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Russi e Americani, insieme, a caccia dello Yeti

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Sulla sua esistenza non ci sono prove. Racconti, quelli sì,  tanti- e poi decine di avvistamenti, numerose orme, persino qualche fotografia sgranata, ma nulla di certo, mai. Eppure la leggenda dello Yeti, l’Abominevole Uomo delle Nevi, creatura misteriosa metà uomo e metà scimmia che vivrebbe nascosta tra ghiacci perenni dell’Himalaya, conserva un fascino irresistibile.

Un’enorme orma di un piede, trovata sull’Himalaya

 Dello Yeti- o meglio, dello Yehtèh, come lo chiamano i nepalesi (parola che significa “animale delle rocce”) – si parla da centinaia di anni. Lo conoscono da sempre gli abitanti del Tetto del Mondo, ma hanno giurato di averlo visto anche decine di esploratori e di scalatori in epoca moderna. I suoi “cugini”- denominati a seconda delle culture e delle lingue  Sasquatch, Bigfoot,  Almasti, Orang Pendek …-  si nasconderebbero in  altre aree semidisabitate ed isolate del pianeta, dalle foreste nordamericane alla giungla equatoriale.  Ma ora la Scienza- quella con la S maiuscola- vuole vederci chiaro, per sfatare per sempre questo mito oppure, chissà, per individuare finalmente una prova concreta. Oggi, 6 ottobre, a Tashtagol – circa 3500 chilometri a est di  Mosca- si è aperta la Conferenza internazionale sullo Yeti che farà il punto sulle ricerche:  biologi, genetisti e antropologi di varie nazionalità, inclusi russi e americani,  per la prima volta condivideranno pubblicamente i risultati dei loro studi ed insieme  esploreranno una zona nella quale gli avvistamenti dell’uomo-scimmia sono avvenuti anche di recente. Non si tratta però dell’Himalaya, ma della Siberia, precisamente della regione del Kemerovo.

L’ultima persona ad aver visto qui uno Yeti è una vecchietta , Raissa Sudochakova. Ha raccontato che  l’essere era piuttosto alto, ma non gigantesco, ed era coperto da una sorta di lunga pelliccia grigio-marrone:  il suo arrivo ha terrorizzato i cani che sono fuggiti. La descrizione sembra più quella di un orso , che non di uno scimmione. Ma nonna Raissa, stizzita, a chi le ha fatto questa obiezione ha risposto: “Vivo in Siberia da 82 anni, conosco perfettamente gli orsi e quello non lo era, non mi posso sbagliare.  Anche perchè camminava in piedi, come un uomo. Anzi, quasi come un uomo…”

In questo schizzo, l’ipotetico aspetto di uno Yeti

Ancora più ravvicinato l’incontro con una di queste creature rivelato, un anno e mezzo fa, dalla Itar-Tass, la principale agenzia d’informazione russa. Protagonista, un cacciatore residente nel villaggio di Senzaskie Kichi, a varie ore di strada dal primo centro abitato,  che affermava di aver salvato da morte certa proprio uno Yeti. Mentre, in primavera, faceva una battuta di caccia lungo il fiume Kabyrza, aveva sentito il rumore di uno schianto e poi delle urla. Una volta accorso, aveva visto un uomo-scimmia, tutto coperto di peli, annaspare nell’acqua: il ghiaccio superficiale non aveva retto al suo peso e si era spaccato, facendolo sprofondare . “Assomigliava ad un uomo, ma era orribile- aveva detto il testimone- cercava di uscire dall’acqua,  si alzava sulle gambe, ma perdeva l’equilibrio e ricadeva. Stava morendo.” L’uomo, impietosito, lo aveva aiutato allungandogli un tronco d’albero al quale lo Yeti si era aggrappato raggiungendo così la riva e scomparendo poi nei boschi.

Incredibile per noi; nulla di straordinario, invece,  per gli abitanti di questa regione siberiana, i cui racconti tradizionali sono popolati dalla  figura di un animale mostruoso che di notte ruba pecore e galline. Dunque, lo Yeti è una scimmia carnivora? I ricercatori russi hanno una propria teoria.  Più che un umanoide, la creatura sarebbe un ominide. Ovvero, un nostro antenato fermo nella storia evolutiva, se non proprio discendente da un ramo collaterale estinto ovunque , ma non qui, in questa “enclave” chiusa dalle cime più alte del globo-  per molto tempo, praticamente invalicabili- e protetta da un clima quasi invivibile. Questo uomo primordiale, dunque,  sarebbe sopravvissuto adattandosi all’ambiente ostile ed evitando ogni contatto con il sapiens sapiens (noi). Sarebbe così arrivato,  come un fossile vivente, fino ai giorni nostri. Un’ipotesi non così assurda e già avanzata dallo criptozoologo Lorenzo Rossi, nell’intervista concessa ad Extremamente ( vedi l’articolo “L’uomo-scimmia, un ramo collaterale dell’evoluzione umana” del 5 agosto scorso )

 Il direttore del Centro Internazionale di Antropologia di Tashtagol- da dove sta per partire la missione di ricerca- però si è sbilanciato non poco, dicendosi  convinto che nell’area sotto esame esistano al momento almeno 30 di questi ominidi preistorici– secondo lui, eredi dei Neanderthal- ovvero un’intera comunità formata da maschi, femmine e dai loro piccoli.   Va detto che nelle scorse settimane un’altra spedizione scientifica- alla quale si è unito anche un famoso  pugile, Nikolai Valuyev, campione dei pesi massimi- non ha dato i risultati sperati. Lo Yeti non si è fatto nè trovare, nè vedere. Comprensibile: Valuyev – soprannominato  “La bestia che viene dall’Est”- lo deve aver terrorizzato… Ma nella sua fuga, l’essere misterioso avrebbe lasciato dietro di sè tracce importanti, come rami spezzati e impronte- molto grandi- nella neve: sui 35 centimetri, il che farebbe ipotizzare che  sia alto oltre due metri.

La nuova missione riuscirà dove tutte le altre hanno fallito? Un risultato, dicono gli scettici, lo ha già raggiunto: il remoto e sconosciuto Kemerovo è finito sui giornali di mezzo mondo. Una celebrità inattesa che, si augurano gli amministratori del posto, significherà  un’ottima promozione turistica.

L’ultima foto di uno Yeti, scattata proprio in Siberia

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