È come un ritorno al passato, da tanti punti di vista. Il lancio della navicella spaziale Orion ci riporta indietro agli anni in cui per la prima volta l’Uomo ha impresso l’impronta del suo piede sulla polvere lunare. Allora le missioni si chiamavano Apollo, le nuove invece si chiamano Artemis: il primo è il dio greco protettore delle scienze, la seconda- Artemide- è la sorella gemella, venerata dagli antichi anche nella personificazione della Luna crescente. Se tutto andrà bene, tra qualche anno, lassù ci torneremo di nuovo.
IL LANCIO DELLA MISSIONE ARTEMIS I
«Artemis I ha avuto un successo straordinario e ha raggiunto una serie di risultati storici», ha dichiarato l’amministratore della NASA Bill Nelson in una conferenza stampa. In effetti, Orion è stata la prima capsula progettata per il trasporto di astronauti a essere entrata in una lontana orbita lunare retrograda e a superare il record di distanza dalla Terra. Lunedì 28 novembre si trovava infatti a 268.563 miglia dal nostro pianeta, pari a 432.210 km: nessun veicolo spaziale per il volo umano si era mai è spinto tanto in là. Nei prossimi giorni, continuerà ad orbitare attorno alla Luna per raccogliere ogni dato utile ai futuri viaggi, come ad esempio le informazioni relative alle radiazioni alle quali l’equipaggio sarà esposto una volta lasciata la magnetosfera terrestre, all’interno del progetto denominato MARE, ossia Matroshka AstroRad Radiation Experiment (MARE).
Sui sedili, in questa prima missione sono stati posizioni dei particolari passeggeri: un manichino, che indossa una vera tuta spaziale e ha un peso equivalente a un essere umano di media corporatura (lo hanno chiamato Arturo Campos, come l’ingegnere della NASA che fu decisivo nel riportare a casa Apollo 13 dopo l’incidente nello spazio) e due torsi pieni di sensori. Sul manichino verranno registrate le vibrazioni e le sollecitazioni provocate dall’accelerazione della navicella, per avere un’idea di quello che dovranno sopportare gli astronauti in fase di decollo e di rientro nell’atmosfera. I due torsi, chiamati Helga e Zohar, simulano le caratteristiche fisiche di un uomo e di una donna. I rilevatori mostreranno quali organi del corpo umano saranno più esposti alle radiazioni. Uno dei due torsi indosserà un particolare giubbotto schermante, l’AstroRad, progettato per proteggere le aree più delicate. Questo primo test nello spazio lo metterà alla prova, per capire quanto sia effettivamente efficace.
LA TERRA E ORION
I dati saranno disponibili solo al rientro di Orion, previsto per l’11 dicembre 2022. Prima dello splash-down, la capsula sfiorerà le 25 mila miglia orarie. Una volta nell’atmosfera superiore, inizierà a ridurre la velocità: durante la discesa, dovrebbe viaggiare a 17 mila miglia. Infine, la sua caduta sarà ulteriormente rallentata da un paracadute prima di precipitare nell’oceano Pacifico, dove verrà recuperato dalle navi della Marina statunitense. «Non vediamo l’ora di sapere il responso di tutti quei sensori, per poi imbarcare i primi quattro esseri umani a bordo di Artemis II», ha dichiarato Nelson. La missione in questione, tuttavia, non partirà prima del maggio 2024, quando gli astronauti compiranno varie orbite attorno alla Luna, senza però scendere, come avvenne nel 1968 con Apollo 8. Sarà solo la missione successiva, Artemis III, a riportarci sulla superficie lunare. Ma avverrà nel 2025.
