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Siamo soli nell’universo? La teoria del Grande Filtro spera di sì…

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Radiotelescopi in ascolto, sonde in avanscoperta, grandi occhi elettronici puntati verso stelle lontane… Da decenni- da quando siamo diventati una civiltà tecnologica- stiamo disperatamente cercando prove dell’esistenza di vita (meglio se intelligente) attorno a noi. Ma c’è chi invece pensa che il vero obiettivo di questa incessante ricerca sia sincerarci che siamo gli unici esseri evoluti in questo enorme universo. Una desolante solitudine che avrebbe un risvolto essenziale per la specie umana.

SIAMO SOLI NELLA VIA LATTEA?

SIAMO SOLI NELLA VIA LATTEA?

Come noto, dagli anni ’60 del secolo scorso esiste una formula matematica, la ormai famosa Equazione di Drake (dal nome dell’astrofisico, Frank Drake, che l’ha proposta), per calcolare il numero delle potenziali civiltà extraterrestri della galassia in grado di comunicare con noi. Il risultato è il prodotto di una serie di fattori in gran parte sconosciuti, come la frazione delle stelle della Via Lattea dotate di pianeti, la frazione dei pianeti adatti alla vita, la frazione di quelli in cui le forme viventi possono svilupparsi in modo evoluto e così via. A seconda delle stime- per eccesso o per difetto- si ottiene un valore diverso. I calcoli più cauti ne ipotizzano comunque una ventina.

Eppure- dati scientifici alla mano- finora non abbiamo ricevuto nessun messaggio, nessuna prova della loro esistenza. Nulla. Silenzio totale. Una contraddizione riassunta nella celebre frase attribuita al fisico italiano Enrico Fermi: dove sono tutti quanti? Ma forse non è questa la domanda corretta. Bisognerebbe chiedersi: cos’è successo a tutti quanti? A tentare di dare una risposta è la teoria del Grande Filtro, formulata nel 1980 dal cosmologo Brandon Carter e poi perfezionata dall’economista Robert Hanson: sono talmente tante e complicate le condizioni che permettono l’emergere della vita intelligente che è più facile fallire che avere successo.

LO SCIENZIATO ITALIANO ENRICO FERMI

LO SCIENZIATO ITALIANO ENRICO FERMI

In sostanza, la strada che porta dalla cellula procariota all’organismo complesso in grado di pensare, di progettare, di costruire, è costellata da una serie infinita di ostacoli che in ogni momento possono fermare il percorso e vanificare il tragitto già effettuato. La storia dello sviluppo della vita è travagliata, irta di pericoli, piena di sfide mortali che possono aver determinato la fine precoce di altre forme di vita sorte su altri pianeti. Potevano avere tutti i requisiti necessari per affermarsi, ma non ce l’hanno fatta. Il Grande Filtro le ha bloccate prima che potessero diventare abbastanza intelligenti, abbastanza evolute da rendersi visibili.

Gli ostacoli si possono manifestare in vari modi. Ad esempio, sentiamo spesso dire che gli astrobiologi cercano i pianeti rocciosi nella cosiddetta Goldilocks Zone (o Fascia di Abitabilità)  delle loro stelle- quella zona alla giusta distanza per mantenere l’acqua allo stato liquido, senza che ghiacci o evapori. Ma la giusta posizione non è sufficiente. Servono anche le molecole organiche- i cosiddetti mattoni della vita. Serve una corretta pressione, una massa planetaria adeguata. Così, molti pianeti che soddisfano la condizione iniziale di abitabilità vengono poi esclusi dalla lista dei candidati potenzialmente più interessanti perché mancano gli altri requisiti.

ANCORA NON ABBIAMO TROVATO PIANETI CON TRACCE DI VITA

ANCORA NON ABBIAMO TROVATO PIANETI CON TRACCE DI VITA

Il Grande Filtro si può anche verificare nelle primissime fasi della vita, quando piú organismi unicellulari si uniscono e si differenziano per dare vita ad un organismo pluricellulare. Un processo straordinario, per nulla scontato. Non è detto che quanto accaduto sulla Terra sia un processo riproducibile altrove: potrebbe essere stato un unicum in tutta la galassia. Un altro grande filtro è poi legato all’intelligenza. Anche sul nostro pianeta, lo vediamo, esistono milioni di specie, ma a parità di condizioni nessuna ha raggiunto il nostro livello di evoluzione. E non è solo una questione di dimensione del cervello: basti pensare agli elefanti o agli altri grandi mammiferi, che superano per misura l’encefalo umano. Ma il nostro ha un numero superiore di neuroni ed è molto piú specializzato. Anche le creature aliene potrebbero essersi fermate allo stadio degli animali e non essere in grado di comunicare.

Insomma, esistere come specie umana (ed essere quello che siamo) sarebbe una vera fortuna cosmica. Ma c’è l’altro lato della medaglia: abbiamo brillantemente affrontato finora ogni ostacolo che di norma si frappone alla vita, ma potremmo non riuscire a superare i prossimi. Il Grande Filtro, in poche parole, potrebbe non essere alle spalle, ma si troverebbe ancora davanti a noi. Forse, la vita può sempre evolvere fino a questo stadio, per poi essere spazzata via da una catastrofe irreversibile. Ogni società che raggiunge il nostro livello probabilmente sa sviluppare il nucleare- e ne viene distrutta. Oppure, ogni società simile alla nostra  finisce per compromettere irrimediabilmente il proprio pianeta- con inquinamento, surriscaldamento globale, consumo scriteriato delle risorse e così via.

LA VITA INTELLIGENTE, NELLA VIA LATTEA, POTREBBE NON ESISTERE

LA VITA INTELLIGENTE, NELLA VIA LATTEA, POTREBBE NON ESISTERE

O ancora, quello che ci attende nel prossimo futuro è una minaccia ad oggi sconosciuta e che ci porterà dritti all’estinzione.  Trovare qualche altra civiltà nello spazio, soprattutto con un livello tecnologico pari al nostro, sarebbe un brutto segnale: vorrebbe dire che il Grande Filtro è davanti a noi. Se invece la Via Lattea fosse completamente vuota, allora diventerebbe piú probabile l’ipotesi che abbiamo già superato il peggio. Ecco perché i sostenitori di questa teoria sperano in una galassia silenziosa e desolata: dimostrerebbe che tutte le altre forme di vita hanno perso le sfide che l’umanità ha superato. Saremmo soli, tremendamente soli, sí, ma salvi

SABRINA PIERAGOSTINI

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