L’armonia dell’universo, l’esistenza di Dio, la presenza di civiltà avanzate nello spazio e la possibilità che siano già entrate in contatto con noi… Sono questi i temi affrontati dal fisico teorico Michio Kaku in una lunga intervista rilasciata ad una testata spagnola. Lo studioso americano di origini giapponesi, da molti considerato l’erede di Einstein, all’inizio di settembre si trovava infatti in Spagna, per partecipare ad un importante convegno ufologico.
IL FISICO TEORICO MICHIO KAKU
Già il fatto che uno scienziato del suo calibro fosse presente ad un evento del genere fa capire che forse stiamo vivendo un momento davvero molto particolare, come lo stesso Kaku ha sottolineato: secondo lui, le chance di scoprire se esiste la vita oltre la Terra sono considerevolmente aumentate nell’ultimo anno. L’occasione per fare questa e altre affermazioni strabilianti è stata la tre giorni del Congresso Mondiale di Ufologia che si è svolto a Barcellona e nel quale sono intervenuti come relatori molti nomi noti della ricerca alternativa, da Nick Pope a Jaime Maussan (per l’Italia, c’era il neopresidente del CUN Roberto Pinotti).
Ma comprensibilmente, l’ospite più atteso era proprio lui, uno dei padri della Teoria delle Stringhe, l’unica che riesca a far dialogare la Relatività Generale con la Meccanica Quantistica, apparentemente inconciliabili perché si basano su diversi principi matematici e fisici. «Perché Dio dovrebbe creare un universo con due mani che non parlano tra loro? La Teoria delle stringhe unisce entrambe le teorie», ha spiegato Michio Kaku al reporter di ABC, uno dei principali quotidiani di Madrid (https://www.abc.es/ciencia/abci-michio-kaku-militares-deben-demostrar-no-hemos-sido-visitados-extraterrestres-videos-201909082317_noticia.html)
LA LOCANDINA DEL CONGRESSO MONDIALE DI UFOLOGIA DI BARCELLONA
Anche se in Dio il fisico teorico non crede, almeno non in quello cristiano che ascolta le preghiere dei fedeli e compie miracoli. Proprio come il suo illustre predecessore Albert Einstein, anche Kaku quando parla di Dio intende il Dio dell’ordine, dell’armonia, della bellezza, della semplicità e dell’eleganza. «L’universo potrebbe essere brutto, casuale, caotico, ma invece il nostro è un universo ordinato: le leggi della fisica, tutte, stanno scritte su un foglio di carta», dice. Il suo è un approccio agnostico, perché di Dio non si può né provare né confutare l’esistenza. «Dimostrare un negativo è impossibile.»
Nei suoi libri e nelle sue trasmissioni- negli Stati Uniti è un divulgatore scientifico molto noto- dimostra un’ incrollabile fiducia nel progresso e nello sviluppo della tecnologia che ci porteranno a raggiungere mete fino ad oggi considerate fantascientifiche. Un concetto ribadito nell’intervista al quotidiano madrileno: «Ci sono tre tipi di civiltà. Il tipo 1 è quello planetario, nel quale si controllano il clima, i vulcani o i terremoti. Il tipo 2 è stellare: si riesce a usare la potenza di una stella, colonizzare diversi pianeti, controllare il Sole. Poi ci sono le civiltà di tipo 3, quelle galattiche: gestiscono le galassie, viaggiano da una all’altra.» Uno scenario alla Star Trek che per Kaku è invece alla nostra portata, in un tempo relativamente breve, ovvero nel volgere di pochi secoli.
UNA CIVILTÀ DI TIPO 2 RIESCE A SFRUTTARE TUTTA L’ENERGIA DI UNA STELLA
Spiega infatti: «Sulla base della quantità di energia in più che consumiamo ogni anno, possiamo calcolare quanto tempo ci vorrà per diventare una civiltà di tipo 1, 2 o 3. Tra 100 anni, entro il 2100, controlleremo tutto il pianeta. Internet è la prima tecnologia di tipo 1, accidentalmente avvenuta in questo secolo. La lingua planetaria sarà l’inglese oppure il cinese mandarino. Stiamo raggiungendo un’economia planetaria ed esiste già una cultura planetaria, il rock and roll. Tra altri 100 anni saremo stellari e immortali. Nulla di ciò che chiamiamo scienza può distruggere una civiltà di tipo 2. Comete e asteroidi possono essere allontanati. Anche se il sole muore, ci si può spostare in un altro sistema solare. Per raggiungere poi la civiltà di tipo 3, che è galattica, avremo bisogno di ulteriori 100 anni.»
Dalla teoria, alla pratica: perché, nello spazio attorno a noi, quelle forme di civilizzazioni ultra-evolute sarebbero già una realtà. Se davvero provengono da mondi lontani le astronavi che tanti testimoni sostengono di aver visto con i propri occhi, per lo scienziato americano devono appartenere a civiltà di tipo 2 oppure 3, in ogni caso migliaia di anni più avanzate della nostra. Ma è alla domanda più semplice- “perché è venuto al convegno ufologico di Barcellona?”-che Michio Kaku ha dato la risposta più sorprendente: «Per spiegare che l’onere di dover dimostrare l’esistenza della vita al di fuori della Terra non è più a carico di chi ci crede, ma dei militari. Ora abbiamo le prove… Nell’ultimo anno il gioco è cambiato.»
UNO DEI VELIVOLI SCONOSCIUTI RIPRESI DAI PILOTI DELLA MARINA MILITARE
Il fisico teorico si riferisce, ovviamente, all’ammissione da parte della US Navy della frequente presenza di mezzi volanti non identificati intercettati in volo dai propri top-gun. Incontri inquietanti, immortalati in alcuni filmati resi pubblici a partire dal 2017. «I piloti militari hanno documentato con video e immagini oggetti che si muovono fino a 20 volte la velocità del suono, con un’andatura a zig-zag che provoca una forza centrifuga tale da uccidere qualsiasi essere vivente. Non sono palloni, non sono gas, non sono anomalie climatiche e nemmeno un’eco nel radar», dice sicuro. E allora, cosa sono?
Due le possibili spiegazioni: o si tratta di una civiltà extraterrestre di tipo 2 o 3, oppure sono droni ipersonici prodotti da un governo. Un obiettivo perseguito dagli Stati Uniti- che avrebbero poi rinunciato al progetto in seguito a vari incidenti di volo- ma anche dalla Russia e dalla Cina. Come fare per capire la vera origine di questi velivoli misteriosi? Per Michio Kaku, la risposta è lampante, visto che la scienza si basa su ciò che si può comprovare, ripetere o smentire. «Ora che sappiamo che questi mezzi esistono, dobbiamo riprodurli. Se non siamo in grado di farlo, non vengono dal nostro mondo. Non siamo mai arrivati fino a questo punto prima. Adesso, l’onere della prova spetta all’esercito. Dimostrino che non sono i droni ipersonici sui quali lavorano da 15 o 20 anni.»