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«Una sonda per esplorare il Planet X»

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Forse esiste o forse no, ma non importa: alla scienza piace anche procedere per ipotesi. E allora, nel caso in cui da qualche parte, alla periferia del sistema solare, ci fosse davvero un pianeta ancora sconosciuto, cosi lontano dal Sole da non essere visibile nemmeno con i telescopi più potenti e sofisticati, come potremmo accertarne la presenza? Lo studio di un team internazionale cerca di dare risposta a questo interrogativo, illustrando le missioni in grado di scovare il fantomatico Planet X.

UN'IMMAGINE ARTISTICA DEL PIANETAS 9, DETTO ANCHE PIANETA X

UN’IMMAGINE ARTISTICA DEL NONO PIANETA, DETTO ANCHE PIANETA X

L’articolo è stato pubblicato dalla rivista Earth and Planetary Astrophisics e parte dal presupposto che al di là di Nettuno, in quella zona chiamata Fascia di Kuiper, tra una miriade di grossi asteroidi e piccoli planetoidi, ci sia un mondo ancora da scoprire, di dimensioni ancora da accertare e a una distanza ancora tutta da stabilire… Ecco, detto così, l’ipotetico Nono Pianeta appare più una scommessa che altro. In effetti, nessuno l’ha mai visto. Eppure- secondo un buon numero di ricercatori che nel corso degli anni ne hanno discusso- dovrebbe proprio esserci. Il moto insolito di un gruppo piuttosto nutrito di Oggetti Trans Nettuniani (TNOs in inglese) rende quasi obbligatoria la presenza di un corpo celeste massiccio, mai illuminato dalla luce solare e per questo praticamente invisibile,  in grado di modificare e alterare quelle orbite.

PICCOLI CORPI GHIACCIATI AFFOLLANO LA FASCIA DI KUIPER.

PICCOLI CORPI GHIACCIATI -TNO-AFFOLLANO LA FASCIA DI KUIPER.

Nel 2014, gli astronomi Chad Trujillo e Scott Shepard sostenevano che poteva trattarsi di una Super-Terra (una tipologia planetaria diffusissima nella Via Lattea, ma stranamente assente nel nostro sistema solare), grande tra le 5 e le 15 volte il nostro pianeta e a una distanza mostruosa dal Sole, probabilmente a svariate centinaia di Unità Astronomiche. Una stima poi rivista negli anni seguenti grazie a  nuovi calcoli e nuove simulazioni al computer da altri due studiosi,  Mike Brown e Konstantin Batygin del Cal Tech: quel mondo, 5 o 6 volte la Terra, a 400 UA da noi,  dovrebbe compiere un’intera orbita in circa 7600 anni.  Anche il suo percorso- sulla base delle alterazioni orbitali dei TNO presi in considerazione- è stato più o meno individuato. Ma di quel mondo, finora, nessuna traccia: non si può sapere a che punto della sua rivoluzione attorno al Sole si trovi e quindi non si può sapere in quale settore del cielo  puntare i nostri telescopi  per provare a vederlo. Sempre che ci sia.

L'ORBITA DI QUESTO MISTERIOSO PIANETA SAREBBE FORTEMENTE ALLUNGATA

L’ORBITA DI QUESTO MISTERIOSO PIANETA SAREBBE FORTEMENTE ALLUNGATA

«Non abbiamo certezze in merito. È molto probabile, direi,  che esista un insolito raggruppamento di oggetti trans nettuniani. Non sappiamo cosa lo stia causando, ma il Pianeta 9 sembra essere un candidato promettente», dice Manasvi Lingam, professore presso il Florida Institute of Technology e coautore dell’ultimo studio.  Nell’articolo, Lingam e i colleghi propongono l’invio di una sonda per andare alla ricerca del Planet X: potrebbe avere la stessa importanza- o forse, ancora di più- di New Horizons, la navicella che per la prima volta ha potuto dare un’occhiata da vicino a Plutone, considerato il Pianeta numero 9 per 76 anni e poi retrocesso a pianeta nano nel 2006 (e proprio per colpa del professor Brown).

IL LUNGO VIAGGIO, DURATO QUASI 10 ANNI, DELLA SONDA NEW HORIZONS

LA SONDA NEW HORIZONS HA VIAGGIATO OLTRE 10 ANNI

Prima che nel 2015 New Horizons arrivasse nelle vicinanze di Plutone, le uniche immagini a disposizione prese con i telescopi, sia terrestri che spaziali, erano sfocate, imprecise. Scarse anche le informazioni: si conosceva la sua massa, ma si sapeva ben poco di come fosse la sua superficie, la sua atmosfera, la sua geologia. La sonda della NASA, con i suoi fly-by (ossia, sorvoli ravvicinati) ha svelato in pochi giorni tutti i segreti di Plutone. Lo stesso potrebbe accadere con il misterioso Planet X. «È molto probabile» – ha detto al sito Universe Today il dottor Andreas Hein, scienziato capo presso l’Università del Lussemburgo. «Anche i migliori telescopi sono di gran lunga inferiori alle osservazioni ravvicinate di una sonda che vola sopra un corpo celeste. Ciò è ancor più vero per i corpi lontani e deboli, come nel caso del Pianeta 9. Il motivo è la fisica. Più un oggetto è debole, più grande deve essere il telescopio per raccogliere luce da quell’oggetto e più a lungo lo devi osservare»,

