Sull’Alaska sono puntati gli occhi del mondo, per l’atteso incontro faccia a faccia tra il presidente degli Stati Uniti e il suo omologo russo Vladimir Putin. Seduti a un tavolo, cercheranno una soluzione condivisa per porre fine al conflitto in Ucraina. Ma qualche anno fa- oltre una ventina, ormai- questo Stato prossimo al circolo polare artico era balzato agli onori della cronaca per la clamorosa rivelazione del giornalista Cristoforo Barbato secondo il quale, proprio tra queste fredde lande del Nord America, il Vaticano aveva costruito un proprio avanzatissimo telescopio per individuare il leggendario pianeta Nibiru– a quanto pare, pure con successo. A riportarmi alla memoria questa singolare connessione tra la Santa Sede e la questione aliena, è un articolo scritto di recente da uno studente di teologia, destinato a una rivista di matrice cattolica e in parte tagliato -nelle parti più imbarazzanti- prima della pubblicazione.

L’autore mi ha ha contattato per raccontarmi l’accaduto e farmi leggere il suo testo, rivisto e aggiornato, sul tema “Chiesa Cattolica e astrociviltà”, che ho deciso di condividere integralmente sul mio blog. «Mi chiamo Alvise Parolini, ho 29 anni e sono un laureando presso l’Istituto di Scienze Religiose di Trento», mi ha spiegato. «Oltre che di filosofia e teologia, sono appassionato di misteri: già da piccolo, avevo il pallino dell’archeologia. Oltre ciò, mi occupo di Dottrina Sociale della Chiesa e moneta popolare nel ruolo di segretario nella “Associazione Territoriale Sentieri di Grimoaldo Trento 1 – Mezzolombardo” e sono tesserato nell’associazione di tutela civile e di cittadinanza attiva “UniAMOci Trentino APS”. Dunque la mia spinta interiore è volta all’esplorazione del mistero finalizzata alla costruzione di un mondo più spirituale, trasparente e legato a logiche di fraternità. Ti ringrazio per questa opportunità che mi doni di portare un mio contributo su questo tema, cosa che ho potuto fare solo parzialmente – e fino ad un certo punto comprensibilmente, vista la diffidenza generale nel mondo cattolico – col giornale con cui collaboro saltuariamente come articolista, “Informazione Cattolica”.» Ecco dunque l’articolo di Alvise Parolini. Buona lettura!
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Nel 2008, il direttore della Specola Vaticana, Padre José Gabriel Funes, alla domanda in merito alla possibilità dell’esistenza di altri o mondi o di esseri viventi nell’universo, così rispose: «A mio giudizio questa possibilità esiste. Gli astronomi ritengono che l’universo sia formato da cento miliardi di galassie, ciascuna delle quali è composta da cento miliardi di stelle. Molte di queste, o quasi tutte, potrebbero avere dei pianeti. Come si può escludere che la vita si sia sviluppata anche altrove? C’è un ramo dell’astronomia, l’astrobiologia, che studia proprio questo aspetto e che ha fatto molti progressi negli ultimi anni. Esaminando gli spettri della luce che viene dalle stelle e dai pianeti, presto si potranno individuare gli elementi delle loro atmosfere – i cosiddetti biomaker – e capire se ci sono le condizioni per la nascita e lo sviluppo della vita. Del resto, forme di vita potrebbero esistere in teoria perfino senza ossigeno o idrogeno.» (L’Osservatorio Romano, “L’extraterrestre è mio fratello”, 14 maggio 2008).

Potremmo vedere un precedente nella storia del pensiero ecclesiale nella dottrina degli antipodi, fortemente combattuta – sebbene mai condannata ex cathedra – fino all’inizio dell’età moderna, nonostante esimi teologi la sostenessero nelle proprie opere, come il Dottore della Chiesa Sant’Alberto Magno, per poi diventare dottrina ortodossa e pacificamente accettata ai tempi della dimostrazione della circumnavigabiltà del globo terrestre. Similmente – ed anzi, più propriamente – si potrebbe dire della possibilità di esistenza di altri mondi, fermo restando la nostra presa di distanza da ogni possibile deriva panteistica, come nella cosmologia di Fra Giordano Bruno. Le ricerche e analisi spaziali, infatti, non dimostrano l’esistenza di “infiniti mondi”, ma di una grandissima moltitudine, accertata o plausibile, in ogni caso finita.

