Gli Extraterrestri esistono? E se ci sono, che aspetto hanno? Dove si trovano? Sono esseri dotati di coscienza come noi? Quando li scopriremo? Sono alcune delle domande che si pone un nuovo saggio edito da pochi mesi nel Regno Unito. Il titolo del libro è “Aliens, Science Asks: Is There Anyone Out There?”, ovvero: “Alieni, la scienza si interroga: c’è qualcuno là fuori?”
Si tratta di una serie di interventi di alcuni degli scienziati più autorevoli del momento raccolti a cura del fisico teorico e divulgatore scientifico britannico Jim Al-Khalili: ad ognuno di loro ha chiesto di affrontare il tema dal proprio punto di vista di esperto in un determinato settore del sapere. Così, discutono della possibilità che la vita esista oltre la Terra biologi e astrofisici, matematici e chimici, cosmologi e psicologi.
Ad aprire la discussione, è uno dei ricercatori più stimati d’Inghilterra, astronomo di Sua Maestà Elisabetta II nonché presidente della Royal Society, ovvero Martin Rees. Il professore ammette: esistono miliardi di pianeti simili alla Terra, situati alla distanza ideale dalla loro stella. Ma il fatto che siano abitabili non implica che siano abitati né che le eventuali creature che ospitano siano dotate di intelligenza e coscienza.
Eppure sembra pronto a scommettere: se e quando il progetto SETI scoprirà forme di vita aliene, è molto probabile che esse non saranno biologiche od organiche e che non vivranno più sul pianeta di origine dei loro antenati. Un futuro, sostiene Rees, che anche l’Umanità potrebbe sperimentare, prima di quanto pensiamo.
“Entro un secolo o due, è possibile che piccoli gruppi di pionieri si saranno stabiliti in un habitat nel quale vivere in modo indipendente dalla Terra”, scrive il cosmologo.”Noi possiamo desiderare, per motivi etici, di ridurre l’utilizzo di modifiche genetiche e potenziamenti tipo cyborg qui sul pianeta, ma dovremo sicuramente prevedere- ed accettare- che questi pionieri adattino a sè tutte le tecnologie disponibili per permettere ai loro discendenti di prosperare in un ambiente alieno.”
Risultato: la creazione di una nuova specie umana o post-umana, abbastanza diversa da quella rimasta sulla Terra. Ma non basta. Rees immagina anche una transizione verso un’intelligenza completamente inorganica- l’Intelligenza Artificiale o AI, acronimo anglosassone. Nessun dubbio- dice- che prima o poi le macchine raggiungeranno e anzi supereranno le capacità dell’Uomo. Forse noi stessi ci trasformeremo in macchine o ne saremo semplicemente soppiantati?
“Gli umani non sono l’apice dell’evoluzione: se inneschiamo la transizione basata sul silicio, con entità potenzialmente immortali, il nostro ruolo potrebbe essere di speciale rilevanza a livello cosmico”. Quei robot futuristici dotati di coscienza potrebbero navigare ovunque nell’universo, per secoli o millenni, imperituri, portando nello spazio profondo la nostra civiltà e la nostra eredità. Uno scenario- va detto- abbastanza inquietante…
Nel libro non mancano opinioni curiose, come quella di Anil Seth, esperto di neuroscienza cognitiva ed intelligenza artificiale, docente dell’Università del Sussex. In sostanza, il professor Seth afferma che non è necessario viaggiare nello spazio per trovare un alieno, basta frequentare un acquario e analizzare il comportamento di una piovra- dotata di una spiccata forma di intelligenza anche se diversa dalla nostra. Esaminare come funzionano il corpo e la mente di questo cefalopode potrebbe aiutarci a capire molto di eventuali futuri visitatori spaziali.
Il polpo ha otto arti prensili, tre cuori, un meccanismo di difesa a base d’inchiostro e un sofisticato sistema di propulsione, oltre a un corpo che può cambiare forma, dimensioni e colore a piacimento e capacità cognitive paragonabili a quelle dei mammiferi più evoluti.”Le piovre possono recuperare oggetti nascosti da piccoli cubi di plexiglas, trovare la strada tra complessi labirinti, utilizzare oggetti naturali come strumenti e risolvere problemi semplicemente osservando altri polpi fare altrettanto”, scrive Seth.
Persino il DNA sembra aver poco a che spartire con il resto del creato, come ha affermato il neurobiologo Clifton Radgale su Nature. Inoltre, il polpo comprende la sua posizione nello spazio grazie ai sensi ben sviluppati e sembra possedere anche una forma di autocoscienza: infatti le sue ventose non si incollano mai tra di loro, in virtù di un sistema di autoriconoscimento di tipo chimico. Sarà un caso che spesso gli invasori alieni vengono rappresentati proprio così, con tanti tentacoli?
A questo proposito, va citato il capitolo scritto dal matematico Ian Stewart, grande appassionato di Sci-Fi, che ripercorre i grandi classici della letteratura di fantascienza e il modo in cui gli scrittori hanno immaginato le creature provenienti da altri pianeti- “mostri, vittime e amici”, sintetizza il titolo. Gli fa pendant, al capitolo 15, il genetista Adam Rutheford che prende in esame cento anni di cinema e di Alieni su pellicola. Raffigurazioni che hanno molto condizionato il nostro immaginario collettivo.
Non mancano nemmeno gli UFO: il giornalista scientifico Dallas Campbell ne passa in rassegna in breve la storia, dal primo avvistamento di Kenneth Arnold all’Area 51, dal famigerato caso Roswell ai “Men in Black”, senza trascurare le teorie complottiste e le ipotesi più bizzarre. Di abduction tratta invece l’intervento di Chris French, psicologo e studioso di paranormale, per il quale i cosiddetti “incontri ravvicinati” sarebbero fenomeni ben noti spiegabili come false memorie.
E poi ancora gli interrogativi sul significato della vita, su come sia apparsa sul nostro pianeta e su quanto facilmente possa riprodursi lo stesso meccanismo su altri mondi; la storia segreta e remota di Marte, un tempo molto simile alla Terra; la speranza di trovare elementari forme viventi sulle lune ghiacciate dei giganti gassosi del sistema solare, ovvero su Europa, Enceladus e Titano.
La verità è là fuori, dicono gli esperti. Dobbiamo continuare a cercare e forse avremo successo. Conclude proprio così la sua prefazione Jim Al-Khalili, esprimendo il suo entusiasmo di fronte alla recente scoperta di un pianeta roccioso in orbita attorno a Proxima Centauri– la stella a noi più vicina. Un progetto per inviare delle micro-sonde iperveloci, spinte da raggi laser, è già stato programmato. “Viaggiando ad un quinto della velocità della luce, questi mezzi potrebbero raggiungere Proxima b tra 20 anni e inviarci informazioni se lassù c’è vita. Chissà cosa potremmo trovare…”
SABRINA PIERAGOSTINI