Già il titolo suscita più di una curiosità: “Gli dèi baltici della Bibbia- L’Israele che non ti aspetti”. Il libro, scritto a quattro mani da Mauro Biglino e Cinzia Mele, di sicuro stuzzica la fantasia del lettore guidandolo in un viaggio a ritroso nel tempo e a spasso per l’Europa del Nord ricostruendo scenari e vicende dell’Antico Testamento in un contesto non previsto: per l’appunto, l’area del Baltico. Di Mauro Biglino sappiamo più o meno tutto: traduttore dell’ebraico masoretico, esperto di storia delle religioni, è convinto che la Bibbia sia un testo storico che non parla di Dio, ma di un gruppo di potenti dominatori (dalla natura tutta da appurare) adorati e venerati come divinità in epoche antiche. Cinzia Mele è invece un nome nuovo per gli appassionati del settore: piemontese del Verbano, è sottoufficiale della Polizia di Stato e ricercatrice indipendente in ambito storico-documentale, con particolare interesse per i racconti mitologici da lei ritenuti fonte di informazioni utili alla comprensione della reale storia dell’umanità.
Innanzi tutto vorremmo conoscerla un po’… Come nasce il suo interesse per questa materia? Nello specifico, come e perché ha iniziato a studiare la tradizione finnico-nordica in questa chiave “alternativa”?
L’interesse per il Nord Europa e per i suoi intrecci con il testo biblico è nato a seguito dell’individuazione in territorio finlandese delle due aree boschive di Sodoma e Gomorra che, con i loro nomi così “fuori contesto” hanno suscitato in me la curiosità di conoscere il motivo per cui qualcuno avesse così chiamato quei luoghi. Per avere chiarimenti in merito, a suo tempo presi contatti con l’istituto di toponomastica finlandese secondo il quale, pur non avendo alcuna notizia sui tempi e sugli artefici di tale stranezza, la denominazione di Sodoma e Gomorra è ispirata alla Bibbia.
Grazie al link del sito di toponomastica, gentilmente ricevuto insieme alle informazioni richieste, in poco tempo ho potuto individuare decine e decine di toponimi identici o molto assonanti con località bibliche o connesse all’antico Egitto, cito a titolo di esempio il fiume Giordano, la valle del Giordano, il deserto del Sinai, il fiume Kidron, il fiume Nilo; successivamente l’ area di interesse si è allargata a tutti i territori che si affacciano sul mar Baltico dove analogamente si palesavano luoghi geografici “gemelli” di quelli mediterraneo-mediorientali.
Gli stupefacenti parallelismi tra Nord Europa e area mediterraneo-mediorientale richiedevano una spiegazione e ho quindi ampliato il campo di ricerca prendendo in esame le opere di storici antichi quali Tacito, Plinio il Vecchio, Diodoro Siculo, racconti mitologici radicati nel Nord Europa, rinvenimenti archeologici, risultati di recenti ricerche genetiche e climatiche. Il quadro che è venuto a delinearsi ha reso lecito e doveroso chiedersi quale sia la reale relazione tra toponomastica baltica e testo biblico.
Come sono nate l’idea di questo libro e la collaborazione con Mauro?
Da molti anni seguo il lavoro di Mauro, che con i suoi studi ha reso evidente quanto il contenuto del testo biblico sia distante, o sarebbe meglio dire, estraneo a quello che la tradizione racconta. Quando mi sono resa conto dei concreti e mai evidenziati parallelismi geografici tra il Nord Europa e geografia biblica ho preso contatti con Mauro condividendo i primi risultati della ricerca che sono stati via via approfonditi. L’idea di scrivere un libro sull’argomento è stata la naturale conseguenza del nostro stupore di fronte ad una situazione sotto gli occhi di tutti, ma mai colta precedentemente e che offre una chiave di interpretazione inedita del testo biblico.
In sintesi, qual è la tesi di fondo che il libro vuole portare all’attenzione del lettore?
