Umani, extraterrestri o qualcos’altro ancora? Il dibattito sulla vera natura degli UFO/UAP si fa sempre più appassionante. Se a livello ufficiale tutto tace, ricercatori e informatori invece parlano- eccome se parlano!- prospettando scenari fantascientifici e realtà alternative a quella che crediamo di conoscere. L’ultima voce fuori dal coro ad aver avuto la ribalta è quella di un ingegnere aeronautico con un curriculum di primo livello: ha lavorato per la NASA e per la Lockheed Martin e ora è il CEO di Field Propulsion Technologies, una start-up tecnologica.

Richard Banduric– questo il suo nome- ha fatto affermazioni sbalorditive nel corso del podcast Ecosystemic Futures: la puntata, trasmessa alla fine del 2024 e passata praticamente inosservata, nei giorni scorsi è stata riproposta su X, il social di Elon Musk, ottenendo invece una grande eco. L’ex NASA ha infatti affermato che esisterebbero svariati miliardi di dispositivi mutaforma occultati sulla Terra a scopo di sorveglianza: un gruppo non identificato di individui, dotati di sofisticate competenze, ci controllerebbe e ci spierebbe ininterrottamente, da chissà quanto tempo, in ogni angolo del pianeta. I misteriosi autori di questa vigilanza costante, ma discreta, non apparterebbero all’Umanità: quegli oggetti, a volte di dimensioni minuscole, mostrerebbero un tal livello tecnologico da escludere un’origine terrestre. Banduric ne ha parlato come testimone oculare diretto, essendo stato coinvolto in operazioni segrete condotte dal governo americano e da gruppi di ricerca privati per recuperare, studiare e riprodurre materiali avanzati provenienti da oggetti volanti non identificati. Ovvero, operazioni segrete di retro-ingegneria.

In realtà, a detta di Banduric, questi reperti non erano soltanto detriti di presunte astronavi spaziali, ma piuttosto componenti di questa immensa rete di vigilanza planetaria a noi ignota. I dettagli che ha condiviso lasciano esterrefatti: «Alcuni di questi materiali, quando cerchi di fare retro-ingegneria, si polverizzano. E lo fanno nel giro di uno o due minuti. Puoi solo prelevare la polvere e mandarla a fare analizzare a livello isotopico. Lo hanno fatto ed era materiale extraterrestre. Quando lo osservi con un microscopio elettronico, vedi qualcosa composto da particelle molto piccole che sembrano comunicare le une con le altre. Sono avanti non di decenni, ma di centinaia di anni», ha detto. Inoltre, la maggior parte del materiale non terrestre sarebbe proprio progettato per autodistruggersi se finisce in mani sbagliate per evitare di essere duplicato. Il testimone, poi, avrebbe anche visto quegli stessi oggetti, costituiti da sub unità, riformarsi da soli, come una scheggia metallica divisa in due che è stata capace di ricostituirsi e poi occultarsi nell’ambiente circostante diventando praticamente invisibile.

Durante l’intervista, Richard Banduric ha definito questi frammenti “intelligenti”. E sarebbero innumerevoli. «Stavamo osservando minuscole strutture che sembravano depositarsi in tutto il mondo. Probabilmente ce n’erano trilioni e avevano ogni sorta di funzione. Davamo per scontato che fossero ovunque. Quelle che funzionavano, non saremmo mai riusciti a trovarle perché si sarebbero occultate o riconfigurate. Non tutte sono funzionali.» Quindi, sparse ovunque attorno a noi, ci sarebbero queste tecnologie automodificanti, capaci di mimetizzarsi e rendersi invisibili, di riassemblarsi se divise, di trasformarsi in polvere se sottoposte a retro-ingegneria. Nei laboratori segreti, ci sarebbero solo quelle che non funzionano più. Assurdità che, però, gli altri ospiti del podcast- l’ingegnere elettrico Hal Puthoff e l’ex consulente della NASA, la dottoressa Anna Brady-Estevez- hanno ascoltato senza battere ciglio. Anzi, Puthoff annuiva con la testa.