Secondo i piani, una volta che la navicella avrà raggiunto il nostro satellite, si aggancerà con un veicolo già in orbita, la Starship di SpaceX– la compagnia di Elon Musk. Due membri dell’equipaggio useranno la Starship per raggiungere il suolo lunare, dove rimarranno per circa sei giorni facendo esplorazioni e ricerche. Poi il veicolo di SpaceX li riporterà in orbita e tutti e quattro gli astronauti faranno ritorno sulla Terra con Orion. La zona di allunaggio non è ancora stata decisa, ma dovrebbe essere nel Polo Sud: sono 13 le aree prese in considerazione. Sono tutte zone pianeggianti, non sono mai state esplorate in precedenza e hanno interessanti caratteristiche geologiche. Infine, in certi periodi dell’anno presentano una prolungata esposizione alla luce solare, utile per le attività degli astronauti: il luogo sarà dunque deciso in base alla data della partenza.
LA CAPSULA RIENTRERÁ L’11 DICEMBRE 2022
Un ritorno al passato, dicevamo. Forse anche nei termini usati. Il nome Artemis non sarebbe infatti una novità: sarebbe già stato scelto per il mezzo di sbarco (LM, ovvero Lunar Module) della missione Apollo 19, prevista per il febbraio 1972 e poi ufficialmente cancellata. Ma secondo alcune fonti, invece, sarebbe stata riprogrammata, lontana da occhi indiscreti, sotto l’egida del Dipartimento della Difesa con la partecipazione anche dell’allora URSS. Dunque, una missione spaziale militare classificata, oltre il livello Top Secret, che avrebbe avuto luogo nel febbraio 1976. Non ebbe tuttavia successo: per un incidente in volo, venne abortita. Fu la successiva missione Apollo 20, anch’essa coperta da segreto militare e anch’essa in collaborazione con Mosca, a portare a termine gli obiettivi di Apollo 19 qualche mese dopo, in agosto.
IL LOGO DELLA MISSIONE APOLLO 20, MAI AVVENUTA PER LA STORIA UFFICIALE DELL’ESPLORAZIONE SPAZIALE
Ne è convinto il ricercatore e giornalista freelance Luca Scantamburlo, che a questa vicenda- intricata e ambigua- ha dedicato studi e approfondimenti, mettendone in rilievo le tante incongruenze, ma anche dettagli e circostanze che lo inducono a ritenere reale questa pagina oscura dell’esplorazione spaziale in piena Guerra Fredda. In un articolo pubblicato sul suo blog (http://apollo20larivelazione.blogspot.com/2022/11/2022-la-nasa-ritorna-alla-luna-con-il.html?m=1), Scantamburlo riporta un passaggio dell’intervista che realizzò nel 2007 con il sedicente comandante di Apollo 20, William Rutledge, che sul web usava il nickname “Retired AFB”, intervista poi tradotta e rilanciata su internet a livello internazionale. La presunta gola profonda sosteneva infatti che una volta effettuato lo sganciamento, « le comunicazioni erano diverse…La navicella spaziale Apollo 19 era Endymion e Artemis era il nome del modulo lunare».
LA FOTO NASA CON UNA ANOMALIA SULLA FACCIA NASCOSTA DELLA UNA
Ricordiamo che quella missione- mai esistita per gli archivi ufficiali- avrebbe avuto come obiettivo un allunaggio sul lato nascosto della Luna, per investigare anomalie artificiali e tecnologiche, come i presunti relitti di astronavi precipitate o abbandonate da tempi immemorabili. A corredo di questa storia contradditoria, c’erano un’immagine scattata dalla NASA che mostrava una strana sagoma sigariforme adagiata sul suolo lunare e alcuni video (incluso quello di una EBE, un’entità biologica extraterrestre, in stato di “vita sospesa”) nei quali sono emerse varie anomalie e manipolazioni. Tutto un fake ben congeniato oppure dietro alla vicenda si nasconde un mistero ancora da chiarire? Per Luca Scantamburlo, le parole hanno sempre un significato e chiude così il suo articolo:«I più diranno che trattasi di una incredibile coincidenza. Coloro che non si sono fermati alle incongruenze e agli aspetti di incoerenza di questa controversa storia emersa nel 2007 e narrata da due diverse fonti – con cui io mi confrontai all’epoca – avranno ben compreso che i nomi e le parole raramente vengono scelti a caso a certi livelli.»