Don Giuseppe Tanzella-Nitti, teologo e astronomo, oltre che direttore del Centro di Ricerca DISF – Documentazione Interdisciplinare di Scienza e Fede presso la Pontificia Università della Santa Croce- così spiega il classico argomento a favore della tesi dell’esistenza di altre forme di vita intelligenti:«[…] È quello della enorme quantità di pianeti adatti a ospitare la vita, quando calcolati su basi statistiche grazie alle osservazioni oggi a nostra disposizione. Ogni galassia ha circa 100 miliardi di stelle e la metà di esse hanno certamente delle formazioni planetarie: fra queste, una frazione sensibile, non meno del 5-10% sono in una zona abitabile. Tenendo conto che nell’universo vi sono non meno di 10¹² galassie, i pianeti con condizioni simili alla Terra risultano essere, in linea di principio, parecchi miliardi». (https://disf.org/educational/faq/tanzella-vita-intelligente).
Il 13 novembre scorso, la rivista Avvenire, in un articolo di Davide Re intitolato “Astrobiologia. Vita extraterrestre, l’energia oscura aggiorna l’equazione di Drake”, aveva riportato il nuovo modello teorico per stimare la possibilità della vita intelligente nell’Universo, proposto da un team internazionale guidato dal ricercatore astrofisico Daniele Sorini. Rispetto all’equazione esposta prima da Frank Drake e poi promossa dal SETI Institute da lui stesso fondato, il team ha tenuto conto della possibilità del Multiverso e del ruolo dell’energia oscura, capace di bilanciare il rapporto tra espansione e formazione di strutture all’interno del nostro Universo. Già nell’equazione Drake, all’interrogativo sul numero dei pianeti sui quali – partendo da forme di vita di tipo pluricellulare – avrebbero potuto svilupparsi forme intelligenti, l’ottimista tende a rispondere “600 milioni” (90% di 700 milioni), il moderato “250 mila” (25% di 1 milione), mentre il pessimista “1” (2% di 50).

Nel nuovo approccio presentato dal team, è previsto “il calcolo della frazione di materia ordinaria convertita in stelle nell’intera storia dell’Universo, per diverse densità di energia oscura. I calcoli prevedono che la frazione sarebbe pari a circa il 27 per cento in un altro Universo più efficiente, a fronte del 23 tipico del nostro”. Sorini e i suoi collaboratori arrivano dunque a sostenere che “non viviamo nell’universo ipotetico con le maggiori probabilità di formare forme di vita intelligenti […], il valore della densità di energia oscura che osserviamo nel nostro Universo non è tale da massimizzare le possibilità che esista la vita.” In definitiva, se persino con questo sistema si prova che esseri intelligenti possono trovarsi con più frequenza in Universi con maggior percentuale di materia oscura, ecco che avremmo comunque dimostrata la non esclusività dell’uomo come creatura razionale e la coesistenza – nei relativi universi – di più civilità possibili.
Sempre invece per Tanzella-Nitti, parlando del rapporto tra astrocivilità (ETI) ed annuncio cristiano, sostiene: «È ragionevole pensare che, a causa dei limiti intrinseci a ogni comunicazione fra possibili civiltà extraterrestri, il valore “cosmico” dell’Incarnazione del Verbo non possa essere stato affidato da Dio al genere umano. Il valore cosmico dell’Incarnazione del Verbo è affidato allo Spirito Santo, capace di riferire e legare al Figlio-Verbo ogni vita e ogni creatura.» Uno dei pochissimi casi di contatto cosmico nel segno del Vangelo che la Chiesa ha cercato di vagliare con serietà, è il caso di “Angeli in astronave”, testimoniato autobiograficamente da Giorgio Dibitonto nell’omonimo libro (Edizioni Mediterranee, 1983). L’autore, ancora vivente, afferma di aver personalmente incontrato (a più riprese nel 1980 sugli Appennini tosco-liguri) San Raffaele Arcangelo, Gesù, la Vergine Maria ed altri fratelli cosmici, di aver ascoltato i loro insegnamenti perfettamente in linea col Vangelo e l’escatologia cattolica, di essere salito sulla loro astronave e di aver visitato con loro un pianeta paradisiaco.

Essendo della diocesi di Genova, la sua storia finì addirittura in Curia sventolata da alcuni aderenti dell’Azione Cattolica per ottenere da Cardinal Giuseppe Siri (loro direttore spirituale) una clamorosa condanna, cosa che non avvenne, avendo invece l’alto prelato dato un suo privato placet a Giorgio a proseguire nella divulgazione di quanto accaduto. La vicenda giunse infine all’interesse vaticano e fu un confratello di Padre Amorth, l’esorcista Mons. Corrado Balducci – consigliere della camera papale – a nominare una commissione ufficiale che valutasse il caso. La commissione si spaccò in due parti: una critica e l’altra entusiasta, mentre Balducci stesso decise di dare il suo assenso personale, intervenendo durante la presentazione del libro di Dibitonto a Roma.

