Piloti capaci, che hanno migliaia di ore di volo alle spalle; gente esperta, che gode della stima di colleghi e superiori; professionisti seri, che hanno tutto da perdere – la credibilità, la faccia, persino la loro stessa carriera – nel dichiarare pubblicamente di aver incontrato tra le nuvole un UFO. È questo l’identikit-tipo dei testimoni ad alta quota. Lo ritroviamo anche nei protagonisti di un altro avvistamento molto interessante che coinvolse il 9 agosto 1997 l’equipaggio di un Boeing 747 della Swissair: il comandante e il suo primo ufficiale rischiarono l’impatto con un oggetto luminoso di forma cilindrica che sfiorò addirittura la cabina di pilotaggio ad altissima velocità. È forse uno dei casi più studiati, visto che sull’episodio indagarono il National Transportation Safety Board, la Federal Aviation Administration e persino l’FBI, senza contare che a rendere nota in tutto il mondo la notizia fu l’agenzia di stampa Associated Press e che, ancora una volta, le trascrizioni delle registrazioni intercorse tra l’aereo e la torre di controllo sono state diffuse.
Dunque, in quel pomeriggio di agosto, con cielo terso e perfetta visibilità, il volo 127 era decollato dall’aeroporto internazionale di Philadelphia diretto a Zurigo, via Boston. Poco dopo le 17 il Boeing della Swissair stava sorvolando l’aeroporto Kennedy di New York: in cabina c’erano il capitano Philip Bobet, il copilota Kurt Grunder e il tecnico di bordo. Bobet lasciò i comandi a Grunder, prese il microfono e rivolse ai passeggeri le classiche frasi di benvenuto, indicando a destra e a sinistra quello che potevano ammirare dai loro finestrini, mentre il collega regolava l’audio. Tutto tranquillo, tutto da routine. Ma alle 17:07 entrambi i piloti, nello stesso istante, videro qualcosa che non si sarebbero mai aspettati di vedere e che li turbò. Pochi secondi dopo, ancora scosso, il comandante chiamò il Centro di controllo del traffico aereo (ATC, la sigla in inglese) di Boston per chiedere chiarimenti.
ATC: «Swissair, avanti».
SW: «Sì signore. Non so cosa fosse, ma è volato ad appena poche centinaia di piedi sopra di noi, non so se fosse un missile o cos’altro. Ma era incredibilmente veloce. In direzione opposta».
ATC: «In direzione opposta?».
SW: «Sì signore… era troppo veloce per essere un aeroplano».
Alla richiesta di ulteriori dettagli, il pilota aggiunse: «Non abbiamo avuto avvisaglie. Era troppo veloce. Era proprio sopra di noi, in direzione opposta. Non so, 200, 300, 400 piedi sopra (60, 90, 120 metri). Tutto quello che posso dire è che tre di noi hanno visto un oggetto bianco. Era bianco e molto veloce». Sul radar non era apparso alcun target, così l’addetto della torre di controllo di Boston contattò altri velivoli nella stessa area, senza trovare conferme. Si rivolse anche al collega in servizio in un altro settore radar, dicendogli: «Hey Chris, quel volo 127 della Swissair ha avuto un UFO o un missile o qualcos’altro che lo ha quasi colpito quando era nel mio spazio aereo».
Un near miss, una collisione sfiorata, che rese l’indagine inevitabile. Anzi, gli uffici di Boston entrarono in fibrillazione quando il Boeing era ancora in volo. Allertarono subito la FAA che, a sua volta, avvisò l’FBI e l’NTSB. Ogni agenzia inviò a Boston un suo rappresentante per interrogare – separatamente – i due piloti. Tanta solerzia non deve stupire: l’anno prima, il 17 luglio 1996, un volo TWA era esploso poco dopo il decollo da New York, su Long Island. Nessuna delle 230 persone a bordo era sopravvissuta. Le indagini avevano stabilito che a provocare il disastro era stato lo scoppio del serbatoio centrale, scoppio innescato da una fonte sconosciuta, forse un corto circuito mai del tutto accertato. Ma le voci relative a un missile sparato per errore da una portaerei americana o da un gruppo terroristico continuarono a circolare a lungo negli ambienti dell’aviazione civile.