Allo stato attuale direi che siamo ancora nel campo delle ipotesi. Il libro, così come i precedenti lavori di Mauro, mette ancora una volta in evidenza come la Bibbia contenga informazioni da tenere in considerazione nello studio della storia che non necessariamente deve aderire ai modelli storici attualmente riconosciuti; nello specifico questa ricerca evidenzia come la domanda sul dove siano ambientati gli eventi narrati dall’Antico Testamento non può più avere una risposta scontata. Tale ipotesi trova sostegno anche, ma non solo, nei siti archeologici dislocati in area baltica menzionati nel libro: il campo di battaglia del Tollense, la tomba di Kivik e la città di Bjastamon sono infatti inspiegabili e “fuori contesto” se consideriamo quest’ultimo secondo l’attuale visione storica, ma straordinariamente in armonia con quello che la Bibbia racconta.
Quale è stato il momento- se c’è stato- in cui vi siete resi conto di queste strane “sovrapposizioni” tra il testo biblico e la geografia scandinava?
Sono rimasta sbalordita sin dal primo momento nel constatare quanto i passi della Genesi che descrivono nel dettaglio l’area di Sodoma corrispondessero in ogni particolare alla realtà geografica della relativa area finlandese che, così come recitano i passi biblici, “è irrigata da molte parti”, è contraddistinta dalla presenza di canali per il trasporto del catrame, del fiume e della valle del Giordano e di altri particolari che non cito per brevità. Successivamente con Mauro abbiamo preso in esame altri passi biblici e il “meccanismo” si è ripetuto.
Un ulteriore esempio tra i tanti possibili riguarda le vicende del re Giosafat il quale ”costruì navi di Tarsis per andare ad Ofir ma non ci andò perché le navi si sfasciarono ad Asion Ghaver”. Nell’area baltica la toponomastica ha consentito di tracciare una rotta in cui sono presenti le tre località e il luogo del naufragio identificato in Asjon-Kvar corrisponde ad un tratto di mare del golfo di Botnia particolarmente insidioso dove giacciono innumerevoli relitti di navi molto antiche.
Non solo le località bibliche sono presenti con i relativi nomi nell’area baltica, ma il contesto in cui sono inserite è straordinariamente coerente con la logica del racconto. Vale la pena precisare che se Sodoma e Gomorra, in Medioriente, “sfuggono ad ogni identificazione” anche Asion Ghaver non è mai stata individuata e la sua ipotetica collocazione nei pressi della città di Elat minimizza la possibilità che in quel luogo possa essere avvenuto un naufragio. E lo stesso si può dire per ulteriori numerose località che mancano all’appello nei luoghi tradizionali.
Avete avuto la consulenza di linguisti o di esperti di finlandese?
Nella fase iniziale ho consultato esperti in lingua finlandese, ma poi ho preferito rimandare ad un prossimo lavoro gli approfondimenti specifici che non riguardano solo la lingua finlandese, ma anche i dialetti sami e l’antica lingua germanica.
Le corrispondenze non solo fonetiche ma negli stessi significati che i dizionari attribuiscono ai termini e quindi ai toponimi finlandesi sono talmente evidenti che non richiedono alcuna interpretazione, per cui quello che ci interessava era per il momento porre all’attenzione del largo pubblico questa realtà. Gli approfondimenti necessari seguiranno anche alla luce di nuovi elementi che stanno sorgendo sempre più stupefacenti mentre proseguiamo nel lavoro di preparazione di altro materiale che invieremo agli studiosi accademici potenzialmente interessati e che già conosciamo.
Entrando nel merito della ricerca, che peso ha avuto il lavoro condotto alcuni anni fa da Felice Vinci che ha individuato un parallelismo tra i testi omerici e la regione più a nord del continente?
Il processo di conoscenza si avvale delle acquisizioni di chi ci precede e in questa ottica “Omero nel Baltico” ha aperto una strada che si è rivelata percorribile anche per quanto riguarda le vicende bibliche. I riferimenti del libro della Genesi agli “eroi dell’antichità” frutto dell’unione dei figli degli Elohim e delle figlie degli uomini sembra essere un preciso riferimento proprio agli eroi omerici che Felice Vinci colloca in area baltica. A questo proposito vale la pena sottolineare che nel 2015 lo studio condotto da Felice Vinci ha ottenuto un prestigioso riconoscimento dal mondo accademico attraverso la pubblicazione di un numero monografico della Rivista di Cultura Classica e Medioevale interamente dedicato all’ origine nordica dell’Iliade e dell’Odissea.