Ma non basta. In un commento successivo, Banduric ha aggiunto: «Hanno funzioni di ogni tipo. Questo implica che forse questo gruppo stia effettivamente manipolando la nostra specie». E non solo con queste micro-strutture. Perché, secondo l’ingegnere aerospaziale, la sorveglianza avverrebbe anche dal cielo tramite giganteschi velivoli triangolari che utilizzano una tecnologia di occultamento che li fa sparire all’istante. «Questi triangoli prendevano tutto ciò che si trovava dietro di loro e lo proiettavano davanti a sé, il che potrebbe essere equivalente a prendere i raggi di luce e piegarli attorno al triangolo vero e proprio”, ha detto. La loro presenza sarebbe nota al governo americano, ben consapevole che non si tratta di velivoli “nostri”, ma apparterebbero allo stesso gruppo di individui non umani (ma non per forza esterni al pianeta) che hanno disseminato sulla Terra una rete di controllo e di rilevamento non solo tecnologica, ma addirittura post-biologica.

Ovviamente, Richard Banduric non ha mostrato neanche uno di questi frammenti né ha prodotto alcuna prova di quanto ha affermato. Quindi, molti potrebbero considerare questa conversazione pubblica intercorsa tra seri ricercatori che hanno lavorato per la DARPA, la NASA e il Dipartimento dell’Energia, come semplici chiacchiere. Ma proprio qualche giorno fa è apparso un articolo scientifico che aggiunge un nuovo tassello a questo quadro e che vede come autrice principale l’astronoma del NORDITA di Stoccolma Beatriz Villarroel. In questo studio, pubblicato in pre-print (ossia, prima della peer review), intitolato “Eventi transienti multipli allineati nella Prima Palomar Sky Survey” e firmato da altri 15 ricercatori internazionali, sono state prese in esame vecchie immagini astronomiche digitalizzate, scattate prima dell’era dei viaggi spaziali umani e dei satelliti artificiali, quando il cielo doveva essere privo di qualsiasi forma di tecnologia. Eppure…
Nell’abstract si legge: «In questo articolo, presentiamo le prime ricerche ottiche di oggetti artificiali con elevate riflessioni speculari vicino alla Terra (…) Utilizziamo immagini della Prima Palomar Sky Survey per cercare transienti multipli (all’interno di un’esposizione su lastra) che, oltre a essere puntiformi, siano allineati lungo una banda stretta. Forniamo una rosa dei candidati più promettenti (…) Nessuna spiegazione astrofisica o strumentale nota spiega pienamente questi eventi. Esploriamo le possibilità rimanenti, tra cui riflessioni rapide da oggetti altamente riflettenti in orbita geosincrona, o emissioni da fonti artificiali ad alta quota sopra l’atmosfera terrestre.»

Quindi, quelle lastre hanno ripreso più volte dei punti luminosi in cielo, allineati o disposti in una distinta area del cielo, che in immagini successive non erano più visibili. Talvolta, è emersa una singolare coincidenza cronologica tra questi “transienti” e alcuni fenomeni ufologici celebri, come il sorvolo di alcuni oggetti volanti non identificati di Washington D.C. del 1952 e l’ondata di avvistamenti avvenuta in America nel 1954. Questa la conclusione: «Questo articolo presenta una prima ricerca sistematica di sorgenti ottiche puntiformi multiple, che appaiono e scompaiono simultaneamente, su lastre fotografiche a lunga esposizione, che mostrano anche un allineamento spaziale. Ci concentriamo sulle lastre rosse POSS-I, e presentiamo cinque eventi candidati principali con tre o più transienti allineati lungo una banda stretta. (…) L’origine dei transienti rimane sconosciuta. Una spiegazione plausibile è che siano causati da brevi emissioni luminose di oggetti artificiali in orbita o di oggetti con movimenti anomali nell’atmosfera terrestre – emissioni così brevi da apparire come sorgenti puntiformi piuttosto che come strisce, nonostante il telescopio insegua le stelle.»

