“Prevedere un terremoto è difficile, specialmente nel futuro”. Lo dicono, con tragica ironia, i sismologi, frustrati dall’impossibilità di predire i movimenti tellurici della terra e di evitare, così, danni e vittime. Ma dopo gli eventi drammatici degli ultimi anni, forse qualcosa nell’ambito della prevenzione sta cambiando.
“All’indomani della scossa e dello tsunami del 2004, che hanno devastato l’Indonesia, ho provato quasi vergogna: si era potuta verificare una catastrofe del genere nonostante tutti gli sforzi compiuti dalla ricerca”, ammette Ross Stein, geofisico dell’ U.S. Geological Survay, l’agenzia scientifica del governo degli Stati Uniti. Eppure, aggiunge, ora gli esperti hanno scoperto qualcosa di più rispetto al passato. Tutto merito- si fa per dire- del violentissimo terremoto dell’Oceano Indiano e di quelli che hanno poi colpito Cina, Cile, Giappone e Nuova Zelanda.
La prima novità riguarda le scosse di assestamento che si susseguono dopo quella principale. Finora sono sempre state considerate come gli ultimi singulti di un terremoto in fase terminale. Invece, andrebbero valutate come prodromi di ulteriori terremoti. Stein prende ad esempio i sismi avvenuti in Cile, nel 2010, e in Giappone, l’anno seguente. “Anche se sono stati terribili, in realtà potremmo quasi dire che hanno mancato il bersaglio“, dice il geofisico. Entrambi, infatti, hanno avuto un epicentro lontano circa 300 miglia (quasi 500 km) dalle popolosissime capitali, Santiago e Tokio.
Una bella fortuna. Sì, ma non troppo- dice Stein. “I nostri studi indicano che ora le due città sono a rischio, proprio perchè quei terremoti e le scosse di assestamento successive hanno sottoposto a forte stress le faglie prossime a Santiago e a Tokio”. Un fattore di pericolo elevato, perchè le fratture nella roccia, sotto pressione, potrebbero scivolare, scatenando sismi enormi che colpirebbero le due metropoli. “In un’area vasta come quella della capitale giapponese, il rischio è aumentato 2 o 3 volte dopo lo shock del 2011″.
Ma in questo quadro preoccupante emerge una buona notizia: lo schema ricorrente nella frequenza delle scosse di assestamento dopo i megaterremoti potrebbe dare modo agli scienziati di calcolare le probabilità che se ne verifichi un altro nella stessa zona con una certa precisione. Non è però questa l’unica lezione imparata dai sismologi. Il terremoto del Giappone, infatti, è stato provocato dal margine di una placca tettonica nell’Oceano Pacifico. Gli scienziati la conoscevano, ma erano convinti che potesse fratturarsi solo in un determinato punto alla volta. Ma si sbagliavano.
“A Tohoku tutta la placca si è fratturata e si è creato un terremoto molto più vasto di quanto avremmo mai potuto immaginare”, ammette Ned Field, collega di Stein. Da allora, i geofisici analizzano il sistema di faglie nel suo insieme e sanno che quando una parte arriva al punto di frattura, le altre la seguiranno. “Ci siamo resi conto che anzichè produrre un terremoto isolato di magnitudo 7, può capitare che le faglie si uniscano le une alle altre scatenando terremoti assai più ampi.”
In sostanza, gli esperti hanno imparato che un sisma devastante può essere contagioso, sia nell’immediato, sia a distanza di mesi o anni. Una nuova consapevolezza che ha delle implicazioni importanti. Sulla scorta di queste nozioni, Ned Field sta infatti ridisegnando la mappa dei territori a rischio-terremoto in California: dovrebbe terminare il suo lavoro entro la fine dell’anno. L’ultima versione si basa sull’idea che se un sisma ha colpito di recente una zona, le possibilità che ne avvenga un altro nelle vicinanze aumentano.
Così i residenti delle aree più esposte potranno sottoscrivere una assicurazione sulla casa oppure fare degli interventi antisismici per renderla più sicura. “Al momento noi scienziati possiamo offrire solo questo all’opinione pubblica: ci sforziamo al massimo per individuare dove il pericolo è maggiore e poi la gente, una volta informata, fa le sue scelte”, dice Stein. Insomma, si parla solo di probabilità- nessuna certezza. I terremoti- per quanto ne dica la giustizia italiana- non possono essere scientificamente previsti.
SABRINA PIERAGOSTINI