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Cosa ha fatto estinguere i Mammut?

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Mentre i biologi studiano la possibilità di clonare un mammut, grazie ad una carcassa perfettamente conservata appena estratta dal ghiaccio siberiano, i geologi hanno forse capito invece cosa abbia provocato l’estinzione di massa, rapida e totale, di questi pachidermi lanosi dei tempi antichi, scomparsi circa 12 mila anni fa.

COSA HA FATTO ESTINGUERE I MAMMUT?

A quell’epoca la Terra- appena uscita dall’Era Glaciale-risprofondò  all’improvviso in una fase di clima estremamente rigido: è quello che viene chiamato Younger Dryas, un periodo durato nell’emisfero nord circa 1300 anni. Kenneth Tankersley, professore di antropologia e geologia dell’Università di Cincinnati, e la sua equipe di ricerca credono di averne scoperto l’origine: un’esplosione di dimensioni apocalittiche avrebbe offuscato per secoli la luce del sole, facendo precipitare le temperature.

Lo studioso ha analizzato gli strati geologici della Sheridan Cave, una grotta in Ohio. A 30 metri di profondità- in concomitanza con lo strato relativo a 13 mila anni fa- ha scoperto un deposito di sferule di carbonio da impatto. Queste minuscole palline di carbone si formano ad alte temperature: secondo Tankersley, si sarebbero generate dalla combustione della roccia, possibile solo con una gigantesca fonte di calore. Quindi, durante la Younger Dryas, qualcosa di terribile deve aver colpito questa area degli Stati Uniti.

Ma visto che simili depositi, appartenenti allo stesso periodo geologico, sono stati trovati in altri 17 siti sparsi in 4 continenti, il ricercatore ne ha tratto questa conseguenza: l’evento ebbe scala planetaria, coprendo una superficie di 50 milioni di km quadrati. “Sappiamo che qualcosa di sufficientemente caldo fece sciogliere la roccia, producendo queste sferule di carbone. Qualcosa di molto grande, che coinvolse tutto il mondo”, dice. La natura di quel “qualcosa” non è ancora chiara: un meteorite, una cometa, oppure un supervulcano.

UNA SFERULA DI CARBONE AL MICROSCOPIO ELETTRONICO

“Pensiamo a quello che accadde nel 1883, quando esplose il Krakatoa, in Indonesia”- spiega il professore. ” Quell’anno, a Cincinnati, non ci fu l’estate. L’inverno durò un anno intero. E quello era solo un piccolo vulcano“. Dunque, un’eruzione decine di volte peggiore avrebbe potuto riempire l’atmosfera di migliaia di tonnellate di cenere, schermando la luce del sole e raffreddando, all’istante, la Terra.

Non fu infatti l’evento in sè, per quanto senza precedenti nella storia dell’umanità, a fare la differenza. Più che l’aria resa irrespirabile dai gas venefici o gli incendi estesi, a provocare i danni più gravi furono le conseguenze a lungo termine. Il crollo verticale delle temperature e il radicale cambiamento climatico produssero quelli che il ricercatore chiama “i vinti e i vincitori” del Younger Dryas. “Gli esseri viventi non avevano che tre possibilità: migrare in un altro ambiente; adattarsi alla nuova condizione; estinguersi. I nostri antenati riuscirono a sopravvivere, spostandosi ed adeguandosi; i mammut invece morirono tutti“, spiega.

Dal passato, Kenneth Tankersley ricava una lezione per il nostro futuro, in prospettiva dell’ecosostenibilità. “Che lo vogliamo ammettere o no, anche noi stiamo vivendo in un periodo di rapido e profondo mutamento globale del clima. Anche noi viviamo in un’epoca di estinzione di massa. Dobbiamo imparare dalla storia. Gli esseri umani del Younger Dryas erano cacciatori-raccoglitori. Quando avvenne il cataclisma, trovarono nuovi luoghi per cacciare e nuove piante da raccogliere. Le prove esaminate nella Sheridan Cave dimostrano, comunque, che la maggior parte degli animali e dei vegetali superarono quella difficile fase: delle 70 specie esistenti, ne sono sopravvissute 68.”

 

L'ULTIMA ERUZIONE DEL VULCANO KRAKATOA

Non solo. L’evento devastante di 13 mila anni fa potrebbe ripetersi. Terremoti, tsunami, vulcani: ogni tipo di disastro naturale può accadere in ogni momento e la storia dimostra che può avere effetti devastanti. “In più, un altro catastrofico cambiamento al quale non pensiamo e che è del tutto fuori dal nostro controllo potrebbe arrivare dallo spazio. Ci rammenta quanto siamo fragili. Immaginate- oggi- un’esplosione che si estenda a 4 continenti. La specie forse umana sopravvivrebbe. Ma tutto poi sarebbe diverso: sarebbe un punto di svolta.”

SABRINA PIERAGOSTINI

 

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