto poco. Eppure, sarebbe stato l’avvistamento UFO più lungo e dettagliato tra quelli- numerosi- avvenuti in quella remota area del pianeta che sembra nascondere tanti segreti. A riportarlo, il CEFAA, il Comitato di Studio dei Fenomeni Aerei Anomali che sarà protagonista, il prossimo 15 novembre, dell’8° Meeting Internazionale “Figli delle Stelle”– in contemporanea con il 21° Convegno del GAUS di Firenze- grazie alla partecipazione di Jose Lay, figura di primo piano del gruppo di indagine cileno.
Il cosiddetto “Caso dell’isola Robertson”– di fronte alla penisola antartica, nel mare di Wendell- ha avuto come testimoni i componenti di una missione scientifica inviata da Santiago del Cile durante il Secondo Anno Geofisico Internazionale, tra il 1956 e il 1958. Due geologi, un loro assistente e un infermiere militare (sergente della Marina) furono lasciati da un elicottero su questo minuscolo lembo di terra coperto di ghiaccio dove rimasero per un mese, all’ interno di una casamatta dotata di ricetrasmittente e viveri, per studiare la struttura delle rocce, la fauna e la flora. Ma già all’inizio di gennaio, un guasto alla radio li tagliò fuori dal resto del mondo: non poterono far altro che attendere il 20 di quel mese, data in cui sarebbero stati recuperati e riportati a casa.
Ma l’8 gennaio avvenne qualcosa di assolutamente imprevisto. Uno dei due ricercatori- il dottor Tagle (nome di fantasia usato per tutelare l’anonimato) si alzò come di consueto molto presto per ammirare l’aurora polare. Nel cielo azzurro, però, immobili sopra di lui, vide due impressionanti oggetti sigariformi. Corse a chiamare il dottor Barrios (altro nome di fantasia) per essere sicuro di non aver avuto le allucinazioni. Il collega si svegliò controvoglia, ma quando alzò la testa in alto rimase senza parole: quei due velivoli li vedeva anche lui. Sembravano di metallo e riflettevano la luce del sole: se ne stavano fermi in posizione verticale, uno perfettamente allineato con il meridiano, l’altro separato dal primo di circa 30 gradi.
I due studiosi- dopo averli osservati al binocolo- non avevano dubbi che fossero strutture reali e artificiali. Ma volevano vedere anche la reazione degli altri due compagni di spedizione, ai quali non dissero nulla per non condizionarli. Non appena il sergente uscì dalla casamatta per fare un po’ di ginnastica mattutina, lo sentirono gridare agitato: «Professore, i dischi volanti!» I quattro uomini rimasero a fissare i due oggetti immobili, che sembravano far parte del cielo da tempo immemorabile. Verso le 9, però, quello più vicino al meridiano cambiò all’improvviso posizione, disponendosi in orizzontale e iniziò un’esibizione delle sue straordinarie capacità, lasciando gli osservatori sconcertati.
L’oggetto si spostò verso ovest con la velocità di un lampo; perse la sua lucentezza metallica, emanando una luce ultravioletta; cambiò di rotta con movimenti ad angolo acuto, senza fermarsi, e percorse un altro tratto di cielo alla stessa velocità per prendere subito un’altra direzione. Andò avanti così per cinque minuti, con manovre vertiginose a zig-zag, frenando bruscamente, accelerando con velocità istantanea, passando sopra le teste dei quattro testimoni. Il tutto in assoluto silenzio. Poi, dopo questa dimostrazione di potere, tornò nella posizione originale, a circa 50 gradi dall’altro velivolo sigariforme. Fu poi il turno del secondo UFO: questo si diresse verso est, ripetendo tutta la sequenza di accelerazioni istantanee, brusche frenate, cambi di rotta improvvisi, cambiando colore ogni volta che si fermava.
Dopo qualche minuto, anche l’oggetto numero 2 ritornò al suo posto di partenza e riprese un aspetto metallico. Utilizzando i contatori Geiger-Mueller, i due scienziati appurarono che la radioattività ambientale era aumentata di 40 volte- un dato molto pericoloso per la salute e che accrebbe ulteriormente lo stato di agitazione dei 4 esploratori. La temperatura, invece, si mantenne sui 15-20 gradi sottozero, senza variazioni. Nessun fumo o scia di vapore apparve in cielo.La sensazione- raccontarono in seguito di due professori- era sgradevole: si sentivano come dei microorganismi messi su un vetrino di laboratorio e osservati freddamente da occhi sconosciuti. Inoltre, disse Barros, il fatto di trovarsi di fronte a un fenomeno che la scienza negava lo metteva in serio imbarazzo. Eppure, anche se ufficialmente non potevano esistere, quegli UFO erano lì e l’accademico, con il passare delle ore, si convinceva sempre di più di trovarsi di fronte a una realtà non umana: erano spiati da un’intelligenza che non voleva mostrarsi e dal comportamento imprevedibile, anche se visibilmente non ostile.
