Una ricerca che potrebbe cambiare la percezione del nostro passato e riscrivere tutti i libri di storia. La scoperta rivoluzionaria è stata presentata durante una conferenza in una sala a dir poco gremita- c’erano quasi mille persone- da tre studiosi specializzati in ambiti diversi: il professore Corrado Malanga, ex docente di Chimica all’Università di Pisa e nome molto noto anche nella ricerca ufologica; il dottor Filippo Biondi, ingegnere elettronico e delle Telecomunicazioni, a sua volta docente (è Visiting Professor presso l’Università di Strathclyde, in Scozia); il giornalista investigativo Armando Mei, esperto di egittologia. Perché proprio l’Egitto e le meraviglie della Piana di Giza- sia quelle davanti ai nostri occhi da millenni, sia quelle ancora nascoste sotto centinaia di metri- sono al centro di questo studio scientifico denominato Progetto Chefren.

Tra il pubblico che ha affollato il convegno, organizzato alle porte di Bologna dal canale Expedition di Nicole Ciccolo, c’era anche l’amico Alberto Negri, presidente di Spazio Tesla, che ha seguito sia la conferenza stampa del 15 marzo, aperta solo per le testate accreditate, sia l’evento del giorno successivo, il 16 marzo. Purtroppo, per ora non sono disponibili le immagini, né è stato diffuso un comunicato post-conferenza per spiegare in sintesi le sorprendenti rivelazioni del team di indagine. Peccato. Ma scopriamo insieme cosa è emerso, grazie al nostro informatore- Alberto- e a quello che da più fonti è stato postato online. In sostanza, i tre ricercatori hanno appurato la presenza di camere mai individuate in precedenza all’interno della cosiddetta Piramide di Chefren (Khafra in antico egizio), che si innalza con i suoi 136 metri di altezza accanto all’ancora più imponente piramide attribuita a Cheope/Khufu e a quella più piccola di Micerino (o Menkaura). Ma non solo: oltre a questa scoperta, di per sé già eclatante (gli archeologi hanno sempre sostenuto che il monumento di Chefren fosse una montagna di pietra priva di stanze o passaggi interni), lo studio ha evidenziato che sotto la piana di Giza esisterebbero strutture artificiali che arrivano fino a una profondità di oltre un chilometro!

Per arrivare a queste sconcertanti conclusioni, sono stati utilizzati i dati raccolti dai radar ad apertura sintetica (SAR la sigla in inglese) in orbita a 680 chilometri dalla superficie terrestre su due satelliti. Queste strumentazioni consentono di ottenere immagini ad alta risoluzione dallo spazio penetrando anche le superficie solide (come per l’appunto il granito) e rendendole “trasparenti”: si studiano così i movimenti millimetrici di ghiacciai e infrastrutture, oppure le configurazioni sotterranee dei vulcani. L’esperto di SAR del gruppo è il professor Biondi, che lavora per il Ministero della Difesa italiano ed è specializzato in interferometria, analisi multicromatica e tomografia. Il professore ha sviluppato un software particolare che trasforma i segnali radar in dati fononici in grado di rilevare le minime vibrazioni. Con il professor Malanga, nel 2022 aveva già firmato un articolo scientifico pubblicato dalla rivista Remote Sensing che anticipava di mesi la scoperta di un grande spazio vuoto (un corridoio?) lungo nove metri all’interno della Grande Piramide, in seguito reso noto in tutto il mondo dal progetto ScanPyramids che utilizza una tecnica detta muografia. La ricerca di Biondi e Malanga, che avevano individuato anche altre cavità con la loro metodologia basata sul SAR, invece, non aveva avuto l’eco che meritava.

Ma la loro analisi non si è fermata, anzi: hanno puntato la loro attenzione sulla seconda piramide per grandezza e sull’intero altopiano roccioso sul quale si erge l’unica delle Sette Meraviglie del mondo antico ancora esistente. Nella piramide di Chefren, grazie alle informazioni raccolte dai radar ad apertura sintetica di due società spaziali (Umbra e Capella Space) il team ha trovato cinque strutture regolari a forma di Zed– ovvero la torretta spiraliforme, simbolo della spina dorsale che regge la volta celeste nel mito egizio. Malanga è convinto che queste strutture servissero per convogliare l’energia raccolta dalla piramide, trasformata in forma di vibrazioni, per rigenerare la salute del Faraone. Lungi dall’essere una tomba o un monumento, la piramide era dunque una macchina per garantire lunga vita al re d’Egitto. Ma non è finita qui. Le microonde dei due SAR sono infatti penetrate molto in profondità e hanno scoperto qualcosa di ancora più impressionante. Sotto la piana di Giza ci sarebbe un mondo incredibile, reso visibile dall’elaborazione tomografica in 3D che attribuisce un colore diverso a seconda della presenza di spazi pieni o vuoti.

