Caronte– l’abbiamo appena visto- stuzzica l’interesse degli scienziati. Ma al di là della luna di Plutone, c’è qualcosa di ancora più affascinante per i ricercatori: un pianeta o forse più di uno, di dimensioni notevoli. A sostenerlo, è ora una coppia di astronomi spagnoli. Il dibattito sul famigerato Planet X, misterioso e remoto ospite del sistema solare, si riapre e si arricchisce così di nuovi elementi.
Lo scorso marzo, Scott Sheppard, della Carnegie Institution for Science di Washington DC, aveva annunciato la scoperta, nella parte più interna della Nube di Oort, di 2012 VP113, un pianeta nano roccioso, con un diametro di 450 chilometri ed un perielio di 81 Unità Astronomiche ( ovvero, a 81 volte la distanza Terra-Sole nel suo punto di massima vicinanza).
Dunque, 2012 VP113 appare circa la metà di Sedna, l’altro planetoide individuato nel 2003, ma ne ha in comune un’orbita stranamente allineata. La prova, per il team dello studioso americano, che questi piccoli oggetti transnettuniani subiscano l’influenza di un grande pianeta ancora sconosciuto, che dovrebbe avere una massa pari a 10 volte quella terrestre e trovarsi a 250 UA dal Sole.
Ad osservare con particolare attenzione questa area periferica del sistema solare sono stati adesso Carlos e Raul de la Fuente Marcos, astronomi dell’Università Complutense di Madrid. Oltre ad aver confermato quel bizzarro allineamento orbitale, i due si sono concentrati sul fatto che questi oggetti si muovono praticamente nello stesso modo: dal momento che non sono abbastanza massicci da condizionarsi l’un l’altro, i ricercatori ne hanno dedotto che sono guidati da un corpo assai più ampio secondo un modello noto come risonanza orbitale– come quella che lega, ad esempio, le orbite del minuscolo Plutone e del gigante Nettuno.
I pianeti nani della parte interna della Nube di Oort, secondo i due studiosi spagnoli, sarebbero sincronizzati con un corpo planetario invisibile, con una massa compresa tra quella di Marte e quella di Saturno, distante 200 Unità Astronomiche. Ma non basta. Dal momento che risulta insolito, per un pianeta così grande, orbitare tanto vicino ad altri corpi senza essere dinamicamente legato a qualcos’altro, essi suggeriscono che questo oggetto celeste sia in risonanza orbitale, a sua volta, con un altro mondo ancora più massiccio, distante 250 UA- proprio come teorizzava lo studio di Sheppard.
Insomma, lassù, all’estrema periferia del sistema solare, ma ancora sotto l’influsso gravitazionale del nostro astro, potrebbero esserci non uno, ma due Planet X. Ipotesi ancora da dimostrare, ovviamente. E non sarà semplice. Già scovare gli oggetti più piccoli- come Sedna e 2012 VP113- è stato quasi un colpo di fortuna: essi hanno orbite molto ellittiche e sono stati individuati quando si sono avvicinati di più al Sole.
Ma i potenziali pianeti giganti potrebbero invece avere orbite pressoché circolari, muoversi in modo molto lento ed essere fiochi. Vederli con un normale telescopio è un’impresa ardua. “Non c’è da stupirsi se finora non li abbiamo ancora individuati”, ha commentato Carlos de la Fuente Marcos.
“Dal momento che per ora soltanto pochi di questi corpi estremamente distanti sono noti, è difficile affermare qualcosa di definitivo in merito al numero o alla posizione di altri pianeti lontani”, ha commentato Scott Sheppard. “Tuttavia, nel prossimo futuro, dovremmo avere più dati sui quali lavorare per determinare la struttura del sistema solare esterno.” La ricerca dunque continua. E la caccia al Planet X anche…
SABRINA PIERAGOSTINI