Inoltre non dobbiamo dimenticare che lo stesso Mauro, in due libri pubblicati da Mondadori (La Bibbia non parla di Dio e Il falso testamento), ha messo in evidenza lo straordinario parallelismo che esiste tra gli Elohim biblici e i Theoi omerici dal punto di vista delle loro attitudini personali, delle modalità di azione, della tecnologia di cui disponevano… pertanto i collegamenti evidenziati in Gli dèi baltici della Bibbia uniti al lavoro di Felice Vinci si fanno ancora più stringenti in questa sorta di inattesa triangolazione che si è andata formando sotto i nostri occhi.
Premetto che il vostro libro mi ha molto affascinato e intrigato, ma mi ha lasciato qualche dubbio. Ad esempio, per quanto riguarda la toponomastica biblico-baltica, perché ritenete che non si possa trattare di pure coincidenze oppure di successive denominazioni, ispirate proprio dalla lettura della Bibbia da parte di quelle popolazioni del nord? Avete datato la comparsa di questi nomi geografici in Finlandia, Svezia e Norvegia? Insomma, sono le fonti della Bibbia o sono derivati da essa?
La pura coincidenza potrebbe spiegare la presenza di pochi toponimi oppure di molti toponimi dislocati a caso, invece quelli rinvenuti (dei quali solo una parte è confluita nel libro) sono estremamente coerenti con la narrazione biblica, lasciando presupporre che il motivo della loro esistenza necessiti di una spiegazione diversa dalla mera casualità. Ma, come sempre, ovviamente il libro lascia la porta aperta al dubbio che è il vero motore di ogni attività di ricerca.
Per quanto riguarda la seconda parte della domanda, ritengo tale possibilità alquanto improbabile: dovremmo ipotizzare che, di comune accordo, popoli o regnanti di Danimarca, Svezia, Norvegia, Finlandia, Russia ed Estonia si siano coalizzati per ricreare un mondo biblico nordico, che comprende anche località del tutto insignificanti dal punto di vista della “propaganda” essendo ai più sconosciute (cito ad esempio Kue, Sartan, Corma). Inoltre non si capirebbe per quale motivo dare visibilità attraverso la toponomastica a luoghi che ricalcano i nomi delle divinità fenicio-cananee avverse al dio unico della Bibbia. E, aggiungo, non si spiegherebbe nemmeno per quale motivo gli stessi popoli, con analogo meccanismo, abbiano voluto nominare altri e numerosi luoghi geografici ispirandosi all’antico Egitto, all’ Iliade e all’Odissea.
In merito ad eventuali datazioni, per il momento non è stato possibile trovare riscontri che consentano di collocare nel tempo la toponomastica baltica. L’unico caso è quello dei monti Rifei, sede degli Iperborei di cui si parla in epoche che precedono di molti secoli l’imposizione della religione cristiana in Nord Europa. Tali monti si collocano sulla dorsale scandinava dove è presente anche il monte Rapheia, identificato con Rafa, personaggio-territorio biblico legato ai giganti Refaim in merito ai quali sono presenti in Svezia numerose località identiche a quelle citate nel testo biblico oltre al sito archeologico di Kivik. Poiché tali toponimi sono tutti tra loro connessi, si intravede la concreta possibilità che la loro presenza sia antecedente l’introduzione del cristianesimo.
Per quanto riguarda la collocazione della toponomastica in tempi più remoti, la Finlandia esce dalla preistoria verso il 1100 d.C. e nel resto del Nord Europa le prime, brevi scritte runiche risalgono al 3-400 a.C. Possiamo solo sperare che nel futuro l’archeologia ci riservi delle sorprese. Tengo a precisare che la città di Kemi, omonima dell’antico nome dell’Egitto, ufficialmente è stata fondata alla fine del 1800, ma tale informazione reperibile sui libri di storia è perlomeno fuorviante, dal momento che Kemi viene già citata due secoli prima dal finlandese Daniel Juslenius, (vescovo di Turku e docente di lingue antiche, famoso per i suoi studi sulle connessioni tra lingua finlandese, greco ed ebraico e il cui lavoro è citato nel libro).
