Gli astrofisici si stanno concentrando nella ricerca di copie esatte della Terra– per caratteristiche e per dimensioni- considerandole i candidati ideali ad ospitare la vita. Ma adesso uno studio condotto da un team dell’Università di Cambridge dimostra che anche pianeti molto più grandi del nostro devono essere tenuti in considerazione come potenzialmente abitabili. Il caso preso in esame è quello di K2-18b, un mondo molto lontano da noi, in orbita attorno ad una debole nana rossa a 124 anni luce e con una temperatura compresa tra i -23 °C e i 30 °C.
UN’IMMAGINE ARTISTICA DI K2-128b
Questo esopianeta era già venuto alla ribalta qualche mese fa. Scoperto nel 2015 dal telescopio spaziale Kepler, lo scorso autunno ha avuto il suo momento di gloria quando due distinti gruppi di ricerca hanno annunciato la presenza di vapore acqueo nella sua atmosfera ricca di idrogeno. Tuttavia, per via delle sue dimensioni, questo dato non era sufficiente per stabilire se fosse davvero ospitale: K2-18b ha infatti 8.6 masse terrestri e un diametro 2.6 volte maggiore rispetto al nostro pianeta. Misure che lo collocano a metà strada tra Nettuno e la Terra. Ma si tratta di un mini-Nettuno gassoso o di una super-Terra rocciosa? La risposta fa la differenza per capire se possa o meno essere adatto alla vita.
«Il vapore acqueo è stato individuato nell’atmosfera di vari esopianeti ma, persino se il pianeta si trova nella zona abitabile, ciò non significa necessariamente che ci siano condizioni di abitabilità sulla sua superficie», ha spiegato in un comunicato Nikku Madhusudhan, a capo della nuova ricerca. «Per stabilire le prospettive di abitabilità, è importante ottenere una comprensione unificata delle condizioni interne ed atmosferiche del pianeta, in particolare se possa esistere dell’acqua liquida al di sotto dell’atmosfera» Impossibile, nel caso di una pressione troppo intensa o di temperature elevate, come accadrebbe su un mini-Nettuno.
NIKKU MADHUSUDHAN, DOCENTE ALL’UNIVERSITÀ DI CAMBRIDGE
Lo studio, pubblicato sulla rivista Astrophisical Journal, ha utilizzato tutti i dati disponibili- massa, raggio, composizione atmosferica- per sviluppare i possibili modelli della struttura planetaria ipotizzando un nucleo di ferro, circondato da una parte rocciosa, all’interno di un involucro d’acqua per terminare con un’atmosfera formata da idrogeno, con un po’ di metano e ammoniaca e priva di nubi. I quattro modelli si differenziano per il diverso spessore di ciascuno dei quattro strati. Le simulazioni al computer hanno mostrato che il modello che meglio rispetta i parametri di K2-18b è quello che prevede un pianeta oceanico, con un ridotto strato roccioso, una percentuale di idrogeno del 6 per cento e la presenza di acqua dallo 0,3 per cento fino al 90 per cento della massa planetaria.
«Abbiamo trovato che K2-18b ha una realistica possibilità di essere abitabile», sostengono gli autori dell’articolo, che si spingono anche oltre quando scrivono: «Sosteniamo che pianeti come K2-18b possano effettivamente avere il potenziale per avvicinarsi a condizioni di abitabilità e che la ricerca di bio-firme (segnali di vita, come metano o ossigeno) non dovrebbe essere necessariamente limitata ai più piccoli pianeti rocciosi». Per ora, immaginare cosa possa trovarsi sulla superficie di questo lontano mondo alieno può solo essere oggetto di speculazione. L’INAF, nell’articolo di commento a questa scoperta, sottolinea che nei mari terrestri la vita si è diffusa nelle condizioni più disparate, dalle profondità proibitive delle Fosse delle Marianne, in cui la pressione arriva a 1000 atmosfere, fino alle fonti idrotermali che ribollono- letteralmente- a 130 °C.
ANCHE I SUPER-PIANETI POSSONO ESSERE ADATTI ALLA VITA
«Premesso questo, non è impossibile immaginare organismi viventi adattati alle condizioni previste dai modelli di mondo oceanico compatibili con K2-18b. Sotto questo punto di vista, i modelli meno alieni sono quelli con un nucleo di ferro e roccia inferiore al 15 per cento della massa del pianeta e con l’atmosfera poco massiccia. In questi casi lo strato d’acqua può arrivare ad avere temperature di circa 30 °C con pressioni di 1-10 atmosfere. Quindi è possibile che K2-18b possa ospitare forme di vita, ma saranno necessarie ulteriori osservazioni dello spettro della sua atmosfera per poter raggiungere un minimo grado di sicurezza. In ogni caso, anche nei modelli più favorevoli, su K2-18b sarebbero possibili solo forme di vita di tipo acquatico. Un buon posto per pescare – forse – ma non per viverci», chiosa l’articolo.
Per saperne di più, dunque, bisognerà aspettare ancora un po’. Il prossimo anno, entrerà in funzione il James Webb Space Telescope della NASA, in grado di analizzare le atmosfere degli esopianeti per comprenderne le componenti chimiche- e quindi evidenziare le eventuali tracce di attività biologica. Tra qualche anno, poi ( secondo le previsioni, non prima del 2028) lo seguirà nella medesima ricerca anche ARIEL (acronimo di Atmospheric Remote-sensing Infrared Exoplanet Large survey), il telescopio spaziale dell’ESA. Se nel mare di K2-18b nuotano dei pesciolini alieni (o qualcosa di più) , lo scopriremo.