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Avi Loeb:«In fondo all’oceano forse c’è tecnologia aliena»

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Immaginiamo che un corpo interstellare- ossia proveniente da un’altra stella, da un altro sistema solare- entri nell’atmosfera terrestre. Immaginiamo poi che precipiti in fondo all’oceano.  E infine, immaginiamo che non si tratti di un normale meteorite, ma di un oggetto tecnologico, di un artefatto creato da una civiltà dello spazio. Che dite, non sarebbe bello organizzare una spedizione per andare a recuperarne i frammenti e ottenere la prima prova assolutamente inconfutabile che non siamo soli nell’universo? Ebbene, è proprio quello che propone Avi Loeb.

IL PROFESSORE DI HARVARD, AVI LOEB

IL PROFESSORE DI HARVARD, AVI LOEB

Il fisico di Harvard continua imperterrito sulla sua strada. A dispetto delle critiche- anche feroci- che si è attirato grazie alle sue idee decisamente aperte riguardo la possibilità  di trovare tracce di vita extraterrestre intelligente attorno a noi, il ricercatore israeliano naturalizzato americano non arretra e anzi rilancia. Aveva già sollevato un vespaio di polemiche all’interno del mondo accademico ipotizzando la natura artificiale di Oumuamua, il visitatore spaziale dalle caratteristiche insolite tanto per una cometa quanto per un meteorite, avvistato nel 2017 mentre attraversava velocemente il sistema solare. Il primo oggetto interstellare mai individuato dalle nostre strumentazioni, si è detto più volte. Ma in realtà è stato per lo meno il secondo.

OUMUAMUA IMMAGINATO DA UN ARTISTA

OUMUAMUA IMMAGINATO DA UN ARTISTA

«Il 6 aprile 2022, l’United States Space Command  ha twittato una lettera formale nella quale si conferma che il meteorite identificato nel 2019 nel catalogo CNEOS da me e dal mio studente Amir Siraj come originato al di fuori del sistema solare in virtù della sua alta velocità era in effetti interstellare», scrive infatti il fisico in un articolo pubblicato dal sito The Debrief.org . Quindi il rilevamento del meteorite, avvenuto l’8 gennaio 2014, è antecedente a Oumuamua di quasi quattro anni e dovrebbe essere riconosciuto come il primo oggetto interstellare mai scoperto. Il loro articolo scientifico era stato all’epoca contestato, ma adesso tutti i dubbi vengono cancellati da quanto mette nero su bianco il Comando Spaziale degli Stati Uniti: avevano ragione Loeb e Siraj, quando si dicevano certi  al 99,999%  sulla natura di quell’oggetto celeste. E ora tutto cambia.

LA LETTERA DELLO US SPACE COMMAND

LA LETTERA DELLO US SPACE COMMAND

Spiega infatti di docente universitario:«La nostra scoperta di una meteora interstellare annuncia una nuova frontiera della ricerca, in cui la Terra funge da rete da pesca per enormi oggetti interstellari. Come risultato dell’incontro con la Terra e dell’attrito con la sua atmosfera, un corpo interstellare si trasforma in una brillante palla di fuoco, rilevabile dai satelliti o dai sensori a terra anche per oggetti relativamente piccoli come CNEOS-2014-01-08, che aveva una dimensione di circa un metro e creava una sfera infuocata con una percentuale dell’energia della bomba di Hiroshima. Questa scala di dimensioni è cento volte più piccola di Oumuamua, scoperto dal telescopio Pan STARRS attraverso il riflesso della luce solare. Questo metodo di rilevamento alternativo consente ai telescopi esistenti di scoprire solo oggetti più grandi di un campo da calcio, all’interno dell’orbita della Terra attorno al Sole.»

Insomma, potremmo presto scoprire che attorno al nostro pianeta girano migliaia se non milioni di questi oggetti interstellari, anche molto piccoli, riconoscibili per la loro velocità superiore alla media. Ma sapere che uno di essi ha attraversato la nostra atmosfera ed è finito in fondo al mare apre uno sviluppo molto interessante: lo potremmo rintracciare, recuperare e analizzare. «Si può immaginare una missione da un miliardo di dollari per atterrare su un oggetto interstellare come Oumuamua e portarne un campione sulla Terra, simile alla missione OSIRIS-REx che è atterrata sull’asteroide Bennu e ne restituirà materiale nel settembre 2023» aggiunge infatti Avi Loeb. «Ma a un costo diecimila volte inferiore, si potrebbero raccogliere i frammenti rimasti della meteora interstellare e studiarli nei nostri laboratori.»

POTREBBERO ESSERCI MILIONI DI OGGETTI INTERSTELLARI

POTREBBERO ESSERCI MILIONI DI OGGETTI INTERSTELLARI

 CNEOS-2014-01-08  si trova sul fondo dell’oceano Pacifico, vicino a Papua Nuova Guinea. Secondo lo scienziato israelo-americano,  è possibile recuperare quel che ne resta con un magnete. Una volta portati i residui in un laboratorio, per la prima volta un team di scienziati potrebbe eseguire dei test su un corpo celeste proveniente da una stella lontana, esaminarne la composizione, comprenderne la natura. La missione di recupero non sarebbe semplice, visto che l’oceano è profondo circa due chilometri in quel punto e il luogo esatto dell’impatto non è noto- il raggio di ricerca è di 10 km- ma  è fattibile. Anzi, il professor Loeb- a capo del Galileo Project dell’Università di Harvard, promosso proprio per studiare gli oggetti interstellari e le prove di vita aliena- sostiene che la spedizione alla caccia di quei frammenti sia già in fase di progettazione.

Certo l’idea di scoprire le proprietà fisiche e chimiche di un meteorite proveniente magari da un’altra galassia è esaltante. Ma Loeb va ben oltre. Scrive infatti: «La domanda fondamentale è: qualsiasi meteora interstellare può indicare una composizione inequivocabilmente di origine artificiale? Meglio ancora, forse alcuni componenti tecnologici potrebbero essere sopravvissuti  all’impatto. Il mio sogno è premere alcuni pulsanti su un’apparecchiatura funzionante prodotta al di fuori della Terra. Questo dà un significato completamente nuovo a una “spedizione di pesca”; in questo caso, si tratta di pescare un equipaggiamento extraterrestre.»

LA METEORA CADUTA NEL 2014 ERA UN ARTEFATTO ALIENO?

LA METEORA CADUTA NEL 2014 ERA UN ARTEFATTO ALIENO?

Insomma, l’astrofisico insiste sulla sua ipotesi: questi oggetti misteriosi in movimento nello spazio potrebbero essere stati costruiti e inviati da un’intelligenza extraterrestre, probabilmente proprio allo scopo di esplorare il cosmo alla ricerca di forme di vita. Cita per concludere un frase del fisico teorico Albert Einstein:«Nel febbraio del 1954, appena 14 mesi prima di morire, Einstein scrisse una lettera al fisico David Bohm, in cui affermava: “Se Dio ha creato il mondo, la sua preoccupazione principale non era certamente quella di facilitarne la comprensione”. Mi chiedo se la nostra spedizione in Papua Nuova Guinea non possa sostituire la parola “Dio” usata da Einstein con il termine “civiltà scientifica avanzata”.»

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