“Purple is the new Green”… Parafrasando in modo ironico una celebre serie tv (“Orange is the new Black”), un gruppo di accademici di università statunitensi ha intitolato così – “Il viola è il nuovo verde”– uno studio incentrato sulla vita extraterrestre. Gli autori di questa ricerca, pubblicata sulla rivista Monthly Notices della Royal Astronomical Society, ritengono probabile che quando ci imbatteremo nei primi organismi viventi al di fuori del nostro pianeta, questi saranno batteri caratterizzati da un bel color lavanda. Gli stessi microbi che potrebbero aver popolato la Terra degli esordi sarebbero infatti i più adatti ad emergere e a proliferare su altri mondi in orbita attorno alle nane rosse– più piccole, più deboli ma anche estremamente più diffuse rispetto alle stelle come il nostro Sole.
LE NANE ROSSE SONO LE STELLE PIÙ COMUNI DELLA GALASSIA
«Con oltre 5500 esopianeti scoperti, la ricerca della vita extraterrestre sta entrando in una nuova era», si legge nell’abstract dell’articolo. «Usando la vita sulla Terra come nostra guida, noi cerchiamo verdi paesaggi per aumentare la nostra capacità di individuare segni di vita sulla superficie di altri pianeti. La fotosintesi che produce ossigeno permette l’affermarsi di scenari verdeggianti. Ma anche i fototrofi anossigenici basati sulle batterioclorofille possono colorare i loro habitat e potrebbero occupare una gamma molto più ampia di ambienti su esopianeti simili alla Terra. In questo studio caratterizziamo gli spettri di riflettanza di una raccolta di batteri viola solforati e non solforati provenienti da una varietà di ambienti anossici e ossici».
LA VITA EXTRATERRESTRE È VIOLA?
Proviamo subito a chiarire questi termini molto tecnici. Innanzitutto, le batterioclorifille sono pigmenti presenti in batteri detti fototrofi (ossia, quei microorganismi che sintetizzano sostanze organiche traendo energia dalla luce solare), e vengono utilizzati per fare una fotosintesi in assenza di ossigeno. In ottica, lo spettro corrisponde alla striscia luminosa colorata che si ottiene raccogliendo su uno schermo le radiazioni scomposte della luce policromatica che passa attraverso uno spettroscopio. La riflettanza misura invece la capacità di riflettere parte della luce che colpisce una superficie o un determinato materiale. E per ambienti ossico e anossico si intendono, rispettivamente, habitat con e senza ossigeno. Ma proseguiamo con la lettura della sintesi iniziale dello studio.
«Presentiamo dunque dei modelli per pianeti simili alla Terra in cui i batteri viola dominano la superficie e mostriamo l’impatto delle loro firme sugli spettri di riflettanza degli esopianeti terrestri. La nostra ricerca fornisce una nuova risorsa per guidare l’individuazione dei batteri viola e migliora le nostre possibilità di scovare la vita sugli esopianeti con i prossimi telescopi. Il nostro database di pigmenti biologici per batteri viola e gli spettri ad alta risoluzione di pianeti simili al nostro (inclusi mondi oceanici, a palla di neve, i pianeti ghiacciati e quelli analoghi alla Terra) sono disponibili online, fornendo uno strumento per ricavare algoritmi, ottimizzare le strategie di ricerca e dare informazioni sui modelli di pianeti, dove il viola è il nuovo verde».
I BATTERI VIOLA SI TROVANO IN PICCOLE NICCHIE AMBIENTALI SULLA TERRA
L’obiettivo della ricerca- ha spiegato in un comunicato l’astronoma della Cornell University Lisa Kaltenegger, una delle autrici dello studio- è pertanto creare una sorta di archivio delle varie possibili tracce di vita per assicurarci che i nostri telescopi non le trascurino e passino oltre solo perché non sono esattamente quello che ci aspetteremmo. «I batteri viola riescono a sopravvivere e a moltiplicarsi in una enorme varietà di condizioni che si possono immaginare in tanti mondi alieni diversi», ha aggiunto. In effetti, noi siamo abituati ad associare la superficie di un pianeta abitabile a foreste, giardini o campi verdi, perché cosi avviene sul nostro mondo dove le condizioni hanno favorito l’evoluzione di organismi che attraverso la fotosintesi clorofilliana utilizzano un pigmento di quel colore. Ma un gemello della Terra in un altro sistema solare, magari proprio con una stella rossa, potrebbe apparire in un mod0 decisamente diverso.
UN IMMAGINARIO PANORAMA ALIENO
Se ci fossero prevalentemente batteri che non ricevono né luce visibile né ossigeno, ma che utilizzano la radiazione infrarossa per effettuare la loro fotosintesi, questi microorganismi conterrebbero pigmenti violacei e i loro pianeti- similmente colorati- produrrebbero un’”impronta digitale luminosa” specifica che i telescopi di nuova generazione- sia di terra, sia nello spazio- saranno presto in grado di cogliere, come ad esempio l’European Extremely Large Telescope attualmente in costruzione in Cile e l’Habitable Worlds Observatory della NASA, il cui lancio al momento è previsto per il 2040. Va detto che i cosiddetti batteri viola in realtà presentano una ampia gamma di colori che va dal giallo all’arancione, dal marrone al rosso, grazie a quegli stessi pigmenti che rendono rossi i pomodori e arancioni le carote.
LA RICERCA DELLA VITA EXTRATERRESTRE È APPENA AGLI INIZI
È assai probabile che queste forme di vita primordiali fossero prevalenti sulla Terra prima dell’avvento della fotosintesi di tipo vegetale, che si sarebbe imposta circa 2 miliardi e mezzo di anni fa, ed esistono ancora in piccole nicchie ambientali. Secondo i ricercatori americani, potrebbero essere particolarmente adatti ai pianeti che ruotano attorno a stelle più piccole e fredde del nostro Sole– il tipo più comune nella nostra Via Lattea. Su questi pianeti lontani, i panorami sarebbero veramente alieni- con alberi, piante, cespugli ed erba di varie sfumature rosso-aranciato e viola/purpureo. Inusuali e non previsti finora: al momento, infatti, la caccia alla vita aliena appare sbilanciata in direzione della ricerca di pigmenti verdi, principalmente a causa delle misurazioni limitate degli organismi di altri colori.
UN’ALTRA IMMAGINE ARTISTICA DI UN IPOTETICO ESOPIANETA PURPUREO
Per sviluppare un catalogo della composizione chimica degli organismi viola, i ricercatori hanno coltivato questo tipo di batteri dopo averli raccolti in diversi luoghi – tra cui le acque poco profonde degli stagni di Cape Cod nel Massachusetts e quelle delle sorgenti idrotermali- e hanno misurato le loro “firme” uniche. Nelle simulazioni al computer, poi, hanno immaginato batteri viola che dominano diversi tipi di pianeti di dimensioni simili al nostro, compresi i mondi completamente acquatici, quelli coperti da neve o da spesse croste di ghiaccio e quelli rocciosi. I batteri virtuali hanno prodotto bio-firme rilevabili, fornendo agli astronomi un nuovo set di dati per informare i telescopi di prossima generazione. «Stiamo appena aprendo gli occhi su questi mondi affascinanti che ci circondano», ha chiosato Lisa Kaltenegger.