Quando il 10 agosto 1997 Bobet e Grunder atterrarono a Zurigo, incontrarono subito i responsabili della sicurezza di Swissair e il capitano stilò un rapporto sull’accaduto. Ecco cosa si legge sul documento ufficiale: «(…) Nel momento in cui giravo la testa da sinistra (guardando New York) diritto davanti a me (verso il muso dell’aereo) e mentre stavo parlando ai passeggeri, ho notato un Oggetto Volante Non Identificato- UFO. La traiettoria dell’UFO era dalla direzione opposta, lievemente a destra. Distanza orizzontale stimata: tra il posto del primo ufficiale e il motore #3, distanza verticale tra i 100 e i 200 piedi sopra il velivolo (da 30 a 60 metri). Nello stesso tempo, ho visto il primo ufficiale mettere la testa tra le ginocchia. Il primo ufficiale in seguito riferiva che pensava che sarebbe stato colpito dall’oggetto. La velocità dell’UFO appariva molto elevata. L’oggetto era osservato per circa un secondo».
Nel rapporto erano allegate anche le domande che i funzionari americani avevano rivolto a Bobet e a Grunder durante la sosta a Boston: tra le altre cose, avevano chiesto loro anche la forma dell’oggetto. Le risposte dei due piloti erano state discordanti: «Cilindrico, piuttosto lungo, un po’ più piccolo della fusoliera di un monomotore, senza ali, di colore bianco», aveva detto il comandante. «Tondo, ma appariva differente da qualsiasi pallone meteo che abbia incontrato in precedenza. Di colore bianco» secondo il collega. Probabilmente, la diversa percezione dell’oggetto dipendeva dalla sua elevata velocità e dal diverso punto di vista dei due testimoni: uno lo aveva osservato lateralmente, con un angolo di 40/60 gradi, invece il secondo frontalmente. Ma anche questo caso tanto preoccupante, che aveva terrorizzato due piloti esperti, venne presto liquidato dalle autorità competenti.
Dopo appena sei settimane di indagini, il portavoce del National Transportation Safety Board dichiarò che si era trattato di un normale pallone meteo, dato che altri equipaggi ne avevano segnalato uno in zona. Una spiegazione rifiutata con sdegno dal capitano Bobet. Nell’ultima intervista rilasciata prima di chiudersi nel silenzio, concessa a R.J. Durant, il comandante del volo 127 ribadiva la sua versione: l’intruso era più veloce di qualunque cosa avesse mai visto prima, eppure non aveva emesso alcun rumore – come avrebbe dovuto fare, superando la barriera del suono. Ed era completamente bianco, un bianco brillante, luminoso, e di forma allungata. Durant, partendo dai resoconti diffusi dagli enti preposti alla sicurezza del volo, ha cercato di capire se la spiegazione ufficiale fosse credibile e ha trovato molte incongruenze: 1) sopra Boston, i palloni meteo sono di due colori, a seconda del tipo: o neri e rossi oppure marrone chiaro. Mai bianchi; 2) vengono lanciati o alle 7 del mattino o alle 7 di sera e di solito restano in aria per un’ora. Dunque, è impossibile che uno di essi, lanciato quel mattino dalla stazione di Long Island (43 miglia nautiche dal punto dell’avvistamento) fosse ancora in aria alle 17:30 3) uno dei piloti che si trovavano nella stessa area quel pomeriggio ha detto di aver visto il volo Swissair, non il pallone meteo.
Ecco perché Philip Klass ha avanzato un’altra spiegazione: Bobet e Grunder avrebbero visto solo una meteora, una delle tante Perseidi che bruciano nell’atmosfera terrestre proprio ad agosto e per un’illusione ottica l’avrebbero ritenuta molto più vicina di quanto non fosse in realtà. Anche questa ipotesi, però, cozza con una serie di fattori: nel 1997, il picco della pioggia meteorica fu nella notte tra l’11 e il 12 agosto. Per essere vista in pieno giorno, la stella cadente del volo 127 avrebbe dovuto essere molto grande e brillante. E se così fosse, altri osservatori da terra l’avrebbero notata, soprattutto in un’area vasta e densamente abitata come il Midwest. Invece, nel database dell’American Meteor Society, che ogni giorno registra tutte le osservazioni, risulta un solo avvistamento quel giorno – il 9 agosto 1997 – ma alle 9 e mezza della sera ad Alexandria, in Virginia. Insomma, il caso Swissair, ancora oggi, non ha una spiegazione convincente.