Vorrei ora affrontare un tema delicatissimo che purtroppo il giornalismo cattolico non ha voluto – come nel mio caso – riportare sulle proprie pagine. I motivi sono semplici: non si va oltre la mera possibilità dell’esistenza di astrociviltà e quindi non si crede che il Vaticano abbia già da decenni contatti con gli extraterrestri. Tutto ciò pare semplicemente assurdo ed in molti casi anche demoniaco. In realtà la soluzione sarebbe considerare questi contatti alla stregua di contatti con altre umanità, e non con dèi. Detto a rigore, non c’è quindi confusione tra la religione col suo culto a Dio e la credenza nell’esistenza di queste astrociviltà – ognuna col suo grado di sviluppo scientifico e spirituale- immerse più o meno nel mondo materiale come noi e, con noi, in cammino verso Dio, pur che lo vogliano.
Andiamo indietro fino al 2001: il divulgatore Cristoforo Barbato aveva intervistato un gesuita membro del presunto SIV, il Servizio Informazioni del Vaticano, nato già durante la seconda guerra mondiale per rintracciare persone scomparse, profughi e prigionieri di guerra e dal 1954 diventato l’intelligence della Santa Sede. La fonte dichiarò che nel febbraio del 1954 ci fu “l’incontro di una delegazione aliena avvenuto in California nella base di Muroc Airfield (divenuta poi la sede della base aerea di Edwards) con il presidente Dwight Eisenhower e a cui presenziò l’allora Vescovo di Los Angeles James Francis McIntyre. […] Al termine dell’incontro ogni membro della delegazione terrestre giurò solennemente di non rivelare a nessuno quanto visto e sentito degli alieni. […] Nei giorni a seguire McIntyre, probabilmente contrariato per aver prestato un giuramento che in coscienza riteneva iniquo, partì di gran fretta per Roma al fine di incontrare il Santo Padre Pio XII per riferirgli dell’incredibile evento.” Il volo verso il Vaticano venne momentaneamente arrestato per problemi tecnici e durante la sosta un colonnello dell’US Air Force avvicinò il vescovo cercando di dare delle condizioni della trasmissione del messaggio al Papa, congedando infine il vescovo dicendo che “la scelta di riportare quella notizia a Roma avrebbe creato seri problemi e a lui personalmente sarebbe potuto costare caro”.

Nonostante ciò, “due giorni dopo il Pontefice Pio XII ricevette il Vescovo McIntyre. Dopo aver meditato molto sulle implicazioni che avrebbe potuto avere un rapporto esclusivamente militare con gli alieni, il Papa decise di istituire un servizio d’informazioni segreto con una denominazione sulla falsa riga del servizio d’informazioni militare fascista, il SIV appunto, che avrebbe dovuto raccogliere tutte le informazioni possibili sulle attività delle entità aliene e sulle informazioni che su di esse avrebbero raccolto gli americani. Era di fondamentale importanza tenere aperto il canale di comunicazione con il presidente Eisenhower. Il SIV sostanzialmente venne costituito per acquisire e gestire tutte quelle informazioni riservatissime che riguardavano soprattutto la tematica extraterrestre, coordinandosi con le altre strutture d’Intelligence di altri Paesi. La neonata struttura si proponeva fondamentalmente di gestire gli aspetti dal punto di vista morale, filosofico, etico e religioso. […] Gli eventi però presero una piega inaspettata in quanto lo stesso McIntyre ed altri esponenti del SIV iniziarono ad avere degli incontri diretti, in assenza e all’insaputa dei militari, con una razza aliena di tipo nordico, apparentemente positiva, proveniente dalle Pleiadi: questi alieni misero in guardia dagli esseri che erano stati incontrati in precedenza dagli americani nel deserto della California.

