La data è stata fissata: il 9 settembre 2025, al Congresso degli Stati Uniti si svolgerà la terza audizione sugli UAP. Di fronte ai componenti della task force istituita per la declassificazione dei segreti federali, prenderanno posto almeno tre testimoni che hanno lavorato per le forze armate americane e hanno avuto esperienze dirette con oggetti volanti non identificati. Ad annunciarlo, il deputato Eric Burlinson, uno dei politici che ultimamente si sta mettendo più in vista per il suo impegno a promuovere il processo di disclosure.

Intervistato sui social, il rappresentante repubblicano del Missouri ha tratteggiato i profili dei soggetti chiamati a dire la verità, tutta la verità- sotto giuramento– su quello che hanno visto mentre erano in servizio. Si tratta di un ex veterano dell’Aeronautica statunitense, di un ufficiale della Marina Militare e di un suo altro collega dell’USAF che parleranno di incidenti UAP ai quali hanno personalmente assistito. Dunque, testimoni oculari di prima mano. Non ancora confermata, gira voce che a loro si potrebbero aggiungere altri soggetti, portando a 4 o 5 il numero dei convocati. Uno di loro sarebbe coinvolto nei segretissimi programmi di retroingegneria tuttora in corso. Ovviamente, al momento non trapelano dettagli sulla loro identità e così sul web è scattato il “toto-nome”: il più citato è Jack Barber, l’ex militare che ha raccontato in tv di aver partecipato come pilota di elicotteri al recupero di mezzi non umani per conto di una società appaltatrice del governo, seguito da Michael Herrera, l’ex marine che avrebbe visto a distanza ravvicinata un gigantesco disco volante nero nella giungla indonesiana.

Le reazioni di ufologi e appassionati della materia sono state finora piuttosto freddine. Nessuno ha espresso particolare entusiasmo o mostrato grandi aspettative. D’altronde, le due precedenti audizioni non hanno portato a molto: qualche titolo di giornale, un po’ di dibattito, poi tutto è stato dimenticato. Non hanno inciso sull’opinione pubblica, non hanno avuto grande impatto, non hanno rotto equilibri, almeno se pensiamo al cosiddetto “mainstream”. Se citate l’ex contrammiraglio Tim Gallaudet, l’ex USAF David Grusch o l’ex agente segreto Luis Elizondo all’italiano medio, vi risponderà che non sa chi siano. E sospetto che anche in America la situazione sia poco diversa.

Il problema di fondo è che tutti questi testimoni non hanno prove materiali per dimostrare quello che dicono di aver letto, saputo o sentito. Quasi sempre riferiscono notizie ricevute da altri agenti segreti, confidenze di altri militari o personali convincimenti. È gioco facile archiviarle come semplici “chiacchiere” . Vale anche per i testimoni oculari, come gli ex piloti della Navy David Fravor e Ryan Graves: neppure loro sono passati indenni in mezzo alle critiche degli scettici. Gli informatori, oltre a mettere a repentaglio le loro carriere e la loro sicurezza personale, spesso ci perdono anche la faccia. Ci sarà sempre qualcuno pronto a smontare e smentire le loro versioni, spiegando che hanno mal interpretato le informazioni ricevute, che sono caduti nella trappola ben orchestrata dall’Intelligence, che hanno confuso prototipi segreti americani per velivoli alieni- come in effetti è già stato detto.
Non solo. Il grande limite di queste udienze pubbliche del Congresso è che di fronte a domande specifiche, che entrano nei dettagli e che richiedono dati precisi- tipo nomi, luoghi, catene di comando, responsabilità…- gli interrogati (quasi sempre ex militari) non possono mai rispondere perché si tratta di materiale classificato, quindi segreto, non rivelabile per non rischiare pesanti conseguenze penali. Un ostacolo enorme, che blocca molti potenziali testimoni dal farsi avanti, come ha riconosciuto lo stesso Burlinson: «Penso che anche la comunità dell’Intelligence voglia che ci sia un’apertura. Ma semplicemente vogliono farlo in modo che nessuno finisca in prigione», ha detto in un podcast.

L’alternativa è tenere gli incontri in luoghi protetti, lontani da occhi e orecchie indiscreti, nelle cosiddette SCIF, Sensitive Compartmented Information Facility– Strutture per Informazioni Sensibili Compartimentate. Ma abbiamo scoperto dalla deputata Anna Paulina Luna, a capo della task force parlamentare, che gli informatori più attivi su social e tv sono proprio quelli che hanno respinto l’invito, adducendo scuse varie pur di non presentarsi (lei ironicamente ha parlato di “Influenza da SCIF”). E, in ogni caso, le ammissioni rilasciate nel corso di questi meeting in stanze sigillate rimarrebbero precluse al grande pubblico, proprio per la loro natura sensibile e le potenziali implicazioni per la sicurezza nazionale: non ne verremmo comunque mai a conoscenza.

Ecco perché le speranze della comunità ufologica sono molto limitate. Solleva poco l’umore la riproposta, appena formulata, del cosiddetto “Trasparency Act” (per due anni bocciato o approvato con radicali modifiche), un emendamento alla legge di bilancio della Difesa che i senatori Chuck Schumer e Mike Rounds hanno presentato per declassificare tutti i documenti segreti sulla questione UFO/UAP e arrivare alla piena trasparenza. Ma tra i ricercatori ormai circola un’espressione, “catastrophic disclosure”. È quello che i più si aspettano (e forse anche un po’ si augurano): che la narrativa corrente, fatta di rivelazioni centellinate col contagocce e poi subito ridimensionate o negate, venga spazzata via da un evento o da una scoperta così epocali (ed inevitabilmente traumatici) da rendere del tutto superflua l’ammissione governativa. Non ci sarà più spazio per scuse, rinvii, agende… sarà tutto e subito, davanti ai nostri occhi. Uno choc ontologico, per molti. Una conferma, per pochi altri.