Parliamo dell’esodo degli Ebrei: voi sostenete che i nomi del testo biblico si adattano molto meglio alla geografia e alla toponomastica di queste aree del nord, piuttosto che al Sinai egiziano. Ammesso che -davvero- le vicende di Mosè e del suo popolo vadano collocate dove dite voi, come spiegare- comunque- che questo viaggio sia durato 40 anni? Se la Bibbia è un testo storico, anche questo dato deve essere veritiero e va giustificato. Il tragitto indicato dal Libro dell’Esodo è invece percorribile in pochi mesi a piedi, anche nel Baltico.
Il perché l’esodo duri molti anni si capisce chiaramente leggendo la Bibbia: quando Yahweh prospetta a Mosè la liberazione degli Israeliti dalla schiavitù egiziana e un nuovo futuro nella terra di Canaan, in quest’ultima erano già stanziati “il Cananeo, l’Ittita, l’Amorreo, il Perizzita, l’Eveo, il Gebuseo” e gli Israeliti escono dall’Egitto armati di spada. I 40 anni dell’esodo non sono giustificati dalla lunghezza dell’itinerario, ma dalla necessità che Yahweh e Mosè avevano di costruire un esercito, di allevare cioè una generazione di combattenti diversa da quella uscita dall’Egitto (operazione che richiese ovviamente diversi anni) e dalle numerose battaglie che gli Israeliti dovettero combattere per sottrarre gli ambiti territori ai popoli che già li occupavano.
La presenza delle tribù ebraiche in Palestina e nel bacino mediorientale è suffragata da moltissime scoperte archeologiche almeno dall’VIII secolo a.C. Se davvero nel 1400 a.C. si muovevano nella penisola scandinava, quando sono emigrati verso il sud? Perché di questa migrazione di massa non c’è traccia nella Bibbia (libro di storia, secondo la vostra visione) né nel ricordo di un popolo legatissimo alla propria tradizione?
Se ci atteniamo al testo biblico, dovremmo aspettarci reperti ben più antichi, perché già nel libro della Genesi vengono citati i territori dei Filistei unanimemente definiti “anacronistici” dagli studiosi; infatti i primi insediamenti Filistei nel mediterraneo risalgono al 1200 a.C. e Asdod, una delle città della pentapoli, risale addirittura all’VIII sec. Quindi possiamo dire che non è esistita una pentapoli filistea fino a quella data, benché sia citata nell’Antico Testamento già in tempi antecedenti di parecchi secoli.
Dobbiamo quindi dedurre o che la Bibbia sia inaffidabile dal punto di vista storico oppure che luoghi e popoli citati a cui fa riferimento si trovassero altrove e, come già detto, il dubbio lascia il campo aperto alle ipotesi in una materia così nuova. Per quanto riguarda la migrazione “di massa” non abbiamo elementi per affermare che sia avvenuta e non è indispensabile ipotizzarla. Nell’Antico Testamento c’è un momento che sancisce la frattura tra un “prima” e un “dopo”: si tratta dell’Esilio Babilonese, che non interessò la totalità della popolazione e di cui io e Mauro ci stiamo occupando in questo periodo, per cui al momento preferisco non scendere nei particolari.
Stupisce anche la collocazione nordeuropea per una terra universalmente collocata in Africa- ovvero l’Egitto con la sua cultura millenaria… Cosa la giustifica? Quali sono le prove archeologiche o scientifiche che vi inducono a ritenere fondata la vostra ipotesi?
I reperti archeologici rinvenuti in Inghilterra, Irlanda e Danimarca, di cui si parla nel libro, sono stati classificati dagli studiosi come reperti dell’antico Egitto mentre l’ambra rinvenute nelle tombe egiziane, in tempi relativamente recenti, è stata classificata con l’esame spettrometrico a raggi infrarossi come ambra baltica. E questi elementi sono già un segnale del fatto che il Nord Europa e l’area mediterranea fossero in stretto contatto tra loro già in tempi remoti. Recenti indagini genetiche hanno inoltre sancito che parte della classe regnante egiziana condivide lo stesso Dna dei popoli dell’Europa occidentale ed è contraddistinto da fenotipo tipicamente nordico.