«In alternativa, potrebbero derivare da riflessioni solari su superfici piane altamente riflettenti ad altitudini geosincrone. Quest’ultima interpretazione è ulteriormente supportata dal nostro test dell’ombra nella Sezione 7, che rivela un deficit significativo di tali eventi all’interno dell’ombra terrestre, coerente con un’origine di riflessione solare e difficile da conciliare con molte spiegazioni, inclusi i difetti della lastra fotografica. I nostri risultati stimolano la continua ricerca di rilevamenti astronomici storici e l’applicazione di metodi di rilevamento simili basati sull’allineamento alle moderne immagini del cielo profondo. (…) L’identificazione di transienti spazialmente allineati e statisticamente improbabili nei dati pre-satellitari rappresenta una nuova anomalia osservativa che merita ulteriore attenzione scientifica. Studi futuri potrebbero aiutare a chiarire se questi transienti costituiscano una nuova classe di fenomeni astronomici o rappresentino i primi indizi di attività artificiale vicino al nostro pianeta.»

In un’epoca in cui non era ancora iniziato la corsa verso la spazio, dunque, attorno alla Terra si sarebbero mossi oggetti tecnologici che emettevano una intensa luce propria o riflettevano quella del Sole, impressionando così le lastre fotografiche utilizzate dagli osservatori astronomici per studiare la volta celeste, e lo avrebbero fatto seguendo un’orbita geostazionaria, ovvero con un periodo di rivoluzione identico a quello di rotazione del nostro pianeta attorno al suo asse. Un fenomeno ignoto scoperto solo ora oppure un fenomeno noto tenuto nascosto? La domanda è lecita, alla luce della decisione scellerata del professor Donald Menzel, astrofisico a capo dell’Osservatorio Astronomico di Harvard che all’inizio degli Anni Cinquanta del secolo scorso ordinò di distruggere una gran parte del materiale fotografico già raccolto e vietò di scattare nuove lastre. Forse perché sapeva che in quelle immagini c’era qualcosa difficile da giustificare? Quella follia da un punto di vista scientifico, che ha provocato un buco nella raccolta storica di immagini astronomiche dell’illustre università americana (chiamato proprio “Menzel Gap”), potrebbe essere spiegabile come un atto volontario di occultamento delle prove. Tanto più che Menzel lavorava segretamente per l’Intelligence e non perdeva occasione per smentire gli avvistamenti UFO.

In un altro articolo appena pubblicato, sempre a firma della dottoressa Villarroel con altri colleghi e sempre centrato sul problema dei transienti, emerge poi una correlazione tra la presenza di queste luci puntiformi nello spazio e gli esperimenti nucleari del Dopo Guerra. Ma soprattutto, appare un dato impressionante: i ricercatori hanno calcolato statisticamente che tra il novembre del 1949 e l’aprile del 1957 (oltre 2700 giorni) si sarebbero manifestati più di 100 mila transienti– quaranta al giorno! Insomma, qualsiasi cosa sia, questo fenomeno non sarebbe né casuale né sporadico. Potrebbe essere la prova della presenza di tecnologie avanzate (pre-volo spaziale e quindi, lo ribadiamo, non umane) il cui unico possibile scopo è il controllo dall’alto del nostro pianeta? È questa la scoperta travolgente, che ha lasciato allibito e scosso Dennis Asberg, quando ha annunciato in un video diventato virale un imminente studio della dottoressa Villarroel? O c’è altro ancora che deve essere rivelato? Intanto, trapela un inquietante retroscena: sembra che la professoressa associata del NORDITA si sia affrettata a condividere la sua ricerca in pre-print, senza attendere i tempi più lunghi della revisione tra pari, perché avrebbe subìto pressioni per non rendere pubblico l’articolo. Insomma, un tentativo di censura. Chi ha paura delle luci transienti e di quello che potrebbero implicare?
