Nella nostra galassia- dicono da tempo gli scienziati- esisterebbero miliardi di pianeti potenzialmente adatti ad ospitare la vita. Ma la cifra già enorme potrebbe essere ancora più elevata, secondo una ricercatrice del Mit- il Massachusetts Institute of Technology di Boston- che in un articolo pubblicato sulla rivista Science ha rivisto al rialzo la stima delle potenziali copie della Terra sparse per la Via Lattea.
Per ora, infatti, i ricercatori hanno definito “abitabili” i pianeti rocciosi, grandi più o meno come il nostro, dotati di acqua allo stato liquido grazie alla giusta posizione rispetto alla loro stella- nè troppo distanti, nè troppo vicini. La fisica teorica Sara Seager affronta invece l’argomento da un’ottica allargata, puntando l’attenzione sull’atmosfera di questi mondi alieni.
“La nostra premessa di base è che per essere abitabile un pianeta deve avere acqua liquida. Inoltre, quelli con un’atmosfera sottile sono per la maggior parte riscaldati dal loro sole. Ma ciò che regola principalmente la temperatura superficiale è l’effetto serra: quello che dobbiamo davvero capire è dunque quali tipi di gas ci sono nell’atmosfera e quanto essa sia spessa “, ha detto in una recente intervista.
Così, mondi dieci volte più lontani dallo loro stella di quanto non lo sia la Terra dalla sua potrebbero essere bagnati da mare ed oceani se, per esempio, avessero sufficiente idrogeno nella loro atmosfera, perchè questo gas è in grado di produrre un intenso effetto serra che manterrebbe calda la superficie nonostante la scarsità dell’irraggiamento solare.
Ma anche pianeti aridi molto vicini alla loro stella potrebbero essere altrettanto abitabili, sostiene la Seager. Hanno bisogno, dice, di meno acqua per creare temperature adatte perchè l’umidità atmosferica è il più efficace effetto-serra possibile. Cita, come esempio, Venere. Il pianeta più vicino al nostro Sole una volta possedeva molta acqua, ma la presenza di tanta umidità ha fatto scattare un effetto-serra così violento da renderlo poi invivibile. Se Venere, all’origine, fosse stato molto più asciutto, avrebbe potuto evolvere in un pianeta abbastanza abitabile.
Non basta, però. Secondo la ricercatrice del Mit, anche i pianeti erranti– quelli che vagano per lo spazio, molti di più di quanto fino a pochi anni fa non si immaginasse- potrebbero ospitare la vita. Non si può escludere, infatti, che siano in grado di generare autonomamente il calore necessario, con un processo radioattivo all’interno del loro nucleo, ad esempio, oppure- anche in questo caso- con un mix di gas in grado di mantenere la temperatura atmosferica ideale. “Se abbiamo imparato una lezione importante dagli esopianeti- ha scritto la Seager nel suo articolo scientifico- è che tutto è possibile, all’interno delle leggi della fisica e della chimica.”
La posizione della fisica teorica non è isolata. Anche altri suoi colleghi sono convinti che il prossimo passo fondamentale per scoprire un gemello terrestre sia identificare gli elementi che compongono la sua atmosfera, alla ricerca di gas specifici. Sulla Terra, ad esempio, la grande quantità di ossigeno è un segnale certo della presenza di forme viventi, perchè se non viene continuamente prodotto tende rapidamente a disperdersi. Così, nei mondi alieni, la scoperta di altre sostanze, come ozono e metano– soprattutto insieme all’ossigeno- indicherebbe un’alta probabilità di vita extraterrestre.
Attenzione, però: probabilità, non certezza. Su questo, Sara Seager è chiara.”Nonostante le difficoltà, siamo sulla strada per comprendere cosa sia l’abitabilità e come trovare mondi abitabili, ma ciò non significa che la vita extraterrestre debba necessariamente esistere o che la troveremo in futuro al 100 per cento. Però”, conclude l’articolo su Science “almeno adesso sappiamo meglio dove guardare.”
SABRINA PIERAGOSTINI