Non erano casi isolati. Gli oggetti misteriosi inseguiti e ripresi in volo dai piloti della US Navy- “filmati autentici di reali fenomeni non identificati”, ha riconosciuto alla fine di aprile il Dipartimento della Difesa di Washington- non sono gli unici ad aver lasciato sbigottiti i vertici della Marina. Anzi, la lista degli avvistamenti di UAP– o se vogliamo usare la sigla più popolare, di UFO- è piuttosto lunga.
UNO DEGLI OGGETTI RIPRESI DAI PILOTI DELLA US NAVY
Lo sapevamo già: lo scorso anno Joseph Gradisher, portavoce della Marina Militare degli Stati Uniti, aveva ammesso che erano stati numerosi gli incontri con intrusi all’interno di spazi aerei interdetti perché di uso esclusivamente militare. Gradisher aveva parlato di episodi molto frequenti, addirittura quasi giornalieri in determinati periodi. Ora arriva la conferma ufficiale, grazie ai documenti rilasciati pochi giorni fa sulla base del FOIA, il Freedom of Information Act che garantisce il diritto d’informazione e consente ai cittadini l’accesso agli atti amministrativi.
Dalle pagine del New York Times– il primo quotidiano ad aver rivelato, nel dicembre 2017, l’esistenza di un programma segreto per studiare questi anomali fenomeni aerei denominato Advanced Aerospace Threat Identification Program, abbreviato in AATIP- scopriamo così che tra il 27 giugno del 2013 e il 13 febbraio del 2019 i top gun della Marina USA hanno riferito 8 incontri con velivoli sconosciuti e in alcuni di questi contatti ravvicinati si è verificato un reale rischio di collisione per le ridotte distanze in volo. Due di questi incidenti sono avvenuti nello stesso giorno.
GLI AVVISTAMENTI SIMILI A QUESTO SAREBBERO STATI NUMEROSI
Per questi nuovi casi non sono stati forniti video o immagini fotografiche, ma abbiamo i racconti dei testimoni oculari- piloti addestrati alla guerra, certo non soggetti facilmente impressionabili o suggestionabili. Questi verbali sono stati inclusi dalla US Navy in un elenco di “hazard reports”, rapporti di rischio: riguardano sia avvistamenti visivi sia avvistamenti radar e includono come dicevamo anche incidenti in cui è mancato poco, pochissimo, ad uno scontro con questi mezzi descritti come “Unmanned Aerial Systems”, ovvero sistemi aerei senza equipaggio.
Il 26 maggio 2014 è stato il radar a registrare il passaggio di un oggetto argenteo, “approssimativamente delle dimensioni di una valigia“ tracciato a 1000 piedi da un jet militare- circa 300 metri- sopra l’Oceano Atlantico, di fronte a Virginia Beach. Esattamente dove avevano visto “strane cose” i tenenti Ryan Graves e Danny Accoid, intervistati proprio dai cronisti del quotidiano newyorkese in un articolo pubblicato lo scorso anno e di cui abbiamo parlato nel blog il 27 maggio 2019. Graves, ex pilota di F/A-18 Super Hornet della squadriglia dei Red Rippers, operativa sulla portaerei Theodore Roosvelt, aveva raccontato le sue esperienze e quelle riferite da altri colleghi.
IN ALCUNI CASI, SI SAREBBE SFIORATA LA COLLISIONE IN VOLO
Uno di questi episodi è documentato in un rapporto datato 27 giugno 2013: l’equipaggio di un jet aveva visto qualcosa passare ad appena 60 metri alla sua destra. L’oggetto mostrava una visibile scia di fumo nella parte posteriore. «Il velivolo era bianco e di dimensioni e aspetto simile a un drone o a un missile.» Tuttavia, nel testo si specifica che nessun altra agenzia governativa aveva lanciato droni o missili in quell’area in quel momento. Il rapporto aggiungeva poi:«I veicoli aerei senza equipaggio rappresentano una significativa minaccia di collisione in volo». L’episodio, si evince dal report, fu preso in seria considerazione dal comandante della squadriglia.
In questi documenti non troviamo nessuna ipotesi, nessun tentativo di spiegare la provenienza di questi oggetti: i piloti che raccontano i loro incontri evitano ogni congettura, come già avevano fatto i testimoni intervistati dal New York Times– anche se Ryan Graves aveva escluso che si trattasse di droni segreti di produzione americana. Da parte del Dipartimento della Difesa, comprensibilmente, non è mai stata ventilata una potenziale origine non terrestre e anzi si è sempre sottolineata la possibilità di trovare- prima o poi- una spiegazione convenzionale a questi fenomeni tanto insoliti.
UN F/A 18 SUPER HORNET
Tra gli incidenti emersi grazie al FOIA, anche quello avvenuto il 18 novembre 2013 ha suscitato un certo allarme. Responsabili sempre dei cosiddetti “Unmanned Aircraft Systems” – abbreviati nel testo in UAS-ritenuti particolarmente pericolosi perché , per le loro ridotte dimensioni, sono più difficili da individuare. Neanche un mese dopo, un altro pilota riferiva di aver visto, con i propri occhi, un piccolo oggetto bianco segnalato dal suo radar a 12mila piedi di altitudine (3600 metri) e a meno di un miglio di distanza (un chilometro e 800 metri), in un’area nella quale- aveva assicurato il controllo aereo- non c’era traffico. Ovvero, per le strumentazioni, non volava nessun altro oltre al top gun.
C’è poi un verbale del 26 marzo 2014 che riguarda un incidente sempre avvenuto in un corridoio di volo a uso esclusivamente militare e che ha coinvolto due caccia. Ancora una volta, si tratta dell’avvistamento di un piccolo oggetto metallico di color argenteo, a ridotta distanza – 300 metri- che i piloti non sono stati in grado di identificare. La preoccupazione del comandante del Fleet Area Control and Surveillance Facility è espressa in questa frase a commento:«Ciò rappresenta un significativo problema per la sicurezza, dato che questi velivoli sconosciuti vengono individuati in una zona interdetta al volo. Temo che possa essere solo questione di tempo prima che uno dei noistri F/A-18 abbia una collisione in volo con un UAS non identificato».
IL DIPARTIMENTO DELLA DIFESA NON HA AVANZATO IPOTESI SULLA NATURA DI QUESTI VELIVOLI SCONOSCIUTI
E ancora, il 23 aprile 2014, due oggetti sono stati tracciati dai radar e nello stesso tempo altri due sono stati osservati ad occhio nudo volare ad alta velocità davanti alla costa della Virginia. I due episodi- si legge- hanno costituito una severa minaccia per la aviazione navale. «È solo questione di tempo prima che ciò comporti una collisione», si legge anche in questo rapporto. «È stato il secondo episodio del genere per la squadriglia negli ultimi 10 mesi».