Sembra un bollettino di guerra. Giorno e notte, divampano di nuovo quei roghi inspiegabili che dieci anni fa hanno portato alla ribalta internazionale il caso di Canneto di Caronia. Dieci anni dopo, tutto è tornato come prima- anzi, peggio di prima, a giudicare dalle immagini e dalle testimonianze che arrivano da questa piccola frazione sul mar Tirreno, tra Messina e Palermo. Peggio, perché ora le famiglie si sentono completamente abbandonate.
Ormai brucia di tutto, dentro e fuori quelle povere case già devastate dalle fiamme nel 2004 e nel 2005. In questa seconda ondata, partita la scorsa estate, verso la metà di luglio, sono andati a fuoco divani, letti, televisori, elettrodomestici, sedili di auto, sedie di plastica, panchine di legno, cisterne piene d’acqua, abiti… L’elenco è infinito. Le foto e i video mostrano scene assurde: un freezer in funzione appare annerito dal fuoco all’interno, dove la temperatura è ben al di sotto di 0°C, mentre un asciugacapelli appoggiato in bagno, con la spina staccata, arde come un falò.
Badate bene: non si tratta di incendi dolosi, come molto frettolosamente qualcuno ha voluto far credere. Tutte le indagini lo hanno escluso. D’altra parte, molto spesso questi focolai si sono sviluppati nelle abitazioni sgomberate e disabitate– persino in quelle senza mobilio e senza collegamento elettrico. A volte, le fiamme sono divampate a pochi passi dai vigili del fuoco e dai carabinieri, sul posto proprio per presidiare e cogliere sul fatto l’eventuale piromane.
Mai, in tutti questi anni, i sospetti sono caduti sui proprietari degli edifici, allineati lungo la cosiddetta Via del mare, che davanti ha la spiaggia e alle spalle la ferrovia. Tutto accade qui, in un fronte di 15/20 metri, dove abitano 8 famiglie. Da dieci anni vivono nel disagio e nella paura. Hanno dovuto lasciare per mesi le loro case, hanno visto anni di lavoro e di sacrifici andare letteralmente in fumo. Le poche migliaia di euro ottenute come rimborso non solo non coprono i danni subiti, ma soprattutto non bastano a compensare tutte le notti passate insonni per l’allarme anti incendio. Nessuna cifra potrà mai ripagare la serenità persa per sempre.
Sono stata a Canneto, ho conosciuto tutti i protagonisti- loro malgrado- di questa assurda vicenda che sta mettendo in imbarazzo il mondo della scienza, incapace finora di trovare l’origine di questi incendi spontanei, ma ancora di più il mondo della politica, incapace di dare risposte e di programmare interventi. In assenza dello Stato e ancora di più della Regione Sicilia, sono presenti solo le autorità locali- a partire dal sindaco Rino Beringheli. Ma la sua voce e la sua richiesta di aiuto restano ad oggi inascoltate.
Parlare di mistero, nel caso di Canneto, non è eccessivo. Lo è e lo sarà finché non si deciderà di stanziare i fondi necessari per far ripartire- su nuove basi e con nuove strumentazioni– la ricerca sospesa nel 2008 per volontà della Regione. Quando il caso arrivò sulle prime pagine dei giornali, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Governatore della Sicilia, insieme, avevano istituito un gruppo di lavoro composto da esperti in vari settori ( chimica, fisica, geologia…) che coinvolgeva la Protezione Civile, l’Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia, il Consiglio Nazionale delle Ricerche, la Marina Militare. A capo della commissione, l’architetto Francesco Mantegna Venerando.
Studiando il fenomeno sul posto, per mesi, hanno eliminato via via ogni possibile causa. A provocare gli incendi – hanno appurato – non è la dispersione elettrica della vicina linea ferroviaria, né di altri apparati costruiti dall’uomo (antenne, ripetitori e così via). Ma il monitoraggio dell’intera zona (rilevamenti con il georadar, mappatura del campo magnetico ed elettromagnetico, campagna oceanografica nel mare antistante il paesino) ha stabilito che tutti i parametri ambientali sono nella norma. Dunque, non è neppure la natura di questa area sismica e vulcanica a scatenare i roghi. Cosa resta?
Il Gruppo Interistituzionale ha proposto come unica ipotesi plausibile l’origine artificiale dei fenomeni. “Si è valutata la possibilità che la zona possa essere stata interessata da emissioni elettromagnetiche impulsive (EMP) ed episodiche, capaci di generare una grande potenza concentrata in frazioni di tempo estremamente ridotte”, ha scritto Francesco Mantegna Venerando, ora direttore generale di MARIS (Monitoraggio Ambientale e Ricerca Innovativa Strategica). Ma a mettere in difficoltà gli esperti è stata l’individuazione della sorgente di tale impulso.
Si troverebbe in un qualche punto nel mare, a nord di Canneto. Sì, nel mare, dove non dovrebbe esserci nessuna struttura artificiale in grado di emettere onde elettromagnetiche. Ma sono state le valutazioni degli esperti- destinate a rimanere riservate e invece arrivate alla stampa- a far strabuzzare gli occhi di tanti lettori. In quella relazione preliminare, il Gruppo di lavoro ha infatti specificato che quei fasci di microonde sono compresi tra i 300 megahertz ed alcuni gigahertz: per produrli, servirebbe un macchinario con una potenza tra i 12 e i 15 gigawatt. Se consideriamo che una centrale nucleare di medie dimensioni ha una potenza di 1.6 GW, si comprende la straordinarietà del fenomeno.
