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Trovati composti organici su Marte e su un meteorite?

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L’annuncio ha colto molti di sorpresa: un gruppo di ricercatori è convinto di aver trovato la prima proteina di origine extraterrestre all’interno di una roccia spaziale precipitata sul nostro pianeta 30 anni fa. Una scoperta che- se comprovata- darebbe ragione a quanti sostengono che la vita sarebbe diffusa ovunque nell’universo e che i suoi mattoni costituitivi potrebbero essere arrivati sulla Terra, miliardi di anni fa, proprio incapsulati all’interno di asteroidi e comete.

LA ROCCIA SPAZIALE ESAMINATA IN QUESTO STUDIO

LA ROCCIA SPAZIALE ESAMINATA IN QUESTO STUDIO

Lo studio è stato condotto da alcuni ricercatori dell’Università di Harvard sotto la guida di Malcolm McGeoch, fisico della Plex Corporation di Fall River, in Massachusetts, analizzando un meteorite denominato Acfer  086, caduto in Algeria nel 1990. Uno spettrografo di massa ad alta precisione avrebbe rilevato la presenza di una nuova proteina battezzata dal team “emolitina”. Sarebbe costituita prevalentemente da catene di glicina e idrossiglicina-due aminoacidi- nonché da atomi di ferro, ossigeno e litio. Questa proteina risulterebbe arricchita in deuterio, un pesante isotopo di idrogeno che nel suo nucleo atomico presenta, accanto ad un protone, anche un neutrone (assente in un normale atomo di idrogeno).

Un elemento particolarmente significativo, spiega l’articolo postato su arXiv.org, l’archivio online sul quale possono essere pubblicate le ricerche scientifiche in attesa di una peer review. Infatti un simile arricchimento di deuterio non risulta negli aminoacidi presenti sulla Terra. «Ciò indica un’origine dal disco protosolare oppure da una nube molecolare», scrivono McGeoch e gli altri colleghi. «Questo è il primo rapporto relativo ad una proteina proveniente da una fonte extraterrestre», affermano. Ovviamente, nessuno di loro sostiene che questa sia la prova dell’esistenza della vita aliena, ma la loro scoperta potrebbe comunque essere di grande valore per gli astrobiologi.

LA VITA

LA PRESUNTA NUOVA PROTEINA È STATA CHIAMATA EMOLITINA

Innanzitutto, dimostrerebbe che la chimica molto complessa del tipo impiegato dalla vita come la conosciamo sulla Terra avviene in modo spontaneo anche nello spazio profondo. In questo caso, in un qualche punto del cosmo attorno a noi si sarebbe formata una proteina, ovvero uno di quei composti essenziali per il funzionamento delle cellule e quindi per la vita di un organismo. Di conseguenza, verrebbe da pensare che non serve un miracolo per far funzionare i sistemi biochimici e che la Terra non è l’unico posto super-fortunato dell’universo in cui tali sistemi si sono formati. Anzi, la vita potrebbe essere qualcosa di molto comune e  molto normale.

Un’idea che si sta facendo strada tra molti astrobiologi, soprattutto alla luce di vari esempi di chimica complessa che stanno emergendo, come le grandi molecole organiche di idrocarburi presenti nell’atmosfera di Titano, una delle lune di Saturno. Senza contare, poi, le sostanze già evidenziate in meteoriti e comete, come il cianuro (che svolgerebbe un ruolo nella costruzione delle molecole necessarie per la vita), il ribosio ( un tipo di zucchero che costituisce l’RNA) e vari aminoacidi. Ma una proteina intera- e per di più con caratteristiche diverse da quelle terrestri- è un’altra cosa. E visto che lo studio di McGeoch e compagni non ha ancora ottenuto la revisione tra pari, è comprensibile che tra gli scienziati serpeggi un evidente scetticismo sull’annuncio fatto dall’equipe statunitense.

LA VITA È DIFFUSA OVUNQUE NEL COSMO?

LA VITA È DIFFUSA OVUNQUE NEL COSMO?

