È il gatto più grande del mondo e anche uno dei più antichi. Stiamo parlando del disegno- vecchio pare di 2 mila anni- realizzato sul pendio di una collina nel deserto peruviano, scoperto durante i lavori di conservazione del sito archeologico di Nazca e Palpa, Patrimonio dell’UNESCO dal 1994. Il luogo è famoso per gli oltre 800 geoglifi – disegni realizzati scalfendo la superficie del terreno- disseminati per 80 chilometri e dal significato ancora misterioso: per lo più linee rette che si estendono per centinaia di metri, ma anche spirali, immagini geometriche e animali stilizzati di dimensioni oversize.
IL GATTO LUNGO 37 METRI SCOPERTO SULL’ALTIPIANO DI NAZCA
Dopo il ragno, la scimmia, il condor, il colibrì- tanto per citare i più belli e i più fotografati- ecco spuntare anche il ritratto di un felino (un gatto selvatico, non si sa). In ogni caso, anche questo geoglifo è enorme: è lungo 37 metri. «La figura del gatto era appena visibile e stava scomparendo, perché si trova su un terreno in forte pendenza, soggetto all’erosione naturale», ha spiegato una nota del Ministero della Cultura del Perù. Ci sono volute settimane per ripulire la superficie e rendere di nuovo visibile il disegno che dovrebbe risalire a un periodo compreso tra il 500 e il 200 a.C., durante la fine dell’era Paracas– una civiltà che fiorì tra il IX e il II secolo a.C.
UNO DEI FAMOSI DISEGNI DI NAZCA
Solo l’anno scorso, erano stati i ricercatori giapponesi dell’Università di Yamagata a sorprendere tutti annunciando di aver individuato ben 143 nuovi geoglifi, per la maggior parte così indistinti per l’usura del tempo che era stato necessario utilizzare un software particolare per rilevarli. Tra i vari soggetti, c’erano scimmie, volpi, volatili, serpenti e anche una curiosa figura umanoide che ricorda un Teletubby: un essere con una testa grossa e squadrata, sormontata da tre lunghe protuberanze, dal corpo piccolo e con in mano una specie di bastone. Adesso, è il turno del gatto, ma non si esclude che nell’altopiano desertico si nascondano altre sorprese. «Ci stupiamo di trovare ancora nuovi disegni, ma sappiamo che ne esistono ancora. Negli ultimi anni i droni ci hanno permesso di scattare foto delle colline», ha confermato il responsabile del parco archeologico Johny Isla.
Infatti, è solo dall’alto che si notano queste particolari incisioni nel terreno, ottenute rimuovendo lo strato superficiale di pietrisco. Non a caso, le cosiddette “Linee di Nazca” sono state scoperte ufficialmente da un archeologo nel 1927 guardando da un’altura, ma sono state poi studiate in modo sistematico solo grazie ai sorvoli aerei. E da allora si sono moltiplicate le ipotesi per cercare una spiegazione a queste complesse creazioni artistiche. Chi le ha realizzate e soprattutto perché? Gli archeologi le attribuiscono alla civiltà Nasca, che si sviluppò in questa regione per circa 800 anni a partire dal II secolo a.C. , in virtù di una datazione delle linee compresa tra il 200 a.C. e il 600 d.C.
IL CURIOSO GEOGLIFO SCOPERTO NEL 2019
Tuttavia, molti studiosi ora tendono ad anticipare la loro collocazione storica di qualche secolo, attribuendole alla antecedente cultura Paracas per la forte somiglianza tra i disegni incisi sul terreno e quelli raffigurati nei tessuti scoperti nelle tombe dell’epoca. Chiunque sia stato, comunque, per realizzarle ha “grattato via” la parte superficiale del terreno di colore rossastro, facendo emergere lo strato inferiore di color grigio, scavando nel terreno per poche decine centimetri. Solo l’estrema aridità di questa area del Perù e la secchezza dell’aria hanno permesso a queste incisioni di conservarsi per tutti questi secoli. Ma resta la domanda principale: quale era il loro scopo?
Qualcuno ha suggerito che i colossali disegni potessero essere dei canali di irrigazione o servissero comunque per convogliare l’acqua piovana. Un’ipotesi poco plausibile: considerando la loro scarsissima profondità, non sarebbero stati molto utili. Altri ricercatori pensano a una funzione cerimoniale sempre legata all’acqua: i geoglifi servivano forse per placare l’ira divina e invocare l’arrivo delle piogge in caso di estrema siccità. La scoperta poi di linee concentriche o simili a labirinti, come quelle studiate da Clive Ruggles e Nicholas Saunders, fa pensare comunque a un utilizzo religioso, all’interno probabilmente di riti di iniziazione: forse le antiche popolazioni della zona camminavano in processione proprio sui questi arzigogolati percorsi durante determinate cerimonie.
IL COSIDDETTO ASTRONAUTA
Tuttavia, la prima ipotesi presa in esame degli archeologi è stata quella astronomica: le linee sul terreno costituirebbero una sorta di rappresentazione della volta celeste per scandire il passaggio del tempo. Già negli anni Quaranta del secolo scorso, lo storico Paul Kosok riteneva che fosse questa la spiegazione: trovandosi alla fine di una delle linee di Nazca nel giorno del solstizio d’inverno, si era accorto che quella retta era perfettamente indirizzata verso il punto in cui il sole sorgeva, indicando quindi la sua posizione nel giorno più corto dell’anno. Ulteriori studi lo portarono alla convinzione che anche altri disegni erano collocati in modo da contrassegnare i punti in cui i corpi celesti apparivano o scomparivano nel cielo in date particolari- insomma, formavano una specie di calendario astronomico.
Come ricorda il sito Discover.com, altri studiosi hanno anche postulato che le figure animali rappresentino le costellazioni, ma anche questa teoria non è condivisa. Forse, le diverse linee- create in momenti diversi da diverse generazioni nel corso del tempo- hanno differenti motivazioni e tutte le spiegazioni, in parte, possono essere corrette: qualche geoglifo funge da mappa stellare, altri invece erano percorsi rituali, altri ancora erano solo sentieri tracciati per attraversare il deserto. Resta poi l’ipotesi più estrema- considerata la più fantasiosa e improbabile- che contempla la presenza (o l’invocazione) di “antichi astronauti”, gli unici che due millenni fa potessero osservare, dall’alto, quei giganteschi disegni non riconoscibili da terra.
FIGURE UMANE CON TRE DITA SCOPERTE A NAZCA
Chissà, forse proprio a questi misteriosi e ipotetici visitatori è dedicato il disegno soprannominato “l’astronauta” ancora oggi visibile su un’altura del deserto di Nazca: una figura umana alta 30 metri, con il braccio alzato verso l’alto, come in segno di saluto. A rendere ancora più intrigante questa folle idea, c’è il ritrovamento di quelle mummie (vere o false, ancora da stabilire) emerse da una tomba del deserto di Nazca e dotate di tre dita per arto. Strano, ma vero: anche le vesti e i teli intessuti dalle donne Paracas erano talvolta decorate con creature tridattili- sia mani che piedi. E anche un petroglifo scoperto nella zona mostra un essere umanoide con la medesima caratteristica, solo tre dita. Suggestioni, niente più. Oppure no?