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4 Luglio 2025

Avi Loeb, 3I/ATLAS e la teoria della “foresta oscura”

18 Luglio 2025

Lo hanno chiamato 3I/ATLAS. Ufficialmente, è il terzo oggetto interstellare intercettato dai nostri telescopi  nel giro di pochi anni. Una “cometa un bel po’ speciale”, dicono i siti di astronomia. Oppure, è qualcos’altro ancora più speciale, ipotizza il professor Avi Loeb, che non ha mai paura di andare contro corrente e di lasciare basiti i suoi illustri colleghi. Proprio lui, che aveva già avanzato una spiegazione coraggiosamente alternativa per un altro visitatore anomalo apparso nel bel mezzo del sistema solare nel 2017, ora non esclude che pure questo ultimo viaggiatore spaziale gli assomigli…

L’ULTIMO VISITATORE INTERSTELLARE, 3I/ATLAS

In origine fu Oumuamua, “il messaggero venuto da lontano” – chiamato così in lingua hawaiana, visto che ad osservarlo per primo era stato l’osservatorio Pan-STARRS 1 alle Hawaii. Una cometa decisamente bizzarra, per forma (piatta e allungata), movimento, accelerazione e mancanza di coda luminosa. All’epoca, non ci fu tempo di approfondire le analisi perché l’oggetto interstellare, arrivato dalle profondità del cosmo, si stava già rapidamente allontanando da noi.  Alla fine, gli astronomi stabilirono che si trattava di un iceberg di idrogeno molecolare congelato, assottigliatosi come una saponetta consunta per l’uso. Tutti d’accordo tranne uno, il docente di Harvard appunto. Per lo scienziato americano, le anomalie evidenziate da Oumuamua potevano far pensare a un artefatto tecnologico: una sonda, mossa da vele solari, non più funzionante, mandata in esplorazione alla ricerca di forme di vita. Un antico rottame costruito da una civiltà dello spazio molto evoluta e -chissà- forse spedito proprio per studiare la Terra.

OUMUAMUA ERA SOLO UNA COMETA INSOLITA O UN ARTEFATTO ALIENO?

E ora, con 3I/ATLAS, Avi Loeb rilancia la sua ipotesi. In un articolo pubblicato dal magazine online Medium, elenca le anomalie del corpo celeste, al centro di uno studio scientifico che ha appena scritto insieme ai colleghi britannici Adam Hibberd e Adam Crowl (coinvolti nel progetto Initiative for Interstellar Studies), dal titolo piuttosto esplicito: “Is the Interstellar Object 3I/ATLAS Alien Technology?” (“L’oggetto interstellare 3I/ATLAS è tecnologia aliena?”). Parte da una premessa: tra le possibili soluzioni del Paradosso di Fermi (“Se gli Alieni esistono, allora dove sono tutti?”), c’è anche quella della “foresta oscura”, proposta dall’omonimo romanzo dello scrittore di fantascienza Cixin Liu (libro tradotto in italiano con il titolo “La materia del cosmo”). Secondo questa teoria, attorno a noi  ci sarebbero civiltà intelligenti ostili, che rimarrebbero volutamente in silenzio per evitare di essere individuate e cacciare meglio le loro prede. Insomma, avremmo un vicinato cosmico piuttosto pericoloso di cui potrebbe far parte l’ultimo arrivato. Cosa lo rende sospetto? 

Innanzitutto,  il piano orbitale retrogrado di 3I/ATLAS attorno al Sole si trova entro 5 gradi da quello terrestre – il cosiddetto piano eclittico. Secondo i calcoli del professor Loeb, la probabilità che sia solo una coincidenza – considerando tutti gli orientamenti prodotti dal caso-  è dello 0,2%. Insomma, 1 possibilità su 1000. Ma poi il docente entra ancora più nel dettaglio. «Come ho dimostrato in un recente articolo, la luminosità di 3I/ATLAS implica un oggetto di circa 20 chilometri di diametro (per un’albedo tipica di circa il 5%), troppo grande per un asteroide interstellare. Avremmo dovuto rilevare un milione di oggetti al di sotto della scala di circa 100 metri del primo oggetto interstellare segnalato, 1I/`Oumuamua, per ogni oggetto di circa 20 chilometri», scrive. Inoltre, la presunta cometa non mostrerebbe le consuete caratteristiche spettrali di gas cometario. «L’arrossamento rilevato della luce solare riflessa potrebbe provenire dalla superficie dell’oggetto. La sfocatura osservata intorno a 3I/ATLAS non è conclusiva, dato il movimento dell’oggetto e l’inevitabile sfocatura della sua immagine durante il tempo di esposizione», spiega Loeb.

