6 febbraio 1975. Il capitano Larry Jividen sta pilotando il suo T-39D Sabreliner insieme ad altri 5 ufficiali, durante un volo speciale di addestramento: deve mostrare loro la tecnica di combattimento. Non immagina che quella sera si troverà coinvolto in una sorta di videogame, con lui nelle vesti di “cacciatore” all’inseguimento di un Oggetto Volante non Identificato.
Un incontro ravvicinato di cui il militare non aveva mai parlato. Dopo 37 anni di silenzio, Jividen si è deciso a raccontare quella esperienza che gli si è scolpita nella mente e che ha avuto, come scenario, i cieli della California, sopra la base di Pensacola.
“Verso le nove di sera, stavamo scendendo da un’altitudine di circa 33mila piedi. Guardavo verso il lato destro dell’aereo, quando all’improvviso ho notato una luce rossa, a ore 1 rispetto a noi”, dice l’uomo all’Huffington Post. “Non lampeggiava come una normale luce anti-collisione che si trova sui velivoli. Ho pensato comunque che ci potesse essere del traffico aereo, così ho chiamato la base avvisandoli che stavamo per atterrare, ma che forse qualcuno ci stava precedendo.”
Quel “velivolo” che Jividen ed il resto dell’equipaggio vedono vicino alla loro rotta è descritto come un oggetto solido e circolare. Quando i controllori gli confermano che non c’è nessuno vicino a loro, il capitano si accorge che in effetti il radar di bordo non mostra il misterioso compagno di volo. Chiede dunque di poter rinviare l’atterraggio e vira, per posizionarsi accanto all’Ufo e capire cosa sia.
“Subito quel coso si è messo a volare da destra a sinistra, proprio davanti al nostro naso, per fermarsi a ore 11 rispetto a noi. A quel punto, ho aumentato la velocità, per cercare di avvicinarmi il più possibile all’oggetto. Ma quello continuava a superarmi. In altre parole, più io andavo veloce, più veloce andava anche lui. “
Il pilota militare le pensa tutte, anche di essere vittima di un miraggio. “Allora ho deciso di scendere di quota, per vederlo stagliare sul cielo stellato ed assicurarmi che fosse davvero un oggetto concreto e reale. Non appena ho fatto questa manovra, ho scorto chiaramente la silhouette dell’oggetto sullo sfondo del Golfo del Messico”.
Quell’inseguimento dura cinque minuti. Poi, il globo rosso vola via ad una velocità inusitata e scompare in direzione di New Orleans. Jiniven rientra alla base di Pensacola e subito mette a verbale l’inconsueto incidente di cui è stato protagonista. Da allora, però, non sentirà mai più parlare di quell’episodio. Come lui, tutti gli altri. Verrà dimenticato- o censurato- dalle autorità competenti. Comunque, di quell’Ufo del 6 febbraio 1975 si perde completamente la memoria…
Tutta lo storia viene ora rivelata nella nuova edizione del libro “Ufo: mito, cospirazioni e realtà”, scritto dall’ex colonnello dell’Esercito americano John Alexander. “Ho svolto alcuni controlli su Larry Jividen. La prima cosa che è emersa è che ha ottenuto varie croci al merito per il suo comportamento eroico. Egli è esattamente chi dice di essere ed è una persona molto leale”, ha detto Alexander in un’intervista aggiungendo: “Non ho dubbi che abbia visto davvero qualcosa, è un testimone molto attendibile, assai più di altri.”
L’autorizzazione concessa dal Governo americano per accedere a documenti top-secret ha permesso all’ex colonello di consultare, negli anni ’80, centinaia di dossier ufficiali su presunti avvistamenti Ufo. Ha poi creato un gruppo speciale di altissimo livello, composto da funzionari e da scienziati, per studiare questo tipo di fenomeni. La sua opinione è che gli Stati Uniti abbiano prove che portano in direzione dell’esistenza di entità extraterrestri, ma non ha potuto stabilire con certezza nè che il governo abbia volutamente nascosto queste informazioni al pubblico, nè che ci sia già stato un contatto diretto.
“Un elemento probante sono le caratteristiche fisiche di questi oggetti che noi non riusciamo a comprendere e che sono ben al di là della nostra attuale tecnologia, come ad esempio la loro incredibile capacità di accelerazione o le manovre che inducono enormi carichi gravitazionali, ai quali sappiamo che nessun organismo vivente può sopravvivere”, spiega l’alto ufficiale.
