“Era un mezzo volante che non veniva da questo pianeta“. L’ultima parola sul crash di Roswell l’ha pronunciata un ex agente della Cia, proprio in coincidenza con il 65esimo anniversario dell’incidente ufologico più famoso della storia recente.
Il 2 luglio del 1947, infatti, questa cittadina del New Mexico fu teatro di un misterioso episodio che ancora divide e fa discutere. E il 2 luglio del 2012, Chase Brandon ha voluto rivelare quello che dice di sapere sul ‘Caso Roswell’. L’uomo, per qualche decennio nei servizi segreti statunitensi, ha dunque affermato che alla CIA esiste un dossier top secret.
“È tutto vero quello che i teorici del complotto sostengono da sempre: l’astronave precipitata, i cadaveri sul terreno, la tecnologia aliena analizzata e riutilizzata nei nostri laboratori. È accaduto sul serio”, afferma Brandon. E le informazioni si troverebbero nascoste in una cassaforte in una stanza segreta nel quartier generale di Langley. “Lì dentro, una scatola ha attirato la mia attenzione. C’era scritto sopra una sola parola:’Roswell’. Ci ho frugato dentro e ho detto:‘Mio Dio, allora è successo davvero!”
La spia che ha lavorato in incognito in 70 diversi Paesi del mondo e che per oltre 25 anni ha operato sotto copertura in missioni legate all’antiterrorismo, al traffico di armi e di droga ed altre amenità del genere- dunque un personaggio molto abile nei depistaggi e nel doppio gioco– ha raccontato la sua verità sul crash di 65 anni fa: “Non è stato un pallone meteorologico, era proprio quello che dicevano i testimoni: un’astronave proveniente da un altro mondo“.
Sarebbe stato il materiale contenuto al sicuro nella cassaforte della CIA a togliergli ogni dubbio su quanto fosse accaduto quel giorno, al di là della linea ufficiale tenuta dalle autorità militari e governative. Eppure Brandon non intende dire esattamente cosa lo abbia convinto. “C’erano dei testi scritti e delle foto. È tutto quello che posso rivelare, non aggiungerò altro sul contenuto di quella scatola”, ha detto all’Huffington Post l’ex agente diventato ormai da tempo scrittore e consulente per gli sceneggiatori di Hollywood.
Certo Chase Brandon non è l’unico esponente del Governo ad aver confermato, sia pure in modo tanto sibillino, l’origine non terrestre dell’oggetto che si schiantò il 2 luglio del ’47 vicino a Roswell. In passato lo ha fatto anche il Tenente Walter Haut, addetto alle pubbliche relazioni della base militare del New Mexico all’epoca dell’incidente. Ma le sue rivelazioni arrivarono solo post-mortem, in una sorta di testamento aperto dopo la sua dipartita, nel 2006.
Nel suo ‘affidavit’, anche l’ufficiale affermava che la storia del pallone aerostatico era tutta una montatura: l’oggetto precipitato era stato recuperato dall’esercito e nascosto in un hangar. Ma Haut descriveva anche i corpi delle creature aliene. Riferiva poi di un vertice ad alto livello al quale aveva partecipato insieme al comandante della base, il Colonnello William Blanchard e al comandante della Eight Air Force, il Generale Roger Ramey.
Durante questo incontro, vennero mostrati dei frammenti metallici trovati sul luogo dello schianto, ma nessuno dei presenti riuscì a capire di cosa si trattasse nè fu individuato il materiale con il quale erano composti. La conferenza stampa venne organizzata non solo perchè la popolazione locale era al corrente dell’accaduto, ma anche perchè avevano scoperto un secondo luogo di impatto nel quale si trovava un numero maggiore di rottami.
Haut poi parlava anche di un’operazione di “pulizia” condotta nei mesi successivi dal personale militare in entrambi i siti alla ricerca dei più piccoli frammenti, per rimuoverli e cancellare qualsiasi traccia di quanto era avvenuto. “Ma sapevo che molta altra gente sapeva ciò che era successo veramente”, chiosava nella sua testimonianza giurata.
E ancora, un altro documento ufficiale– questa volta quasi coevo al crash- sembra smentire le versioni ufficiali e confermare il ‘cover-up’. È la relazione messa per iscritto dall’agente del FBI Guy Hottel. In un appunto, scriveva infatti la confidenza ricevuta da un investigatore delle forze armate, secondo il quale “tre dischi volanti erano stati ritrovati nel New Mexico”.
Nella sua nota, l’agente Hottel specificava: “Sono di forma circolare, con la parte centrale più bombata, di circa 50 piedi di diametro. All’interno di ognuno c’erano tre corpi, di aspetto umano, ma alti solo 3 piedi, vestiti con abiti metallici a maglia sottilissima. Ogni corpo era legato ai sedili come fanno i piloti durante i test di velocità.”
SABRINA PIERAGOSTINI