PLUTONE, UNA VOLTA IL 9° PIANETA DEL SISTEMA SOLARE

UN’ IMMAGINE RAVVICINATA DI PLUTONE

Ma come arrivare abbastanza vicini per riprendere questo lontanissimo inquilino del sistema solare? Si potrebbe sfruttare l’effetto fionda gravitazionale di Giove o del Sole per accelerare la velocità della sonda, spinta da propellente tradizionale, chimico  oppure nucleare. Un viaggio molto impegnativo: i ricercatori calcolano che il tragitto stimato di 400 UA sarebbe coperto, a seconda del tipo di missione, in un lasso di tempo compreso tra i 40 e i 100 anni. A meno che non si ricorra a una tecnologia innovativa, quella delle vele solari, alimentate da un raggio laser: in questo caso, in neanche 7 anni potremmo raggiungere quella impressionante distanza. Ma quella tecnologia non è ancora disponibile.

UNA SONDA A VELE SOLARI SPINTA DA UN RAGGIO LASER

UNA SONDA A VELE SOLARI SPINTA DA UN RAGGIO LASER

Lo conferma il professor Hein: «Le vele laser sono al momento teorizzate da Breakthrough Starshot, un progetto di cui faccio parte e che ha fatto grandi passi in avanti negli ultimi 6 anni, compresi i prototipi di laboratorio.  Sebbene la tecnologia di volo sia per ora concettuale, alcuni degli elementi costitutivi della tecnologia esistono già. L’obiettivo del progetto è lanciare una vela laser verso un’altra stella, ma dovrebbe essere possibile sviluppare una versione su piccola scala entro i prossimi 10-15 anni circa, con un budget inferiore rispetto quello di una sonda spaziale tradizionale (poche centinaia di milioni di dollari). Questa versione su piccola scala,una volta sviluppata, potrebbe essere utilizzata per raggiungere il Pianeta 9 entro pochi anni.  Con questa tecnologia, sonde di quel tipo potrebbero essere lanciate su base settimanale a costi centinaia di volte inferiori rispetto alle navicelle attuali».

 I tempi sembrano comunque molto lunghi: 15 anni più altri sette nel caso delle vele, qualche decennio o addirittura un secolo negli altri casi. «Ma non dobbiamo scoraggiarci– aggiunge Lingam- anche il veicolo spaziale Voyager funziona all’incirca da 40 anni e continua a fornire una grande quantità di dati. Una presunta missione sul Nono Pianeta (ammesso che esista) non solo rivoluzionerebbe la nostra comprensione del sistema solare esterno, ma potrebbe anche permetterci di studiare altri obiettivi  lungo il percorso: ad esempio, alcune manovre ci porteranno vicino a Giove e al Sole». Insomma, dovrebbe comunque valerne la pena, soprattutto perché quel viaggio nella Fascia di Kuiper ci farebbe conoscere in modo più dettagliata la cosiddetta “terza zona” che si estende oltre Nettuno e magari farci riscrivere la storia del sistema solare.

IL SISTEMA SOLARE ATTUALE SAREBBE MOLTO DIVERSO RISPETTO ALLE ORIGINI

IL SISTEMA SOLARE ATTUALE SAREBBE MOLTO DIVERSO RISPETTO ALLE ORIGINI

Attualmente, nella prima zona troviamo i quattro piccoli pianeti rocciosi (Mercurio, Venere, Terra e Marte) separati, grazie alla Cintura degli Asteroidi, dalla seconda zona popolata invece da quattro giganti gassosi  ghiacciati {Giove, Saturno, Urano e Nettuno). Al di là, c’è per  l’appunto la terza zona, piena zeppa di piccoli corpi come  Plutone, Eris, Makemake. Ma prima non era cosi. Secondo uno studio di Brett Gladman (Università della British Columbia) e di Kathryn Volk (Università dell’Arizona) pubblicato nel 2021 sulla rivista Annual Review of Astronomy and Astrophysics , le simulazioni al computer concordano su un fatto: in origine nel nostro sistema solare c’era almeno un pianeta in più, poi espulso.

QUESTO MISTERIOSO PIANETA ALTEREREBBE LE ORBITE DI ALCUNI OGGETTI TRANS NETTUNIANI

SE IL NONO PIANETA ESISTE, VALE LA PENA CERCARLO

In epoche remote, i quattro giganti molto probabilmente orbitavano attorno al Sole a distanze diverse (e forse anche in un ordine diverso) rispetto a oggi. Ma a un certo punto, per via delle interazioni dei loro fortissimi campi gravitazionali, Giove è stato spinto più vicino al Sole, mentre gli altri tre si sono spostati più all’esterno. In questa fase a dir poco tumultuosa del sistema solare, uno o più pianeti rocciosi delle dimensioni della Terra o di Marte sono stati a loro volta spinti al di fuori della loro orbita, nella Fascia di Kuiper oppure addirittura nello spazio interstellare, non si può sapere. Ma se il gemello perduto della Terra è finito nella terza zona, deve essere ancora là, da qualche parte. Ed è arrivato il momento  di cercarlo.

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