Una catastrofe globale, in un’epoca in cui non esistevano scrittura e altre forme di comunicazione, riemerge dal passato grazie al lavoro certosino di un’equipe di studiosi. Una catastrofe talmente sconvolgente da aver cancellato le nascenti civiltà del tempo e da aver provocato un’estinzione di massa. Le ultime prove a conferma di quella che fino ad oggi è stata spesso considerata una teoria ancora da dimostrare arrivano dalla Siria, da un antico insediamento risalente all’ XI millennio a.C.
UN IMPATTO COSMICO HA PROVOCATO UN’ESTINZIONE DI MASSA?
Il luogo è Abu Hureyra, un villaggio che sorgeva non distante dal fiume Eufrate. Qui, circa 12.800 anni fa, secondo gli archeologi un gruppo di nomadi si era stanziato incominciando a coltivare la terra: negli anni ’60 del secolo scorso sono stati molti i reperti scoperti in questa area- avanzi di cibo, strumenti di lavoro e anche resti di abitazioni. Poi, a partire dal 1973 il sito archeologico è scomparso, sommerso dal lago artificiale creato dalla diga di Taqba, costruita lungo il corso del grande fiume mediorientale per portare l’energia elettrica anche in questa zona rurale della Siria.
Ora, un’analisi dettagliata di quanto rinvenuto in quegli scavi pre-diga sta riscrivendo la storia di questo piccolo insediamento e- insieme- del mondo intero. Perché sulle granaglie, sulle ossa di animali, sui muri di Abu Hureyra è stato trovato del vetro fuso che si forma a temperature estremamente elevate. Temperature che gli uomini del tempo non erano in grado di produrre e che solo un fenomeno naturale molto violento poteva provocare: l’eruzione di un vulcano, ad esempio, un fulmine oppure un meteorite o un impatto cosmico altrettanto devastante.
IL SITO ARCHEOLOGICO, NELL’ODIERNA SIRIA
«Per dare un’idea, temperature del genere avrebbero potuto sciogliere completamente un’automobile in meno di un minuto», afferma James Kennett, professore emerito di geologia dell’Università della California di Santa Barbara, uno dei 14 autori dello studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports. Come riporta il sito Phys.org, sulla base del materiale recuperato decenni fa dagli archeologi, gli esperti di questo team di ricerca internazionale si sono convinti che Abu Hureyra sia il primo sito al mondo a testimoniare gli effetti diretti dell’impatto su un insediamento umano di un frammento arrivato dallo spazio.
Queste schegge si sarebbero prodotte dopo l’ingresso nella nostra atmosfera e la conseguente esplosione di una cometa. L’evento sarebbe accaduto alla fine del Pleistocene causando quel periodo geologico noto come “Dryas Recente”, compreso tra 12.800 e 11.500 anni fa: una specie di mini era glaciale durante la quale nell’emisfero settentrionale ci fu un improvviso ritorno ad un clima rigidissimo, in netto contrasto con il riscaldamento innescato dalla deglaciazione. Durante il Dryas Recente scomparvero molte specie vegetali e molti animali, soprattutto quelli più grandi come il mammut, il cavallo e il cammello americano. Ma sparì repentinamente anche la cosiddetta “Cultura Clovis” sorta nel territorio degli attuali Stati Uniti.
I RESTI DI UN’ABITAZIONE DEL VILLAGGIO DI ABU HUREYRA
«Le nostre nuove scoperte rappresentano la prova più forte di temperature estremamente intense che potevano essere associate solo ad un impatto cosmico», ha dichiarato Kennett. Abu Hureyra si trova al margine più orientale di quello che è noto in inglese come “Younger Dryas Boundary”, il perimetro del Dryas Recente che include più di una trentina di siti sparsi nelle Americhe, in Europa e in Medioriente. In tutti questi luoghi, i ricercatori hanno trovato tracce di incendi molto massicci e rinvenuto uno strato scuro, formato da materiale organico ricco di carbone, nel quale è presente un’alta concentrazione di minuscole sfere di platino e di altri metalli, oltre che nanodiamanti.
Tutti ritrovamenti che si spiegano con un improvviso e drammatico aumento della temperatura provocato da un evento straordinario come, appunto, lo schianto di un corpo proveniente dallo spazio che avrebbe innescato un periodo glaciale durato 1200-1300 anni. Questa ipotesi- come abbiamo detto prima- non è condivisa: la maggior parte degli esperti attribuisce questo capovolgimento climatico avvenuto alla fine del Pleistocene a cause naturali. Da anni invece James Kennett segue la pista dell’impatto cometario e come un segugio va a caccia di tutti i possibili elementi a sostegno della sua tesi. E ne ha trovati già molti. Uno dei possibili punti di impatto si troverebbe ora sotto il ghiaccio della Groenlandia- un cratere lungo ben 31 km.
L’AREA NELLA QUALE SI CONCENTRANO PRINCIPALMENTE I RITROVAMENTI DEL DRYAS RECENTE
Un altro, a suo avviso, sarebbe Pilauco Bajo, in Cile. Anche qui, le analisi del terreno hanno mostrato la presenza di sferule metalliche microscopiche, prodotte dalla fusione delle rocce ad altissime temperature. Si trovavano in uno strato con elevate concentrazioni di platino, di oro e di particelle di ferro tellurico estremamente rare in natura. Se l’ipotesi di Kennett è fondata, vuol dire che quella catastrofe fu davvero globale, perché colpì anche l’emisfero australe e non solo quello settentrionale. Insomma, nessuno si salvò: i frammenti di quella cometa colpirono il pianeta come giganteschi proiettili infuocati, ovunque.
Mandarono in fumo milioni di ettari di boschi, sterminarono la megafauna, uccisero chissà quanti dei nostri antenati, come nel villaggio vicino all’Eufrate, praticamente annientato dall’impatto. Secondo il geologo californiano, o il frammento toccò terra in questo punto oppure esplose a distanza ravvicinata nell’atmosfera, investendo il terreno con una terrificante onda di calore che sciolse tutto in pochi istanti. Il vetro è stato analizzato dal punto di vista della composizione chimica, della struttura, della temperatura di formazione, delle caratteristiche magnetiche: include minerali ricchi di cromo, ferro, nichel, solfuri, titanio, platino e iridio, fusi a temperature superiori ai 2.200 C° .
I FRAMMENTI DI COMETA AVREBBERO COLPITO LA TERRA COME PROIETTILI INFUOCATI
«I materiali fondamentali sono estremamente rari a temperature normali, ma è comune trovarli durante eventi da impatto», ha detto Kennett. Nell’articolo si afferma che il vetro fuso si sarebbe formato dalla vaporizzazione quasi istantanea di biomasse, suolo e depositi di detriti alluvionali, seguita da un raffreddamento istantaneo. Visto che il materiale trovato in Siria è molto simile a quello degli altri siti, gli studiosi ritengono più probabile che i diversi luoghi d’impatto siano stati prodotti dalla medesima cometa spezzata in più parti e non da singoli asteroidi. Tutti quei siti testimonierebbero dunque una tragedia di livello planetario che seminò morte e panico, ma alla quale l’Umanità dei tempi antichi seppe reagire per rialzarsi più forte di prima.