IL PROFESSORE DI HARVARD, AVI LOEB

Molto curiosamente, poi, la rotta dell’oggetto interstellare sembra essere sincronizzata per potersi avvicinarsi insolitamente a Venere (0,65 UA, dove 1 UA, o Unità Astronomica, è la distanza tra la Terra e il Sole), a Marte (0,19 UA) e a Giove (0,36 UA). Continua poi il professore di Harvard: «3I/ATLAS raggiunge il perielio sul lato opposto del Sole rispetto alla Terra. Questo potrebbe essere intenzionale per evitare osservazioni dettagliate da parte di telescopi terrestri quando l’oggetto è più luminoso o quando vengono inviati dispositivi sulla Terra da quel punto di osservazione nascosto. La traiettoria retrograda a una velocità al perielio di 68 chilometri al secondo, opposta alla direzione del moto della Terra attorno al Sole a 30 chilometri al secondo, fa sì che la differenza di velocità tra la Terra e 3I/ATLAS sia di 98 chilometri al secondo. È quindi poco pratico per i terrestri atterrare su 3I/ATLAS al massimo avvicinamento a bordo di razzi chimici, poiché i nostri migliori razzi raggiungono al massimo un terzo di quella velocità

LA TRAIETTORIA PREVISTA DEL NUOVO OGGETTO INTERSTELLARE

Sia la direzione con la quale si allontanerà dalla nostra vista, sia quella con la quale è arrivato nel sistema solare- sostiene Avi Loeb- appaiono quelle ideali per non essere osservati. In uscita, il Sole lo oscurerà; in entrata, invece, era orientato verso il centro luminoso della Via Lattea, il che lo ha reso praticamente invisibile (per via dell’affollamento di stelle sullo sfondo) prima del luglio 2025. Ha cercato di nascondersi? «Il quasi allineamento della traiettoria retrograda di 3I/ATLAS con il piano dell’eclittica offre diversi vantaggi a un’intelligenza extraterrestre, poiché consente a un veicolo spaziale di accedere alla Terra con relativa impunità. L’eclissi di 3I/ATLAS da parte del Sole al perielio per gli osservatori terrestri consentirebbe a un veicolo spaziale di effettuare una manovra di Oberth inversa clandestina, una strategia ottimale ad alta spinta per veicoli spaziali interstellari per frenare e rimanere legati al Sole. Un’intercettazione ottimale della Terra comporterebbe un arrivo a fine novembre o inizio dicembre del 2025. Il rilevamento di un’accelerazione non gravitazionale potrebbe anche indicare l’intenzione di intercettare Giove, non lontano dalla traiettoria di 3I/ATLAS, e una strategia di incontro con esso dopo il perielio».

Alla fine, l’eminente astrofisico afferma che l’ipotesi secondo la quale 3I/ATLAS è un artefatto tecnologico funzionante non è ovviamente sicura, ma merita comunque un’analisi scientifica, indipendentemente dalla sua validità, soprattutto alla luce delle sue potenziali conseguenze. «Data la sua velocità interstellare di 60 chilometri al secondo, 3I/ATLAS ha oltrepassato il confine esterno del Sistema Solare (a una distanza 100.000 volte superiore a quella Terra-Sole) circa 8.000 anni fa. Fu più o meno in quel periodo che le tecnologie create dall’uomo divennero sufficientemente avanzate da iniziare a documentare la storia sulla Terra. Se l’ipotesi su un artefatto tecnologico si rivelasse corretta, allora ci sarebbero due possibili implicazioni: la prima che le intenzioni di 3I/ATLAS siano del tutto benigne, la seconda che siano maligne. Nel primo caso, l’umanità non dovrebbe fare altro che attendere a braccia aperte l’arrivo di questo messaggero interstellare. È la seconda opzione a destare grande preoccupazione.» In ogni caso, un’eventualità da non sottovalutare.

UNA RESA ARTISTICA DI 3I/ATLAS

Pur riconoscendo che molto probabilmente i futuri dati diranno che 3I/ATLAS è un oggetto naturale, Loeb ribadisce l’importanza di pensare fuori dagli schemi, con mente aperta e senza pregiudizi, per esplorare nuove strade che potrebbero risultare utili in futuro. «Il rischio esistenziale derivante dall’Intelligenza Aliena non viene discusso così spesso come altri rischi esistenziali, ad esempio l’intelligenza artificiale (la nostra IA). In una foresta oscura, le incertezze sulla propria forza relativa potrebbero giustificare la scelta di nascondersi come meccanismo di sopravvivenza, soprattutto se una civiltà è stata colpita in passato. Inoltre, il predominio potrebbe dipendere dal tempo, poiché potrebbe sempre esserci una giovane civiltà tecnologica emergente che diventa potente rapidamente, richiedendo missioni di ricognizione su traiettorie simili a quella di 3I/ATLAS. Potremmo presto renderci conto che l’estensione della selezione naturale allo spazio interstellare implica la sopravvivenza del più adatto. In un recente saggio, ho fornito una serie di metodi per distinguere un’astronave extraterrestre da una roccia interstellare. Speriamo che questi metodi vengano utilizzati da altri astronomi. Ignorare l’opzione tecnologica non è segno di intelligenza

IL CORPO CELESTE RIPRESO DAI TELESCOPI

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