La Terra, il migliore dei mondi possibili? Per un crescente numero di astronomi, no. Anzi, nel cosmo esisterebbero luoghi di gran lunga più adatti alla vita- i cosiddetti “pianeti superabitabili”, in grado di supportare flora e fauna ancora più variegate di quelle presenti qui da noi. Una ipotesi formulata, qualche anno fa, dagli astrofisici Renè Heller e John Armstrong, secondo i quali questa categoria di esopianeti – più grandi, più caldi e più antichi della Terra– sarebbero numerosi e si troverebbero in orbita attorno a stelle a metà strada tra le nane rosse e le nane gialle, che si mantengono stabili per un periodo di tempo molto lungo. Adesso un nuovo studio rafforza questa idea.
COSÌ UN ARTISTA HA IMMAGINATO UN PIANETA SUPERABITABILE
Un team di scienziati, guidato dal geobiologo della Washington State University Dirk Schulze-Makuch, ha identificato 24 mondi alieni, a oltre 100 anni luce da noi, con le condizioni più promettenti per ospitare forme di vita complessa dalla ricchissima biodiversità. La ricerca, pubblicata dalla rivista scientifica Astrobiology, potrebbe fornire nuovi obiettivi da indagare in future osservazioni. I telescopi prossimi venturi- dal James Webb Space Telescope della NASA a PLATO dell’ESA– dovrebbero essere puntati proprio in direzione di questi pianeti alla ricerca dei candidati ideali per la vita extraterrestre. «Dobbiamo stare attenti a non rimanere intrappolati nella ricerca di una seconda Terra, perché potrebbero esistere pianeti anche più adatti del nostro alla vita. A volte è difficile trasmettere questo concetto dei pianeti superabitabili perché pensiamo di avere il mondo migliore», ha dichiarato Schulze-Makuch.
Per il loro studio, i ricercatori- tra loro, anche Renè Heller- hanno riesaminato la lista di esopianeti scovati da Kepler, selezionando i potenziali mondi rocciosi collocati nella fascia di abitabilità ma preferendo stelle diverse rispetto al nostro Sole- dalla vita relativamente breve, circa 10 miliardi di anni. L’equipe ha invece puntato l’attenzione sulle stelle di tipo K– un po’ più piccole e fredde del Sole- che hanno una vita lunghissima, fino a 70 miliardi di anni. Un pianeta in orbita attorno a un astro del genere ha tutto il tempo per evolvere e per sviluppare vita complessa. Nello stesso tempo, però, se è troppo vecchio, rischia di aver esaurito il calore endogeno, quello geotermico, e il campo magnetico protettivo. Quindi, a conti fatti, l’ideale sarebbe un mondo con un’età compresa tra i 5 e gli 8 miliardi di anni– la Terra, lo ricordiamo, ne ha poco più di 4.
SONO 24 I POTENZIALI PIANETI SUPERABITABILI APPENA INDIVIDUATI
Importanti, però, anche le dimensioni: un esopianeta con una massa una volta e mezza superiore a quella terrestre dovrebbe conservare il calore interno e l’atmosfera per un periodo di tempo più lungo. Fondamentale, poi, per gli astrobiologi la presenza di acqua, da sempre ritenuta l’elemento chiave. In forma liquida, certo, ma anche sotto forma di nuvole e umidità atmosferica: se un pianeta ne avesse tanta, e con una temperatura superficiale media di 5 °C superiore a quella terrestre, sarebbe l’optimum. Lo vediamo anche da noi: nelle foreste pluviali tropicali, calde e umide, c’è una biodiversità molto più ampia rispetto ad aree più aride o fredde. Per ora, tra i 24 pianeti presi in esame da Schulze-Makuch e colleghi, nessuno soddisfa tutti i criteri per essere considerato “superabitabile”, ma uno di essi possiede quattro caratteristiche ritenute cruciali.