Ma non solo. In quel rapporto, ingegneri e professori hanno espresso la loro opinione in questi termini: ”Tecnologie militari evolute anche di origine non terrestre potrebbero esporre in futuro intere popolazioni a conseguenze indesiderate. Gli incidenti di Canneto di Caronia potrebbero essere stati dei tentativi di ingaggio militare tra forze non convenzionali oppure un test non aggressivo mirato allo studio di comportamenti e delle azioni in un determinato campione territoriale scarsamente antropizzato.”
Apriti cielo: quelle parole (anche non terrestre) da allora- era il 2007- hanno scatenato ironie e polemiche. Forse anche per questo, la Regione ha tagliato i finanziamenti e il Gruppo Interistituzionale ha dovuto interrompere la ricerca. Eppure, quello che gli studiosi hanno avuto il coraggio di scrivere non è altro che un’ipotesi di lavoro, suffragata da dati oggettivi ( le misurazioni con strumentazioni scientifiche) e da osservazioni soggettive. Quali? Le oltre 400 segnalazioni di strani oggetti volanti e di luci anomale avvistati tra la terra ferma e il mare, in quell’angolo di Sicilia.
Li hanno visti pescatori, contadini, piloti, esponenti delle forze dell’ordine. Qualcuno li ha fotografati e filmati. Veri e propri UFO, in quanto non è stato possibile identificarli come fenomeni naturali noti o come mezzi aerei conosciuti. Globi luminosi sono stati più volte notati muoversi sotto la superficie dell’acqua oppure sparire dentro essa, tra la costa di Canneto e le isole Eolie. Le testimonianze oculari sono numerose e sono state acquisite dal gruppo di lavoro che- correttamente- mancando elementi certi non si è pronunciato sulla natura di quegli oggetti misteriosi, ma non ha potuto far finta di nulla.
Singolare, però, che tutti si siano concentrati su quelle parole scandalose che evocano situazioni fantascientifiche e nessuno ( o quasi) abbia badato all’altro scenario, altrettanto inquietante, profilato da quel rapporto del 2007: la tecnologia militare evoluta. Gli Alieni- si sa- non esistono… Ma non esistono neppure le armi sperimentali segrete? Quelle- ad esempio- che sfruttano microonde e plasma per neutralizzare il nemico? Purtroppo non sono fantasie, sono già una realtà e lo saranno sempre più negli scenari bellici del futuro.
Ecco allora che l’osservazione di mezzi volanti sconosciuti, le emissioni elettromagnetiche impulsive, l’esplosione di incendi senza motivo apparente e la moria di animali ( altri fatti comprovati e agli atti dell’indagine) assumerebbero un significato ancora più preoccupante. Possiamo sorridere pensando agli UFO, un po’ meno immaginando test militari condotti a nostra insaputa. Test- ipotizzavano i ricercatori sul campo- che “ potrebbero esporre in futuro intere popolazioni a conseguenze indesiderate.” Anche su questa frase c’è poco da ridacchiare, visto quello che sta accadendo, anche in questi istanti, a Canneto.
Ma ammettiamo pure che le migliori menti scientifiche del nostro Paese abbiano preso una solenne cantonata. Ammettiamo che abbiano sbagliato tutto – a rilevare i dati , ad interpretarli, a metterli in relazione- e che invece la spiegazione di quei fenomeni di autocombustione sia molto più semplice. Bene: cosa aspettiamo, allora, a riprendere le misurazioni, utilizzando strumentazioni di tecnologia più avanzata, oggi, rispetto, a 10 anni fa per trovare in fretta una risposta? Di cosa c’è bisogno, ancora, per convincere le istituzioni, da Roma in giù, ad impegnare risorse e uomini per risolvere quel mistero durato fin troppo a lungo?
In gioco c’è la vita delle persone. Esposte- come gli oggetti che prendono improvvisamente fuoco- ad un bombardamento continuo di una qualche forma di energia incontrollabile. E se quelle onde ( di qualunque origine siano, naturale o artificiale) fanno fondere il metallo, cosa potrebbero mai provocare alla salute umana? Tra i pochi abitanti di questa sfortunata Via del mare, l’incidenza dei tumori è purtroppo molto alta. Potrebbe non esserci alcun nesso, ma in mancanza di una prova ( in un senso o nell’altro) il dubbio è legittimo.
Un progetto per monitorare l’area soggetta a questi fenomeni insoliti c’è già. Prevede una triangolazione con sensori di ultima generazione posizionati tra la costa di Caronia, le Eolie e Ustica, in funzione 24 ore su 24, allo scopo di captare l’istante preciso e soprattutto il luogo preciso da cui si forma l’onda incendiaria. Non vale la pena di tentare, per sciogliere una volta per tutte l’enigma ? Sempre che davvero ci sia la volontà conoscere la verità.
SABRINA PIERAGOSTINI