Come in un thriller, come in film. E nemmeno tanto originali. Solo che stavolta è tragica realtà. In un laboratorio olandese è stata creata una variante estremamente contagiosa del famigerato H5N1– il virus dell’influenza aviaria che ha provocato 500 vittime in tutto il mondo. Ma questo nuovo virus è così terribile che potrebbe provocare una vera pandemia e sterminare metà della popolazione mondiale. Insomma, oltre 3 miliardi di persone…
I ricercatori dell’Erasmus Medical Centre di Rotterdam, guidati dal virologo Ron Fouchier, hanno infatti scoperto che bastano 5 modificazioni genetiche per trasformare un virus mutante già di per sè pericoloso (ha ucciso il 59 per cento delle persone infettate) in un agente patogeno altamente letale. Infatti, a differenza dell’influenza aviaria- che fortunatamente si diffonde a fatica da un uomo all’altro- la variante, sperimentata sui furetti (che hanno un apparato respiratorio simile al nostro), è molto più aggressiva e passa da un soggetto all’altro senza neanche bisogno di un contatto diretto. Semplicemente attraverso l’aria.
Lo scopo dello studio olandese era mirato ad una maggiore comprensione dei meccanismi di azione dell’ H5N1 . Ma il risultato è stato quello di ottenere uno dei virus più pericolosi mai prodotti, come lo stesso Fouchier ha ammesso. Ed ora, anche tra gli scienziati si è aperto un acceso dibattito sull’opportunità di simili esperimenti e soprattutto se sia il caso di pubblicarne i risultati. “È una cattiva idea trasformare un virus letale in un virus letale e contagioso. E un’altra cattiva idea è quella di pubblicare le ricerche che altri potrebbero copiare- commenta Thomas Inglesby, responsabile del Centro per la Biosicurezza all’Università di Pittsbourgh. Il timore, ovviamente, è che gruppi estremisti- dal terrorismo islamico a quello neonazi- se ne possano impossessare, trasformando uno studio epidemiologico in un’arma batteriologica di distruzione di massa. Un’ipotesi nient’affatto remota che allarma soprattutto gli Stati Uniti, dove le polemiche sono più roventi. “Questo lavoro non andava fatto”, ha tuonato il biologo molecolare della Rutgers University del New Jersey, Richard Ebright.
Ma non mancano anche voci fuori dal coro a sostegno della ricerca di Fouchier, ritenuta utile per capire come si scatena una pandemia di dimensioni catastrofiche e quindi per affrontarla. È l’opinione, ad esempio, del virologo italiano Fabrizio Pregliasco dell’Università di Milano che al “Corriere della Sera” ha dichiarato:”Non pubblicare i risultati lascerebbe i ricercatori al buio su come rispondere a un focolaio. Lo scambio di conoscenze è fondamentale per prevedere la reale gravità di una pandemia. L’aviaria era sì una “bestia” nuova, ma non apocalittica. Con un maggiore scambio di conoscenze la diffusione di informazioni sarebbe stata più precisa e meno allarmistica.”
Di fatto, ora si pone un problema cruciale. La possibilità di condividere gli esperimenti realizzati nei diversi laboratori è fondamentale per la scienza moderna: limitare questa libertà potrebbe essere un grave precedente ed avere ripercussioni. Ma l’NSABB, l’organismo statunitense che presiede alla Biosicurezza, sta comunque facendo forti pressioni affinchè le riviste di settore non pubblichino l’articolo di Fouchier. Forse si arriverà ad un compromesso, con una sorta di “censura” sui dati più potenzialmente pericolosi, rendendo pubblici gli altri passi dello studio. Ma potrebbe non bastare, perchè gli stessi esperimenti di Rotterdam sono stati effettuati da altri laboratori: uno in Winconsin, un altro in Giappone. E anche queste equipe scientifiche stanno per pubblicare gli esiti delle loro ricerche. Il rischio di trovare presto, sul web, un “vademecum” su come fabbricarsi in casa un virus mortale sembra imminente.
SABRINA PIERAGOSTINI