«Questa relazione non mi impressiona», ha dichiarato ad esempio Jeffrey Bada, professore emerito di chimica marina presso l’Istituto di Oceanografia Scripps di San Diego, in California, esperto di cosmogeochimica organica interpellato da Space.com. «Il problema principale è il verificarsi dell’idrossiglicina, che, per quanto ne so, non è mai stata segnalata in meteoriti o in esperimenti prebiotici. Né si trova in alcuna proteina. Quindi, è strano trovare questo aminoacido in un meteorite e ho molti dubbi su questi risultati», ha detto. D’altra parte, lo stesso articolo ammette che è possibile anche un’altra spiegazione: il composto emerso dalle analisi potrebbe essere un polimero– un ampio di gruppo di cui fanno parte anche le proteine.

Ma in attesa di un responso definitivo, c’è anche chi accoglie con entusiasmo questa ricerca. Come l’astronomo e chimico Chenoa Tremlay, del centro di ricerca australiano CSIRO, intervistato dal sito ScienceAlert.«Penso che questo studio abbia molte implicazioni davvero interessanti e molte argomentazioni avvincenti. E penso che sia davvero un grande passo avanti», il suo commento. A partire dalla possibilità di replicare la nuova metodologia di analisi utilizzata dal gruppo di Harvard, che ha utilizzato un sofware di modellazione, anche su altri meteoriti nei quali sono già stati trovati semplici aminoacidi.

ANCHE SULLA ISS SONO STATI CONDOTTI ESPERIMENTI SULLE PROTEINE

ANCHE SULLA ISS SONO STATI CONDOTTI ESPERIMENTI SULLE PROTEINE

Non solo: come spiega Tremblay, recenti esperimenti condotti sulla Stazione Spaziale Internazionale hanno mostrato che le proteine ​​dovrebbero essere più facili da produrre nello spazio a causa della ridotta gravità e gli scienziati-astronauti a bordo della ISS sono effettivamente riusciti a produrre molecole proteiche abbastanza grandi e abbastanza stabili da essere riportate sulla Terra. «Quindi siamo piuttosto sicuri che le proteine ​​possano esistere nello spazio. Ma sarebbe qualcosa di interessante ed eccitante se potessimo effettivamente iniziare a trovare prove della loro esistenza e di quali potrebbero essere alcune delle strutture più comuni».

La notizia diventa ancora più di attualità alla luce dell’articolo appena pubblicato sulla rivista scientifica Astrobiology: ricercatori della Washington State University, elaborando dati raccolti dalla sonda Curiosity a spasso da anni su Marte, sostengono di aver trovato tracce di tiofene. Si tratta di un composto eterociclico che sulla Terra su trova nel carbone, nel petrolio e nei tartufi bianchi. La sua presenza nella polvere marziana potrebbe essere un indizio di forme di vita esistenti una volta sul Pianeta Rosso. Secondo Dirk Schulze-Makuch, le analisi suggerirebbero un processo biologico, anche se necessitato di ulteriori conferme- magari, quando arriverà su Marte la sonda dell’ESA con il rover Rosalind Franklin dotato di un vero e proprio laboratorio di analisi chimiche.

Come riporta l’agenzia di stampa italiana Agi, il team americano, coadiuvato dalla Technische Universitaet di Berlino, ha valutato vari ipotesi riguardo la formazione e l’evoluzione dei tiofeni, arrivando a stabilire che il processo biologico sia più probabile di quello chimico. «Le molecole di tiofene sono composte da quattro atomi di carbonio e un atomo di zolfo, entrambi elementi bio-essenziali. Ma ovviamente esiste la possibilità che i composti derivino da processi non biologici», precisa Jacob Heinz, altro autore dello studio. «Una delle spiegazioni più plausibili riguarda gli impatti meteoritici, che avrebbero potuto innescare processi biochimici. Nello scenario biologico, invece, i batteri, che potrebbero risalire a più di tre miliardi di anni fa, avrebbero potuto innescare un processo che avrebbe portato allo sviluppo dei tiofeni».

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