Questi incontri con esponenti del SIV si verificarono più volte negli USA e due volte anche all’interno dei Giardini Vaticani presso la Pontificia Accademia delle Scienze, alla presenza dello stesso Papa Pio XII. Questi Pleiadiani “sono esseri in carne e ossa, che seppure molto evoluti da un punto di vista tecnologico e spirituale, hanno la loro corporeità”. Queste creature asserirono di aver scoperto nella Chiesa Cattolica, o più precisamente nel messaggio Cristico, la presenza autentica di Dio e si dichiararono disponibili alla collaborazione per il bene dell’umanità. Fu proprio questa affermazione da parte di questi esseri che convinse Pio XII a collaborare con loro, considerandoli addirittura autentici convertiti alla fede cristiana. Probabilmente il Pontefice pensò che la Chiesa Universale doveva cominciare ad estendere il suo messaggio anche ad esseri provenienti da altri mondi.
Comunque sia, questi alieni negli anni a seguire furono d’aiuto determinante per la Chiesa di Roma nel portare avanti specifici compiti nel mondo. In particolare intervennero in determinate situazioni di carattere politico e sociale di portata mondiale. In seguito anche Papa Giovanni XXIII beneficò dell’appoggio di questi esseri che avevano sposato la causa Cristiana ma preferì rendere sempre comunque il merito a più vaghi “interventi angelici”. Papa Giovanni XXIII aveva ereditato, se così si può dire, un accordo di collaborazione tra la Santa Sede e gli alieni positivi di razza nordica stipulato con il predecessore. La cosa andò avanti per tutta la durata del pontificato di Roncalli, il quale però aveva più volte espresso ai vertici del SIV il suo disappunto per l’estrema fiducia che si stava riponendo in quelle creature, tanto che oggi si è portati a pensare che uno dei motivi per il quale diede il via al Concilio Ecumenico Vaticano II sia stata proprio la necessità di fare un primo e concreto passo verso il rinnovamento della Chiesa, anche in vista di un possibile ed imminente “contatto”.

Riflettiamo: l’incontro tra Mons. McIntyre e Pio XII avvenne intorno al febbraio 1954; sappiamo che Montini – risaputamente filosovietico – venne allontanato dalla segreteria vaticana – e forse dal SIV, del quale era responsabile o controllore? – con la nomina ad Arcivescovo di Milano nel novembre dello stesso anno (e sappiamo delle preoccupazioni statunitensi per le infiltrazioni sovietiche). Siri, negli ultimi anni di pontificato di Pacelli, ne divenne l’incontestato delfino e la vicenda sulla sua presunta elezione al papato è tutt’oggi avvolta nel mistero: forse troppo vicino alla sensibilità di Pio XII in merito ai contatti diretti coi Pleiadiani? Avrebbe forse avuto il coraggio di annunciare al mondo ciò che neppur oggi – nonostante tutte le commissioni aperte – nazioni come gli U.S.A. hanno ancora avuto la possibilità di fare? Stiamo parlando della cosiddetta disclosure, la “rivelazione” della verità in merito alle astrociviltà ed il loro coinvolgimento con le istituzioni umane, soprattutto negli ultimi settant’anni. Richiesta questa, secondo alcuni, contenuta già nel Terzo Segreto di Fatima donato ai papi da Suor Lucia dos Santos.

Osiamo eufemisticamente pensare che in vista del Conclave del 1958 qualcosa bolliva in pentola. E non solo il Concilio Vaticano Secondo. La Chiesa Cattolica, infatti, sin dal papato di Giovanni XXIII decise di operare autonomamente dai “fratelli del cosmo”: essi – come racconta il gesuita – “avrebbero potuto condurre un’attività sicuramente positiva e benevola verso l’umanità ma avrebbero dovuto operare autonomamente e distintamente alla Chiesa e, in generale, dall’operato dell’uomo che, con la preghiera, agisce secondo la Legge di Dio e, in particolare, sotto l’azione dello Spirito Santo. […] La presunta attività positiva di questi alieni, che avevano aderito al messaggio cristico, non doveva essere ostacolata, ma “benedetta”, doveva essere però un’attività disgiunta e parallela a quella della Chiesa. Gli alieni di conseguenza erano da considerarsi alla stregua dello straniero che guarì nel nome di Cristo, e questi non gli impedì di farlo.” Perché questo cambio repentino di atteggiamento di fronte alla novità dei contatti? Davvero è stato causato solamente da un intento precauzionale e protettivo di fronte alle masse? O ci sono altri motivi, ovvero scontri tra fazioni ecclesiali nemiche ed infiltrazioni nel SIV, come afferma lo stesso gesuita al termine dell’intervista?

Venerdì 15 agosto avverrà un incontro “altamente anticipato” – come scrive Trump sulla piattaforma social Truth – tra lo stesso presidente degli USA e Putin in Alaska, a distanza di dieci anni da quando Putin mise piede nel territorio statunitense per partecipare all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2015. L’unica cosa che volevo rilevare a proposito del nostro discorso, stando all’intervista di Barbato, è la presenza “storica” – dagli anni ’90 – nel territorio dell’Alaska di un radiotelescopio nascosto in un impianto petrolifero apparentemente dismesso, che avrebbe ricevuto dalla sonda SILOE immagini del tanto dibattuto Pianeta X, che il gesuita del SIV identifica con Nibiru. La sonda, dotata di motore ad impulsi elettromagnetici, era stata approntata presumibilmente nel 1990 dalla Lockheed Martin, e lanciata dalla Area 51, in Nevada, ed immessa nello spazio con un veivolo del tipo Aurora. Intorno al 1995 avrebbe raggiunto Nibiru ai limiti del Sistema Solare, oltre Nettuno. A partire dai dettagli dati dal nostro insider, si può condurre una veloce ricerca sugli impianti petroliferi in Alaska. Molto probabile, nonostante non segnalato dal gesuita, è la presenza militare – peraltro confermata ufficialmente per ragioni di sorveglianza e logistiche -, facilmente collegabile al fatto che la sonda sia stata lanciata dall’Area 51.

