«Tu chiamale, se vuoi, emozioni… ». Molti ricorderanno questo verso: è nel testo di una delle canzoni più belle e intense della musica leggera italiana, “Emozioni”, composta da Mogol e cantata da Lucio Battisti nel 1970. E di emozioni forti, da far venire la pelle d’oca, se ne sono vissute molte durante l’incontro “Noi e gli Extraterrestri- Contatti con altre dimensioni», una due-giorni che si è svolta a Foce di Amelia tra le mura cinquecentesche di un ex convento trasformato in country house- in un’oasi di silenzio nel cuore verde dell’Umbria, il luogo perfetto per affrontare tematiche che hanno spaziato dalle Intelligenze non umane all’Aldilà.

Ogni ospite ha portato la propria esperienza, il proprio punto di vista, il proprio percorso: studi e ricerche differenti tra loro che alla fine – come fili intrecciati insieme- hanno composto una trama. Ad organizzare l’evento, Angelo D’Errico (per molti anni referente in Lazio per il CUN, ora ricercatore indipendente) che ha aperto i lavori con la sua appassionante testimonianza: il primo avvistamento di un disco volante quand’era solo un bimbo, le indagini sul campo in luoghi di possibili incidenti UFO italiani poi coperti e nascosti dalle autorità, le suggestioni provenienti da un lontano passato e riemerse dai ricordi di una vita precedente. Ivan Ceci, giornalista noto per la biografia di Alberto Perego, il console che “scoprì” gli UFO, e per le sue interviste sul caso Amicizia, ha portato all’attenzione una vicenda quasi dimenticata e rivelata nel libro “UFO Contact from Itibi-Ra” . Il testo è stato scritto negli anni Sessanta dal misterioso Ludwig Pallman, uomo d’affari britannico che prima in un viaggio di lavoro in India e poi in una trasferta in Perù avrebbe vissuto giorni eccezionali accanto a un gruppo di ET provenienti dal pianeta Itibi-Ra: gli Alieni, venuti in missione sulla Terra per trovare nuovi tipi di frutta da ibridare, gli avevano insegnato la loro filosofia di vita, assai più rispettosa della natura (e del prossimo) che non la nostra.

Con Maurizio Baiata, giornalista e ufologo tra i più preparati a livello internazionale, si è discusso del diritto di sapere dell’opinione pubblica in merito alla questione aliena. Ha quindi ripercorso alcuni dei momenti più salienti dell’Ufologia moderna, da Roswell in poi, e ha ricordato in particolare le figure del colonnello Philip Corso e del fisico Michael Wolf, che ha conosciuto di persona e di cui ha curato la traduzione dei rispettivi libri (“Il giorno dopo Roswell” e “I guardiani del cielo”). Non solo: Baiata ha permesso al pubblico presente di toccare un piccolo frammento metallico proveniente- assicura- da un UFO crash. Analizzato anni fa dai professori Corrado Malanga e Luciano Pederzoli, la scheggia ha svelato caratteristiche fisico-chimiche piuttosto insolite. Pablo Ayo (prolifico autore di saggi sugli Oggetti Volanti Non identificati) si è concentrato invece sulle rivelazioni che dal 2017 in poi hanno portato nel giro di poco tempo alla diffusione di immagini e informazioni straordinarie a lungo negate, interrogandosi sulle motivazioni che hanno spinto ad accelerare questa fase di disclosure e individuando i possibili “mandanti” tra i vertici dell’intelligence e delle forze armate americane. In un secondo intervento, Ayo ha affrontato anche la delicata questione abduction, citando alcuni dei casi più noti e, avanzando delle possibili spiegazioni per alcuni di questi cosiddetti “rapimenti alieni”.

Da parte mia, ho analizzato l’ipotesi inter/extra dimensionale degli UFO, riportata alla ribalta dalle esternazioni di Jake Barber e Chris Bledsoe, ma avanzata dai ricercatori in questo ambito già decenni fa (“Passport to Magonia “ dell’astronomo Jacques Vallèe lo dimostra) ed emersa anche nel libro “I misteri della tazzina”, scritto insieme a Flavio Vanetti, nel quale il fenomeno extraterrestre appare strettamente legato, se non del tutto sovrapponibile, a quelli di natura paranormale e soprannaturale, come se fossero tre aspetti diversi di un’unica realtà non percepibile dai nostri sensi proprio perché si dislocherebbero in dimensioni differenti. E di questo mondo invisibile popolato da Intelligenze non umane, forme di energia superiore e spiriti disincarnati hanno parlato Regina Zanella e Jasmine Orosciam. Zanella- italiana di origini brasiliane e molto legata allo Spiritismo della sua terra natale- ha raccontato la sua storia sconvolgente. Poco più che ventenne, dopo essere arrivata a Milano per lavorare nel mondo della moda, si è ritrovata chiusa in un reparto psichiatrico perché aveva iniziato a sentire nella sua testa le voci dei trapassati e per i medici era segno di schizofrenia. Dopo alcune esperienze molto particolari – come aver comunicato con la nonna e il padre poco prima dei loro funerali- il suo “canale” è stato chiuso dall’alto, per proteggerla. Ma Regina ha continuato il suo servizio per il mondo dell’Aldilà creando l’Associazione Sentieri dello Spirito (che forma i medium) e promuovendo la conoscenza dello spiritismo brasiliano con traduzioni e lavori di divulgazione.