Chissà se riusciremo mai a vederlo, in una foto, come è appena accaduto con Beta Pictoris c, un gigante gassoso grande 8 volte Giove a 63 anni luce da noi, immortalato dal Very Large Telescope dell’European Southern Observatory, in Cile. Un evento straordinario, ma non il primo del genere. Anzi. Negli ultimi anni, grazie al potenziamento delle strumentazioni in uso, sono stati fotografati più volte dei mondi alieni– minuscoli puntini nel vasto spazio nero. Il primo proclama del genere risale addirittura al 1998, agli albori della ricerca degli esopianeti. All’epoca, fu la NASA ad annunciare il colpo messo a segno dal telescopio Hubble: nella costellazione del Toro, a 450 anni luce dalla Terra, aveva scattato l’istantanea di un pianeta gioviano.
I PIANETI IN ORBITA ATTORNO ALLA STELLA BETA PICTORIS FOTOGRAFATI DA VLT
Nel 2004, sempre il VLT dell’ESO aveva catturato l’immagine di un altro enorme mondo gassoso, compagno di una nana bruna, mentre nel settembre 2008 l’astronomo David Lafreniere aveva invece ripreso con il Gemini Observatory quello che sembrava un super-Giove a una distanza impressionante dalla sua stella– ben 330 Unità Astronomiche (cento volte più lontano di quanto lo è Nettuno dal Sole). Due anni dopo, il pianeta è stato confermato da un articolo pubblicato sull’Astrophysical Journal, sollevando non pochi problemi agli studiosi: le attuali teorie sulla formazione dei sistemi planetari non spiegano come si sia potuto formare un mondo del genere a tale distanza dalla stella ospite. Ma le scoperte- e le relative sorprendenti fotografie- sono andate avanti: è stato fotografato persino il primo sistema multiplanetario, ovvero tre pianeti in orbita attorno alla stella HR8799, e vari pianeti (o presunti tali) sparsi qua e là nella galassia.
Fino ad arrivare allo scorso aprile, quando un team di ricercatori italiani ha sostenuto di aver immortalato Proxima c, il pianeta extrasolare più vicino alla Terra e sul quale si nutrono molte aspettative. Ora arriva lo scatto tramite imaging diretto di Beta Pictoris c grazie all’utilizzo simultaneo dei quattro telescopi di VLT che hanno scansionato il sistema solare alieno, molto studiato per una sua peculiarità: è estremamente giovane. La stella Beta Pictoris- chiamata anche β Pic- avrebbe pochi milioni di anni. Una neonata, a livello cosmico: è infatti ancora circondata dal disco di polvere e gas da cui si è formata. Non solo: anche l’altro pianeta del sistema stellare, Beta Pictoris b, può essere visto in immagini dirette, nella forma di un puntino brillante accanto alla stella, e un video lo mostra scomparire dietro l’astro e poi ricomparire, compiendo la sua orbita.
UN ALTRO TEAM HA SCOPERTO UN PIANETA EXTRAGALATTICO
Ma c’è un “piccolo giallo”: pur avendo una massa pari a 8 volte quella di Giove, Beta Pictoris c è sei volte meno luminoso di Beta Pictoris b. Allora, quest’ultimo quanto è grande? Le stime precedenti degli astronomi non sembrano corrette, ci vorranno ulteriori approfondimenti per capirlo. Nel frattempo, però, ad eccitare gli studiosi della volta celeste è arrivato un altro annuncio: sarebbe stato scoperto per la prima volta un pianeta addirittura extragalattico. Non si trova infatti nella Via Lattea, ma nella remota galassia Messier 51, detta anche Whirlpool, perché assomiglia a un vortice. A individuarlo, i dati registrati dal telescopio orbitale Chandra, che rileva l’emissione di raggi x. E una immagine ci mostra il sistema binario, denominato M51-ULS-1, alla periferia di M51: una macchia giallo-arancio, a 26 milioni di anni luce da noi.