Prudhoe Bay è uno dei più importanti siti petroliferi in Alaska. Esso si trova nella regione dell’Alaska settentrionale, nella regione del North Slope Borough, nelle vicinanze del fiume Sagavanirktok (detto anche “Sag River”). Non esistono date precise che segnino l’inizio dell'”abbandono ufficiale” di parti del sito, ma la maggior parte delle infrastrutture (pozzi, aree produzione e supporto) hanno perso rilevanza operativa già negli anni ’90, con smantellamenti parziali o riduzioni di scala. A mo’ di nota, segnaliamo che l’unico che citi espressamente una struttura scientifica e militarizzata nella zona di Prudhoe Bay è l’autore Luke Gearing in “Sag River Extreme Cold Research Facility” nel contesto del gioco di ruolo lovecraftiano e cospirazionista “Delta Green”. In un post del 14 luglio 2023, scrive di una struttura poco conosciuta, “legale alla minima esistenza”, con pochissimi documenti disponibili, con possibili, ma non confermate, affiliazioni militari o governative. Interessante, no? Pur trattandosi di un gioco di ruolo… Pensiamo solo all’altissima predittività dello stesso gioco “Illuminati: New World Order”… Al di là di ciò, se l’esistenza di una struttura come l’abbiamo descritta fosse verificata, si potrebbero avere le prove anche riguardo all’autenticità delle immagini di Nibiru ottenute nell’ottobre 1995.
A proposito di Nibiru, volevo ricordare che durante l’occupazione dell’Iraq nel 2003 l’esercito americano rimase omertosamente a guardare – senza intervenire – il saccheggio di circa 14400 reperti al museo archeologico di Baghdad. Dietro ogni macchinazione, possiamo comprendere come il grande interesse per Nibiru va a collegarsi innanzitutto alle antiche civiltà della Mezzaluna Fertile e per risalire alle fonti originali bisogna studiare le tavolette cuneiformi. Franz Xaver Kugler, rinomato assiriologo, matematico e astronomo (citato in “Planetarium Babylonico oder die Sumerisch-Babylonischen Stern-Namen” di Padre Felix Gössmann nel 1950), nelle Ergänzungen (Appendici) della sua opera “Sternkunde und Sterndienst in Babel” del 1913, a pagina 60 traduceva così una tavoletta dall’Enuma Elish – poema epico babilonese della Creazione – che tratta di Nibiru: «Una grande stella, la cui luce è oscura, che taglia in due il cielo e poi scompare.» Commentando poi: «Si tratta di una grande meteora di colore rosso scuro, che attraversa il cielo.» Nibiru è dunque una grande cometa?

In un momento – come quello odierno – di fermento di fronte alla possibilità che 3I/ATLAS possa essere un corpo artificiale e non una semplice cometa, pensare qualcosa di simile per Nibiru è da tenere in considerazione. Come propongono alcune teorie nate dopo l’impulso dello studioso Zecharia Sitchin, potrebbe Nibiru forse essere un pianeta artificiale enorme che viaggia nello spazio ed è capace all’occorrenza di schermarsi dalla banda ottica del visibile? Non è da escludere… Del resto, lo stesso Sitchin discusse della geo-ingegneria degli Anunnaki sul loro pianeta di origine e della manipolazione della loro atmosfera con polvere d’oro. Concludendo e ricollegandoci al cristianesimo, tutto ciò non esclude la Parusia, ovvero il ritorno glorioso di Cristo sulla Terra, ma fornisce delle categorie per comprendere le modalità di questo ritorno, al di là che avvenga tramite Nibiru o 3I/Atlas o altri mezzi. Quando la Scrittura dice: «E vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi del cielo» (Matteo 24, 30), alcuni commentatori, tra cui lo stesso Mons. Balducci, affermano che queste nubi del cielo siano le astronavi. Sebbene ciò non sia necessario al Cristo, non è comunque sconveniente e dunque rimane possibile.