Il continuo e costante aumento di oggetti volanti non identificati, segnalati- in volo- da piloti militari e commerciali apre anche un altro problema: quello della sicurezza degli spazi aerei. Qualcuno incomincia a porselo, come Richard Haines, ex ricercatore presso il centro di ricerca Ames della Nasa. “I miei colleghi dicono ‘Non ci sono prove sugli Ufo, se ci fossero dei dati daremmo un’occhiata’. Questa affermazione in parte è vera: in mancanza delle segnalazioni dei piloti, noi non abbiamo accesso a dati da analizzare scientificamente”, dice.
Haines- uno di coloro che all’abusato acronimo Ufo preferisce il meno ingombrante Uap (Unidentified aerial phenomena)- nel corso degli anni ha un po’ cambiato pelle. Una volta era scettico e critico su tutti gli avvistamenti, mentre adesso è a capo del Narcap, il Centro Nazionale per le segnalazioni dei fenomeni aerei anomali.
“Il nostro obiettivo è rendere sempre più sicuri i voli, nello specifico rispetto agli Uap. Siamo convinti che questi fenomeni non identificati nei nostri cieli possano costituire una potenziale minaccia al traffico aereo commerciale e privato”, sostiene il ricercatore che può contare su un gruppo di lavoro composto da 40 persone. Ma Haines ammette anche che non è facile vincere la ritrosia dei testimoni: i piloti ancora in attività non amano raccontare di aver incontrato qualcosa di sconosciuto mentre erano in volo. “È difficile, per me e per gli altri studiosi, raccogliere informazioni.”
La paura, ovviamente, non nasce dal timore di quello hanno visto, ma dalle possibili ripercussioni: chi affiderebbe il proprio velivolo ad un uomo che dice di vedere strane luci nel cielo? Insomma, il rischio di passare per pazzi e di perdere il posto di lavoro frena i possibili testimoni oculari. “Proprio così. Noi ci sforziamo di lavorare per rendere più sicuri i voli, ma le compagnie aeree non collaborano perchè ciò significherebbe ammettere che i voli non sono sicuri! Per ovvie ragioni, la maggior parte dei rapporti di cui veniamo a conoscenza arriva da piloti in pensione.”
Esattamente come Jividen, che ha reso la sua deposizione ad Haines solo pochi mesi fa, a distanza di quasi 4 decenni da quel giorno lontano, eppure ancora così vivido nella memoria. Per lui come per gli altri militari a bordo: un po’ complicato pensare che tutti e 6 abbiamo avuto un’allucinazione. “Dopo alcuni minuti, l’oggetto non ha cambiato dimensione, forma o intensità”, dice Haines. ” Ciò vuol dire che non solo ha aumentato la sua velocità per posizionarsi davanti all’aereo militare a ore 11, ma ha anche mantenuto costante questa velocità. Dobbiamo chiederci quale fenomeno naturale possa comportarsi così…”
Da scienziato, però, Haines non si sbilancia. “Onestamente, non so se sono proprio questi insoliti oggetti volanti le sfere che da molto tempo i piloti riferiscono di vedere. Ma come ricercatore io voglio continuare ad indagare finchè non troverò delle risposte. Fino ad allora, però, non intendo trarre conclusioni.”
Conclusioni alle quali invece John Alexander sembra giunto, dopo i tanti casi studiati in tutti questi anni. “Se si accetta il presupposto fondamentale che dietro a questi fenomeni c’è un’intelligenza– come io credo che sia- la chiave di comprensione diventa la forma di energia. Capire qual è l’energia che utilizzano sarebbe molto utile.”
Ma qualsiasi cosa fosse quel globo rosso avvistato, in quella lontana notte del 1975, ancora oggi Jiniven si interroga su un quesito che lo arrovella e al quale non ha saputo trovare risposta. “Io lo vedevo distintamente, era solido, si muoveva vicino al mio jet. Perchè allora non appariva sul radar? Credo che la nostra fisica non sia ancora abbastanza evoluta da capire tutto ciò che ci circonda, come in questo caso: semplicemente, non siamo in grado di comprendere”.
SABRINA PIERAGOSTINI