E- sorpresa!- lì sotto ci sarebbe un’enorme piastra, sostenuta da otto colossali pilastri a “tortiglione”- come se tutt’attorno fossero avviluppate delle scale a chiocciola altrettanto colossali- tenuti in posizione da giganteschi cassoni di forma regolare. Ecco cosa scrivono i tre ricercatori:«Come osservato nel modello 3D, al di sotto del livello del suolo (ground zero) della struttura principale, strutture cilindriche allineate verticalmente si estendono per centinaia di metri sotto l’Altopiano di Giza. In particolare, otto di queste strutture, disposte in due file parallele da nord a sud, scendono a una profondità di 648 metri, fondendosi in due grandi strutture cubiche che misurano circa 80 metri per lato. Le 8 strutture cilindriche identificate nelle nostre immagini tomografiche appaiono come pozzi verticali, cavi all’interno, circondati da percorsi a spirale discendenti.» Le strutture sotterranee, nel complesso, arriverebbero fino a circa 1200/1300 metri di profondità. Il tutto è emerso in breve tempo senza muovere una sola pietra, senza disturbare l’ex Ministro della Cultura del governo egiziano Zahi Hawass, senza spendere un euro (perché i dati satellitari sono open source, ovvero a disposizione di tutti gli studiosi che ne fanno richiesta), senza nemmeno spostarsi da casa. Al contrario, la tecnica che si basa sui muoni- particelle presenti nei raggi cosmici- ha richiesto molto tempo (ci vogliono mesi per impressionare una singola lastra fotografica) e molto denaro: milioni di euro, calcolando il costo delle strumentazioni e delle decine di accademici provenienti da una dozzina di atenei coinvolti.

Il professor Malanga ha affermato che lo studio è appena all’inizio e che ci vorranno forse 20 anni per scoprire tutto quello che si nasconde a oltre un chilometro di profondità- forse un’intera città- e per rispondere a tutte le domande: dal momento che queste strutture non sono naturali ma artificiali, chi le ha costruite? Quando? A che scopo? E pur essendo prematuro avere certezze in merito, quello che è sicuro- ha detto- è che a costruirle non sono stati gli Antichi Egizi, che non avevano le competenze tecniche e nemmeno gli strumenti per creare un’opera del genere. Per Malanga, in verità, non le avevano nemmeno per costruire le piramidi e l’idea che siano state edificate in 20 anni da 20 mila operai (o schiavi) è assurda: significa che avrebbero dovuto tagliare, trasportare e mettere in posizione un masso di pietra (dal peso di svariate tonnellate) ogni sei minuti, lavorando giorno e notte ininterrottamente. Inoltre, non è stata trovata mai alcuna traccia dell’enorme accampamento che avrebbe ospitato per due decenni questa ipotetica massa di lavoratori che dovevano pur mangiare, dormire, andare in bagno…

Secondo il celebre ricercatore, invece, a costruire queste meraviglie sarebbero state altre civiltà (non si sa di quale provenienza…) dotate di tecnologie straordinarie che la fisica quantistica oggi contempla ( ma non ha ancora capito) in grado di trasformare pietre pesanti tonnellate in piume. Le piramidi, poi, sarebbero state edificate millenni prima della datazione ufficiale, prima cioè di quel cataclisma prodotto da un impatto cometario che stravolse il pianeta circa 13 mila anni fa, in seguito al quale ci fu un innalzamento dei livelli dei mari che fecero sprofondare lunghi tratti di coste ed intere isole. E anche le stesse piramidi: i primi archeologi trovarono sulle pareti interne uno strato di sale marino spesso due centimetri e mezzo. Segno che per lungo tempo erano rimaste sommerse, dice Corrado Malanga. A meno di non credere alla spiegazione di Hawass, che dà la colpa al sudore dei turisti evaporato per il caldo… Sempre meglio questa giustificazione del tutto a-scientifica, forse, che ammettere la pre-esistenza delle Piramidi… Tutto è concesso, pur di non far crollare l’epopea che fa dell’Antico Egitto una delle più grandiose civiltà della storia. Ma ora, di fronte a questi studi scientifici, realizzati sulla base di dati satellitari, radar, tomografie, come reagirà il mondo accademico? Li prenderà in esame, anche solo per smentirli, o si girerà semplicemente dall’altra parte?