La scoperta di vita nello spazio è vicina: questione di anni e avremo la prova di non essere l’unico pianeta abitato da forme viventi. La previsione ottimistica mette d’accordo molti astrofisici, ma bisogna avere ancora un po’ di pazienza: gli anni, secondo le più rosee aspettative, saranno almeno una ventina. Tuttavia vale la pena di attendere e di continuare a cercare, non solo utilizzando tutte le strumentazioni già a disposizione, ma puntando anche a nuove sofisticate apparecchiature– alcune già in costruzione, altre invece solo allo stato progettuale.
QUANDO TROVEREMO UN GEMELLO DELLA TERRA?
«Nel 1995, un mio collega Premio Nobel, Didier Queloz, ha individuato il primo pianeta al di fuori del sistema solare. Oggi, ne conosciamo più di 5 mila e ne scopriamo di nuovi quotidianamente», ha detto il professore Sascha Quanz, docente preso l’Istituto tecnologico ETH di Zurigo durante una conferenza stampa. Gli esopianeti sono una moltitudine: si calcola che ogni stella della galassia ne abbia almeno uno. E le stelle della Via Lattea sono oltre 100 miliardi. Tra questi mondi, ha spiegato Quanz, molti saranno rocciosi e alla giusta distanza dal loro sole: insomma, nelle condizioni ideali per avere acqua allo stato liquido e per ospitare la vita.
UN’IMMAGINE ARTISTICA DEL PRIMO ESOPIANETA SCOPERTO NEL 1995
Sarà dunque determinante riuscire ad analizzare le loro atmosfere e magari anche fare loro una bella foto, visto che finora quasi tutti i mondi alieni li abbiamo individuati solo dal calo di luminosità che inducono passando davanti alle loro stelle. Qualcosa del genere lo sta facendo il telescopio spaziale Webb, che ha mostrato la sua prima immagine di un esopianeta, HIP 65426 b, un gigante gassoso grande 12 volte Giove. Lo scopo del Webb è studiare le stelle più antiche dell’universo, ma è in grado anche di individuare la presenza di CO2 e di acqua, elementi distintivi della vita. Eppure, avvisa il professor Quanz, le sue pur straordinarie capacità non sono sufficienti per scovare una copia della Terra.Troppo piccola, anche per il super telescopio che infatti ha immortalato un pianeta extralarge. «Non siamo in grado di catturare i pianeti più piccoli, il Webb non è abbastanza potente».
E QUESTO È IL PRIMO PIANETA FOTOGRAFATO DAL TELESCOPIO WEBB
Ecco perché l’astrofisico è al lavoro con il suo team per sviluppare uno spettrografo denominato METIS che farà parte dell’Extremely Large Telescope (ELT) in costruzione in Cile: una volta terminato, alla fine di questo decennio, sarà il telescopio ottico più grande del mondo, con una lente gigantesca, larga 40 metri. Il suo primo obiettivo sarà fotografare un vicino pianeta simil-terrestre, ma nel lungo termine dovrebbe servire a scovarne a dozzine, anche in orbita attorno a stelle lontane. Inoltre, spiega Space.com, anche l’ESA sta valutando la creazione di un proprio telescopio spaziale chiamato LIFE (una sigla che sta per Large European Interferometer for Exoplanets), ma il progetto è ancora in attesa di approvazione.
L’ELT AVRÀ QUESTO ASPETTO QUANDO SARÀ TERMINATO
Se mai dovesse essere costruito e lanciato in orbita, verrà puntato verso lontani sistemi stellari per scoprire le biofirme, ossia le tracce lasciate dall’attività biologica degli organismi viventi nelle atmosfere di mondi alieni. Quanz si è posto un termine molto ambizioso: entro 25 anni, dice, è possibile scoprire l’esistenza di vita al d fuori del nostro sistema solare. «Un obiettivo non irrealistico. Non c’è alcuna garanzia di successo, ma impareremo molte cose lungo la strada», chiosa il professore svizzero. Altrettanto ottimista anche l’inglese Sasha Hinkley, professore associato di fisica e astronomia all’Università di Exeter, uno dei ricercatori più rinomati della Gran Bretagna. Ha dichiarato di ritenere sempre più probabile che i segni rivelatori della vita extraterrestre saranno scoperti nel giro di pochi decenni.
IL PROFESSORE DI ASTROFISICA SASHA HINKLEY
In un recente articolo a sua firma pubblicato dal giornale online The Spectator, lo studioso ha scritto: «Trenta anni fa, non avevamo trovato neppure un esopianeta. Adesso ne conosciamo migliaia.E sappiamo anche che il numero di questi pianeti in attesa di essere identificati è difficilmente comprensibile. Scritto in numeri, sarebbe un 1 seguito a 22 zeri– per intenderci, un miliardo di zeri ne ha 9. Con così tanti mondi nascosti nel nostro universo, non ci vorrà molto prima che scopriamo di non essere soli.» L’attesa non dovrebbe essere troppo lunga, dunque, e il professore l’ha quantificata così:.«La probabilità che la vita esista in qualche forma nell’universo è piuttosto alta. Anzi, direi che è sempre più probabile che l’individuazione di forme viventi su un esopianeta avvenga nel corso della mia vita. E io non ho ancora 50 anni…»