Etnia, sesso, colore della pelle, degli occhi e dei capelli: è tutto scritto nel DNA. In quella sequenza di basi, contenuta nelle nostre cellule ed unica per ciascun individuo, è codificato quello che siamo. La medicina forense, da anni, riesce a riconoscere i colpevoli di reati proprio grazie al confronto tra campioni di DNA. Ma ora la scienza è andata oltre.
Una compagnia americana, con sede in Virginia, la Parabon, ha inventato un nuovo programma per analizzare le tracce biologiche trovate sulle scene dei delitti e aiutare la polizia nella ricerca dei sospetti: assicura infatti di poter ricavare, da quei profili genetici, l’identikit della persona alla quale appartengono sangue, saliva, capelli, pelle o sperma. La “foto” virtuale ricavata in questo modo viene chiamata “Snapshot”, come se fosse un “istantanea” del pc.
In pratica, la Parabon ha creato un archivio di riferimento composto da dati genomici e i tratti somatici correlati solitamente a quei tipi di geni. Quando viene preso in esame un nuovo campione, un modello matematico fornisce la previsione di quale aspetto potrà avere la persona della quale si conosce solo il codice presente nelle sue cellule.
“Un disegnatore usa le informazioni ricavate dai testimoni oculari per creare un identikit . I nostri algoritmi fanno lo stesso utilizzando un testimone genetico, ovvero il DNA lasciato sul luogo del delitto, e creano il volto”, ha spiegato il fondatore della società ed attuale amministratore delegato, Steven Armentrout.
L’innovazione potrebbe essere molto utile per i casi irrisolti, i cosiddetti “cold case”, che rimangono per anni, a volte per decenni, negli archivi delle stazioni di polizia. La mancanza di corrispondenza tra le tracce rinvenute sulla scena del crimine e quelle conservate nei database internazionali rende impossibile dare un nome agli autori di quei delitti. Ma una foto virtuale potrebbe servire a circoscrivere il numero dei sospettati e magari ad inchiodare il colpevole.
Una speranza per i famigliari delle vittime ancora in attesa di giustizia, come Janet Tinsley, intervistata dalla rete tv americana NBC, che ha mandato in onda un servizio di approfondimento sull’argomento. La donna ancora non si dà pace per la figlia April, di appena 8 anni, rapita da uno sconosciuto e poi trovata senza vita. L’assassino è in libertà. “È un peso sul cuore, un pensiero costante, mi chiedo: chi può essere stato?”, ha detto all’emittente.
Sulla base del DNA trovato sul corpo della piccola, i tecnici della Parabon sono riusciti a ricavare un identikit, mostrato in esclusiva per la prima volta da NBC Nightly News: è il volto di un uomo, con la carnagione chiara, occhi nocciola o verdi, capelli scuri, tratti regolari, quasi sicuramente di origine europea ed età presunta tra i 45 e i 55 anni.
“Le caratteristiche fisiche come il colore degli occhi e dei capelli sono tutte scritte nel DNA. E noi lo usiamo come un progetto nel quale trovare le informazioni e fare una previsione”, spiega Ellen McRae Greytak, direttore di bioinformatica della compagnia. I profili ricavati dai geni comprendono anche altri dati, ad esempio la presenza o meno di lentiggini, oppure la provenienza degli antenati.
Per mettere alla prova il metodo della Parabon, la giornalista della tv americana ha inviato il proprio DNA, senza ovviamente rivelarne la origine. Il profilo elaborato dal computer è stato sorprendente: sono stati esattamente indicati pelle chiara, occhi e capelli castani, discendenza da avi inglesi e tedeschi. Il confronto tra il viso della reporter e quello riprodotto, però, risulta meno corrispondente , forse anche per i capelli tinti e il trucco che modificano- e non poco- l’aspetto della donna e che un computer non può prevedere.
Questa tecnologia, infatti, ha ancora dei limiti. Non può determinare con esattezza l’età del soggetto e neppure il peso. Eppure c’è molta differenza tra un volto asciutto e uno in forte sovrappeso, tra un viso giovane e uno in età avanzata. Tuttavia per gli investigatori un identikit imperfetto è pur sempre meglio di nulla ed è utile, per lo meno, ad eliminare potenziali indiziati dall’ elenco ed indirizzare meglio le indagini. Insomma, se lo snapshot indicasse come colpevole una afroamericana, verrebbero di fatto esclusi tutti gli individui di sesso maschile, ma anche tutte le donne asiatiche ed indoeuropee.
Questo vale anche nel caso della piccola April. Sono 600 gli uomini controllati negli anni dalla polizia. Ora gli investigatori potranno concentrarsi solo sui maschi bianchi, né biondi né rossi, con genitori e nonni provenienti dall’Europa. La mamma della bimba ci crede. “Spero che questa tecnologia possa servire, perchè abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile”.
SABRINA PIERAGOSTINI