Secondo il rapporto del CEFAA, sarebbero state scattate molte foto, sia in bianco e nero che a colori. Nessuno, quel giorno, riuscì a lavorare o a dedicarsi ad altre attività. Tutta l’attenzione era concentrata su quei visitatori sconosciuti. Verso sera, nel tentativo di ignorare quella presenza ingombrante, i quattro si spostarono verso nord, costeggiando il Mare di Wendell, fino a un rifugio situato nel letto di un antico ghiacciaio, a circa 60 metri sul livello del mare: man mano che si inerpicavano sullo strapiombo, persero il contatto visivo con gli oggetti. Ma un lampo improvviso, sulla scogliera, li richiamò all’ordine: era come se i due oggetti li avvisassero che non era il caso di nascondersi. Così, alle nove di sera, i quattro uomini rientrarono al campo. E i due UFO erano lì, ad aspettarli. La notte fu insonne: nessuno chiuse occhio. Erano al limite della loro resistenza fisica.
Il secondo giorno passò senza novità. I velivoli sigariformi rimanevano stazionari, in posizione verticale, sopra le loro teste. Ma verso sera, arrivarono dei cirri– nuvole che in Antartide si formano a un’altitudine compresa tra i sette e i diecimila metri. Usandoli come punto di riferimento, il professor Barros determinò con un teodolite che gli oggetti erano a circa 8 mila metri di quota e che la loro lunghezza era di circa 150 metri, con un diametro di 25. Barros prese poi una lente a luce polarizzante, utilizzata per determinare la composizione delle rocce e di altri materiali, puntò lo strumento verso gli oggetti e lo accese. Quasi istantaneamente, l’UFO numero 1 emise una luce intensa e quando si spense di nuovo era sceso in modo marcato. Osservandolo da quella distanza più ravvicinata, Tagle intravide una specie di portello nella parte superiore. Quella improvvisa discesa- che sembrava una reazione all’uso della lente- provocò la reazione del professore: spaventato e stremato, Tagle con un calcio distrusse la strumentazione e subito il velivolo sigariforme tornò di nuovo in alto, iniziando una serie di evoluzioni impressionanti.
Durante il volo, il professor Barros stimò che la velocità angolare fosse di 40.000 chilometri all’ora, cioè praticamente la velocità di fuga sulla superficie terrestre. Considerando che gli UFO partivano da zero e raggiungevano questa velocità istantaneamente, per poi frenare bruscamente, senza una decelerazione progressiva, l’inerzia al loro interno avrebbe dovuto uccidere qualsiasi essere vivente, a meno che non possedesse un proprio campo gravitazionale. Quella notte, si alzò una bufera di neve, con venti fino a 300 km orari. Il cielo si coprì di nuvole. Alle due, nel mezzo della tempesta, il contatore segnò un crollo della radioattività. I quattro uomini sentirono calare la tensione: anche senza vederlo, percepivano che i due oggetti se ne erano andati. E così fu: quando, il pomeriggio seguente, la bufera si attenuò e il cielo si schiarì almeno parzialmente, i due UFO erano spariti.
Come stabilito, il 20 gennaio arrivò l’elicottero che prelevò il team di ricerca. I quattro avevano paura di passare per pazzi, di essere ridicolizzati, ma trovarono il coraggio di raccontare questa storia allucinante a un alto ufficiale della Marina Militare cilena, che non rimase affatto sorpreso. Anzi, confermò di essere a conoscenza di molti altri avvistamenti di oggetti volanti non identificati, avvenuti in quasi tutte le spedizioni condotte al Polo Sud, anche se nessuno era durato così a lungo come quello testimoniato dai due scienziati che- come dicevamo- chiesero che i loro nomi non fossero mai rivelati, per evitare il discredito nell’ambiente accademico. Ma a quanto sembra, la loro vicenda attirò l’interesse dell’ATIC- l’Air Technical Intelligence Center dell’Aeronautica statunitense, che negli anni Cinquanta indagava sugli UFO- che fece compilare ai due professori una relazione.
Una vicenda al limite della fantascienza: l’impossibilità di verificare il racconto dei testimoni oculari- rimasti anonimi e morti ormai molti anni fa- e la mancanza delle prove fotografiche– mai emerse dagli archivi- hanno complicato il lavoro di chi ha indagato. Di questo e di altri affascinanti casi cileni parlerà Jose Lay, ospite online di “UFO:Back to the Future”, l’evento internazionale (in italiano, inglese e spagnolo) che vede Extremamente e GAUS insieme, per la prima volta, in un unico convegno. Tra i relatori che hanno confermato la loro presenza ci sono anche il fisico americano Jack Sarfatti e il collega bulgaro Latchezar Filipov, il ricercatore britannico Philip Mantle, l’ufologo russo Nikolai Subbotin, gli antropologi Go Han (Corea del Sud) e Michael Masters (Stati Uniti), il famoso contattista peruviano Ricardo Gonzàlez. Questo il link per conoscere l’intero programma e scoprire come seguire la diretta via streaming del 15 novembre: https://www.gaus.it/eventi/convegno-2020-ufo-back-to-the-future/ Anche sul nostro blog vi terremo informati, con nuovi articoli e aggiornamenti. Stay tuned!
https://youtu.be/MnNcmetT-Tw