Il primo tentativo non è stato quel che si dice un successo. Dopo sei mesi di apprendistato, Perseverance– l’ultimo rover inviato su Marte dalla NASA- ha cercato di fare quello per il quale è stato progettato, ovvero forare la superficie del Pianeta Rosso per prelevare un campione di roccia da analizzare. Tutto sembrava essere andato secondo le previsioni, ma quando gli operatori del robot hanno controllato cosa c’era dentro la provetta sigillata, hanno scoperto che era vuota. Insomma, bene ma non benissimo…
IL ROVER DELLA NASA, PERSEVERANCE
La colpa, secondo i responsabili della missione Mars2020 del Jet Propulsion Laboratory, non è di Perseverance ma della roccia prescelta: il campione si è polverizzato ed è caduto fuori dal tubicino. Serve dunque un substrato più collaborativo- come ha detto una degli scienziati coinvolti nella ricerca, Jennifer Trosper- dunque meno friabile. Anche se il primo esperimento non è andato a buon fine, i ricercatori comunque non disperano. Prima di tutto perché comunque all’interno di quella provetta è stata incapsulata un po’ di aria marziana che potrà essere esaminata; secondo, perché il rover di provette ne ha altre 42 in dotazione e potrà riprovarci. Anche molto presto, visto che il secondo tentativo è stato fissato per l’inizio di settembre: per quella data, Perseverance si sarà spostato in un punto più adatto e da Terra il team della NASA controllerà la presenza di pietrisco prima di sigillare e riporre il campione dentro al robot.
IL PRIMO TENTATIVO DI PRELEVARE UN CAMPIONE DI ROCCIA MARZIANA È FALLITO
Indagare nel substrato roccioso al di sotto della superficie marziana non è solo l’obiettivo di Mars2020, ma anche della prossima missione europea rinviata causa pandemia e riprogrammata per il settembre 2022. Il rover dell’ESA denominato Rosalind Franklin, dotato di trapano, dovrebbe riuscire a scavare fino a 2 metri di profondità nel terreno di Oxia Planum, il luogo di atterraggio selezionato dopo un’attenta verifica. Ufficialmente, tanto i ricercatori americani quanto quelli europei nel suolo marziano contano di trovare prove di vita passata, ovvero batteri fossili. Ma le aspettative non dichiarate sono molto più ambiziose, perché là sotto potrebbe esistere ancora oggi la vita, sebbene in forma semplice. E ad alimentare queste speranze è anche un recente studio scientifico pubblicato dalla rivista Astrobiology.
IL ROVER DELL’ESA CHE SARÀ INVIATO SU MARTE NEL 2022
Secondo l’articolo, di cui Jesse Tarnas- planetologo del Jet Propulsion Laboratory- è l’autore principale, anche su Marte potrebbe ripetersi un fenomeno ben noto sul nostro pianeta: in profondità gli elementi radioattivi riescono a disintegrare le molecole d’acqua, producendo gli ingredienti che alimentano la vita sotterranea. Questo processo che si chiama radiolisi ed ha permesso lo sviluppo dei batteri terrestri, tra i pori delle rocce o nelle fessure sotterranee, per miliardi di anni. Perché non potrebbe aver fatto altrettanto per i batteri marziani? Sappiamo che la superficie del Pianeta Rosso, spazzata da venti solari, raggi cosmici e tempeste di sabbia, non è adatta alla vita. Ma qualche metro sotto, la storia sarebbe decisamente diversa. «L’ambiente con le migliori possibilità di abitabilità su Marte è il sottosuolo», afferma infatti Tarnas. Insieme ai colleghi, ha esaminato le uniche rocce marziane finora a nostra disposizione, ovvero i meteoriti che si sono schiantati sulla Terra.
LA SUPERFICIE MARZIANA È DECISAMENTE INOSPITALE
Ne hanno valutato le dimensioni dei grani, la composizione minerale e l’abbondanza di elementi radioattivi e utilizzando i dati satellitari e quelli finora raccolti dai rover hanno stimato la porosità della crosta di Marte. Poi hanno inserito queste informazioni in un modello al computer che simulava la radiolisi per vedere in che modo il processo avrebbe generato gas idrogeno e solfati, ovvero gli ingredienti chimici che possono alimentare il metabolismo dei batteri sotterranei. Il risultato è stato sorprendente: in presenza di acqua, la radiolisi potrebbe aver fatto sviluppare e poi mantenuto in vita per miliardi anni molte comunità microbiche. Addirittura, secondo la studio di questo team della NASA, sotto la superficie del Pianeta Rosso potrebbe esistere fino a un milione di microbi per chilogrammo– una densità paragonabile con quanto riscontrato sulla Terra.
L’ACQUA CHE UN TEMPO SCORREVA SULLA SUPERFICIE SAREBBE ORA INTRAPPOLATA NELLA CROSTA MARZIANA
Certo, perché la vita sotterranea sia esistita ed esista tuttora, condizione indispensabile è l’acqua. Un’eventualità ritenuta a lungo improbabile da molti ricercatori, ma che da qualche anno è diventata invece più di una ipotesi. Nel 2018, ad esempio, i dati raccolti da MARSIS, il radar montato dal satellite Mars Express, hanno evidenziato la presenza di un grande lago di acqua liquida con una superfice di 20 km al di sotto della calotta ghiacciata del Polo Sud marziano. Nella primavera scorsa, poi, nel corso di una conferenza internazionale, una geologa del CalTech- Eva Scheller- ha affermato che l’acqua che un tempo scorreva su Marte non sarebbe affatto evaporata o sfuggita via dopo la perdita dell’atmosfera. Anzi, le attuali evidenze geologiche permettono di stabilire che una parte, in una percentuale compresa tra il 30 e il 99%-risulta tuttora imprigionata tra i minerali che ne formano la crosta. Quindi, là sotto , a pochi dalla superficie marziana, di acqua ce n’è in abbondanza. E forse anche forme di vita, vita extraterrestre.