Alle recenti scoperte della scienza si aggiungono le notizie provenienti da storici antichi come Diodoro Siculo, ampiamente citato nel libro, o Tacito che nella sua Germania fa riferimento alla dea Iside, in quelle terre venerata. Ora, tenuto conto di tutte queste informazioni è perlomeno legittimo chiedersi: dove erano dirette le misteriose missioni commerciali verso la “leggendaria” terra di Punt, dagli antichi Egizi definita “Ta Netjer”, cioè terra degli avi? Quali sono le possibili collocazioni della terra degli avi di genti alte e con capelli rosso-biondi? Possiamo ipotizzare che l’enigma ad oggi irrisolto possa trovare delle risposte nel Nord Europa ed in particolare in Finlandia nella cui toponomastica sono presenti nomi di luoghi egiziani?
Come si integra la vostra “visione baltica” con l’idea- da sempre portata avanti da Mauro Biglino- della presenza di un gruppo di dominatori-condottieri esponenti di una civiltà avanzata? L’El chiamato Yahwè era forse un signore del Nord?
Dalla ricerca emerge che i “figli di Dio” cioè i figli degli Elohim si possono identificare con gli dèi Asi della mitologia norrena che lo studioso islandese Snorri ritiene essere una stirpe di regnanti provenienti dall’ Oriente. Potremmo quindi ipotizzare che Yahweh, insieme ad altri Elohim/Asi era uno tra i molti che cercavano di imporre il proprio dominio al Nord e non solo. Inoltre, il collegamento tra gli studi di Vinci sulle possibili origini di Roma (citati nel libro) e gli apporti del Prof. Corrias (anche questi presenti nel libro) rimandano quanto meno alla possibilità di formulare quelle ipotesi su eventuali origini “nordiche” che abbiamo descritto nell’ultimo capitolo.
Nel libro, affermate che la vostra ricerca è appena all’inizio e che quanto scritto è una piccola percentuale di quanto avete scoperto… Ci può accennare a qualche altro elemento- in via di studio da parte vostra e di futura pubblicazione- che suffragherebbe ulteriormente l’ipotesi baltica?
Come ho già accennato prima, la ricerca continua. La Bibbia offre innumerevoli spunti e in questo primo lavoro volutamente non abbiamo trattato il tema del diluvio, le vicende di Abramo e quelle legate all’esilio babilonese che potrebbero essere argomento di future pubblicazioni o integrazioni all’attuale. Posso dire che alcuni dei nuovi elementi contengono risposte che si presentano quanto mai coerenti a domande e dubbi che l’esegesi biblica classica lascia attualmente irrisolti e che riporta come tali anche nelle annotazioni inserite nelle Bibbie attualmente pubblicate.
Molto onestamente, affermate che le domande che la vostra teoria solleva sono molto più numerose delle risposte: quali sono, a suo avviso, gli interrogativi più importanti, le questioni aperte più urgenti da risolvere?
Innanzitutto va detto che, data la novità del tema e di quanto esso mette in evidenza, non potrebbe essere diversamente. Le numerose domande che poniamo singolarmente non sembrano trovare risposta, tuttavia prendendo in considerazione con la chiave di lettura “nordica” non solo il racconto biblico, ma anche altre informazioni provenienti dai racconti cosiddetti “mitologici”, si intrecciano tra loro senza ingarbugliarsi ulteriormente, offrendo invece un quadro chiaro e coerente che converge anche dal punto di vista geografico. Scopriamo così che giganti biblici e quelli della mitologia nordica condividono identici nomi e territori, così come gli Iperborei e gli altrettanto longevi patriarchi biblici.
Le suggestioni che rendono lecito ipotizzare una collocazione nordica degli episodi biblici sono molte e convergenti, eppure trovare “prove” che possano confermare il quadro non è questione di poco conto e richiederà anni di studi in ogni campo. Per contro, sebbene fino ad oggi nessuno abbia mai messo in dubbio che le vicende bibliche siano avvenute o siano comunque ispirate ai territori mediterraneo-mediorientali, occorre dire che non solo non ci sono certezze in merito, ma taluni storici ed archeologi hanno messo in evidenza come sia impossibile conciliare il racconto biblico con la realtà.
Avete mostrato gli esiti delle vostre ricerche a storici, archeologi, egittologi o biblisti? Siete a conoscenza di reazioni o commenti da parte loro– e se sì, quali sono state?
La ricerca è stata pubblicata da poco tempo e non si è ancora presentata l’occasione per un confronto che, come già detto, faremo non appena avremo terminato la seconda fase della ricerca che stiamo conducendo: vogliamo fornire all’esame degli accademici materiale quanto più completo, coerente e documentato possibile.