Attorno a noi, a meno di 50 anni luce, ci sono più di 1500 stelle. E attorno ad esse, orbitano migliaia di pianeti, molti dei quali con una struttura rocciosa e caratteristiche simili a quelle della Terra. Magari, qualcuno potrebbe persino ospitare la vita. Di essi, al momento, non sappiamo nulla, anzi nemmeno abbiamo la certezza che esistano veramente: il 99 per cento di questi esopianeti relativamente vicini non è ancora stato scoperto. Ma tutto sta per cambiare grazie a TESS, il telescopio spaziale della NASA da poco al lavoro sopra le nostre teste.
IL TELESCOPIO CHE LA NASA LANCIATO NELL’APRILE 2018
A parlarne, è un articolo pubblicato online dalla rivista The Conversation e scritto da due astrofisici– Daniel Apai, professore associato dell’Università dell’Arizona, e Benjamin Rackham, ricercatore post-dottorato al MIT di Boston- entrambi convinti che nel giro di pochi anni il Transiting Exoplanet Survey Satellite insieme agli altri telescopi da terra riuscirà a scovare migliaia di mondi per ora ignoti. In questo modo, non solo gli studiosi avranno una comprensione migliore dei pianeti alieni che ci circondano, ma avranno anche dei precisi obiettivi sui quali puntare la loro attenzione – e le loro strumentazioni di ultima generazione- alla ricerca di segni di vita.
In poco più di un anno, TESS ha già identificato oltre 1.200 potenziali corpi planetari: di questi, 29 sono già stati confermati. Considerando l’eccezionale capacità del telescopio spaziale di analizzare in contemporanea decine di migliaia di stelle, gli scienziati pensano che entro la fine della missione il cacciatore della NASA dovrebbe essere in grado di scovare almeno 10.000 nuovi mondi. «Questi sono tempi entusiasmanti per gli astronomi e soprattutto per coloro che indagano sugli esopianeti. Noi siamo membri del Progetto EDEN (Exoearth Discovery and Exploration Network), che collabora con TESS. Usiamo i telescopi a terra e nello spazio per trovare mondi extrasolari, per capire le loro proprietà e il loro potenziale per ospitare la vita», dicono Apai e Rackham.
IL METODO USATO DA TESS PER TROVARE I MONDI ALIENI
Tutti mondi che attendono di essere scovati. Come è successo per Proxima b, il pianeta che orbita attorno a Proxima Centauri- una piccola e insignificante nana rossa, invisibile ad occhio nudo, una degli oltre 100 miliardi di stelle della Via Lattea. Eppure, importantissima per i ricercatori, perché è la più vicina al nostro Sole e sopratutto perché- lo abbiamo scoperto solo nel 2016- illumina e scalda un mondo misterioso e affascinante di cui gli scienziati conoscono ancora pochissimo. «Questo pianeta non è mai stato visto da un telescopio. Ma sappiamo che esiste a causa della sua attrazione gravitazionale sulla stella ospite, che la fa oscillare leggermente. Proxima b ha molto probabilmente una composizione rocciosa simile a quella terrestre, ma di massa superiore.
Riceve circa la stessa quantità di calore che la Terra riceve dal Sole. E questo è ciò che rende questo pianeta così eccitante: si trova nella zona “abitabile” e potrebbe avere proprietà simili a quelle della Terra, come una superficie, acqua liquida e – chi lo sa? – forse anche un’atmosfera che porta i segni chimici rivelatori della vita». A dircelo, potrebbe essere proprio TESS, che scandaglia lo spazio usando il metodo del transito- ossia rilevando i minimi cali di luminosità di una stella al passaggio di un pianeta. Con questo sistema, a differenza di quello basato sull’oscillazione stellare, gli astronomi riescono a calcolare anche la dimensione del corpo in orbita che può essere ulteriormente studiato per determinarne la densità e le composizioni atmosferiche, tutte informazioni preziose per stabilire la compatibilità con la vita.
UNA RESA ARTISTICA DI PROXIMA B ACCANTO ALLA TERRA
I candidati preferiti dai ricercatori sono i piccoli esopianeti in orbita attorno a nane rosse– stelle con masse pari a circa la metà di quella del Sole. «Ognuno di questi sistemi è unico», spiegano Apai e Rackham. «Ad esempio, LP 791-18 è una nana rossa a 86 anni luce dalla Terra attorno alla quale TESS ha trovato due mondi. Il primo è una “super-Terra”, un pianeta più grande del nostro, ma probabilmente ancora per lo più roccioso, e il secondo è un “mini-Nettuno”, un pianeta più piccolo di Nettuno ma ricco di gas e ghiaccio. Nessuno di questi pianeti ha equivalenti nel nostro sistema solare».
Finora il telescopio non ha trovato delle repliche perfette della Terra. Uno dei favoriti degli astronomi- LHS 3884b- si è rivelato un mondo infernale: dai dati di Hubble, risulta privo di atmosfera e con temperature che passano da 700 °C a mezzogiorno fino allo zero assoluto (-460 Fahrenheit) a mezzanotte. Probabilmente, i gemelli terrestri si nascondono vicino alle stelle più fredde, quelle con temperature di circa 2700 °C. Ma proprio l’estrema debolezza di questi astri rende la ricerca complicata, soprattutto per TESS e per i suoi piccoli quattro obiettivi con un diametro di 10 centimetri. Dove fallisce il telescopio spaziale, però, spesso hanno successo quelli terrestri, dotati di ottica e lenti molto più potenti.
IL NOSTRO SOLE PARAGONATO AD UNA NANA ROSSA
Come nel caso del sistema solare TRAPPIST-1, scoperto dall’omonimo telescopio posizionato a La Silla, nel deserto cileno di Atacama. Scansionando le più flebili tra le nane rosse alla ricerca di infinitesimali cali di luminosità, lo strumento utilizzato da un’equipe di astronomi belgi ha individuato il passaggio di ben sette pianeti di dimensioni più o meno simili a quella della Terra attorno a questa stella ultra-fredda a circa 40 anni luce da noi. Sulla scorta di questo precedente, ora una serie di telescopi posizionati in diversi Paesi (uno anche in Italia), coordinati dai progetti EDEN e SPECULOOS, come tanti occhi elettronici sempre puntati al cielo osservano continuamente le nane rosse alla ricerca dei mondi di dimensioni terrestri che transitano davanti ad esse.
IL SISTEMA SOLARE TRAPPIST-1
Le scoperte, nel prossimo decennio, dovrebbero moltiplicarsi. Entro il 2025, TESS dovrebbe trovare tra i 10 mila e i 15 mila potenziali esopianeti. Entro il 2030, i ricercatori ne prevedono 20-35 mila dalle missioni GAIA e PLATO dell’ESA. Tra tutti, quelli più speciali saranno quelli a minor distanza da noi. «Molti di questi mondi possono essere studiati nei minimi dettagli, inclusa la ricerca di segni di vita», concludono Daniel Apai e Benjamin Rackham. «Le scoperte dei mondi più vicini rappresentano anche i principali passi del progresso dell’umanità nell’esplorazione dell’universo in cui viviamo. Dopo aver mappato il nostro pianeta e quindi il sistema solare, ora passiamo ai sistemi planetari vicini. Forse un giorno Proxima b o un altro mondo che gli astronomi devono ancora trovare sarà l’obiettivo di sonde interstellari o persino di astronavi con equipaggio. Ma prima dobbiamo metterli su una mappa».