Missione e servizio segnano anche la vita di Jasmine Orosciam, medium e counselor che, con le tecniche innovative da lei stessa ideate, si dedica ad aiutare adolescenti e adulti nella loro crescita personale e spirituale. Anche lei ha iniziato fin da bambina ad avere una particolare sensibilità che l’ha messa in contatto con una realtà sconosciuta ai più e l’ha inevitabilmente portata all’auto isolamento nel quale ha potuto immergersi in letture formative di metafisica, psicologia, spiritismo. Gli studi scientifici (è tecnico di laboratorio in ambito biomedico) non le hanno impedito di proseguire su quella strada che possiamo sinteticamente chiamare esoterismo- anche se comprende molteplici aspetti variegati.. La medium lo ha ribadito: il mondo dell’invisibile è aperto a tutti, non vi si accede grazie a doni particolari, ma basta mettersi in ascolto. Nel suo percorso di evoluzione e di interazione con una realtà “altra”, Jasmine Orosciam ha raccontato di aver trovato anche guide “extraterrestri” provenienti da altre dimensioni, a riprova della interconnessione dei diversi piani dell’esistenza.

Ma la citazione iniziale di Lucio Battisti non è puramente casuale. Forse il momento più intenso di questa conferenza (anche perché del tutto imprevisto) è stato infatti il discorso a braccio di Mogol, l’ultimo, grande poeta della musica contemporanea di casa nostra. L’autore di brani indimenticabili come “A chi “ (Fausto Leali), “Oro” (Mango), “Celeste Nostalgia” (Riccardo Cocciante), “Una lacrima sul viso” (Bobby Solo), ha legato il suo nome al sodalizio professionale e personale con Lucio Battisti durato fino al 1980. Al pubblico di Foce, Mogol ha prima svelato tre avvistamenti UFO avvenuti in tre diversi momenti della sua vita- da bambino, da celebre autore e poi di recente, proprio in provincia di Terni- ma soprattutto ha voluto raccontare il suo contatto con l’Aldilà grazie a Lucio. Pochi mesi dopo la morte dell’amico, avvenuta nel settembre 1998, una donna aveva chiamato la segretaria di Mogol dicendo di essere una medium: Battisti le aveva comunicato che voleva dedicare a Mogol una canzone dal titolo “L’arcobaleno”. Mogol, molto credente, aveva invitato la segretaria a non rispondere più alla signora- non ne voleva sapere. Pochi giorni dopo, però, un’amica gli aveva fatto vedere la copertina della rivista “Firma”: c’era il volto di Battisti e un arcobaleno. Il direttore, nell’editoriale, spiegava di aver sognato il cantante in modo molto vivido e di essersi sentito in dovere di parlarne. Una coincidenza che turbò Mogol. Ne parlò allora con Adriano Celentano e con Gianni Bella. «Ma io scrivo solo le parole, come faccio a comporle senza musica? E quando mai troverò una melodia adatta a un arcobaleno?», disse loro. Allora Bella gli porse una cassetta con un brano appena composto. «Quando l’ho sentita, ho avuto i brividi: era la musica dell’arcobaleno», ha detto Mogol.

Tornando a casa, ispirato, dettò il testo alla sua accompagnatrice: in 15 minuti, tra Milano e Lodi, le parole di “L’arcobaleno” erano pronte. «Non sono state opera mia, sono convinto che si stato lui a “dettarmele” da lassù», ha affermato. Ma c’era una frase che proprio non gli tornava, quella che diceva , in merito all’arcobaleno, “può darsi un giorno ti possa a toccare”. «Ma come diavolo può un arcobaleno fare una cosa del genere? Non aveva senso. Eppure, dopo una settimana, non ero riuscito a trovare una frase sostitutiva». Ancora una volta, mentre era in auto, dall’alto sarebbe arrivata la risposta ai suoi dubbi… Prima gli apparvero due arcobaleni, uno dopo l’altro, da un lato all’altro della strada. Poi, a un certo punto, quel riflesso iridato si abbassò al punto da “stamparsi” sul cofano dell’auto ed accompagnarli per due chilometri di autostrada: ecco, l’arcobaleno lo aveva effettivamente toccato. A quel punto, sicuro che fosse davvero Lucio a comunicare con lui, l’autore chiese a Celentano di registrare la canzone. Adriano era titubante, gli sembrava tutto troppo incredibile. Una notte, alle tre, si alzò e andò nella sala di incisione, in un angolo della sala. Cantò il brano: ne uscì una versione molto intima. Decise di rifarla, ma la registrazione venne perfettamente identica alla prima. Allora cancellò il secondo tentativo e quella unica registrazione divenne un grande successo, “L’arcobaleno» appunto.

Quel ponte colorato tra cielo e terra, nelle parole di Mogol (o forse dovremmo dire di Battisti) è un messaggio d’amore inviato da chi non è più tra noi. E gli è apparso spesso. Anche un giorno del 2014. Insieme al figlio, Mogol stava andando ad Ancona: in auto ascoltavano le 15 canzoni di Pino Mango scritte proprio da Mogol. E in quella giornata- senza una nuvola in cielo- lungo il tragitto padre e figlio incontrarono un arcobaleno dopo l’altro che fotografarono sorpresi. L’ultimo, comparso contro una macchia scura di vegetazione, era addirittura un arco chiuso a cerchio. Quella sera andarono a riposare. Il mattino dopo, guardando la TV, sentirono la notizia: poche ore prima, per un malore durante un concerto, era morto il cantante Mango. Ancora una volta, per Mogol, quello era un segnale dall’Aldilà: Lucio lo aveva avvisato di quello che stava per accadere. In passato Mogol aveva già raccontato queste strane vicende, ma a Foce lo ha fatto con un trasporto senza precedenti, senza imbarazzi né riserve, ma con la serena accettazione di chi sa di aver vissuto momenti speciali di contatto con altre dimensioni. E mentre dal pc uscivano le note di “L’Arcobaleno” nella celebre versione di Celentano, anche Mogol l’ha cantata e a più di una persona gli occhi si sono inumiditi per la commozione. Tu chiamale, se vuoi, emozioni…
