Ricopiare un DNA alieno per riprodurre in laboratorio una creatura di altri mondi. Non è la trama dell’ultimo film di fantascienza di Riddley Scott, ma il progetto del genetista J. Craig Venter, uno degli scienziati che ha mappato il genoma umano: presto, dice, saremo in grado di duplicare forme di vita extraterrestri. Come? Semplice: con un software e una stampante in 3D…
Con questo metodo, dice il ricercatore, si potranno disegnare ogni tipo di cellula e anche interi organismi. Le prime ricadute di questa straordinaria tecnologia saranno di grande utilità: potremmo produrre biocarburanti, combattere il riscaldamento globale, sviluppare nuove terapie mediche, come Venter spiega nel suo ultimo libro “Life at the Speed of Light: From the Double Helix to the Dawn of Digital Life” (“Vita alla velocità della luce: dalla doppia elica all’alba della vita digitale“).
Nel libro, da poco uscito sul mercato anglosassone, affronta l’annosa questione: cosa è la vita? Per il genetista, può essere ridotta a “proteine robot” e a “macchine DNA”, ma crede anche che il futuro ci riservi molte, straordinarie opportunità per creare, da zero, nuovi organismi viventi.
Lo scienziato è un pioniere in questo settore: è stato il primo a creare una forma di vita sintetica nel 2010, denominata “Mycoplasma Laboratorium”, per la quale ha chiesto il brevetto. L’obiettivo è stato raggiunto inserendo il genoma di un microbo, modificato in laboratorio, nella cellula di un batterio che si è poi riprodotto: il primo organismo creato direttamente dall’Uomo. Ora Venter è a capo dell’istituto che porta il suo nome e che continua le ricerche sulla biologia sintetica.
“Ormai gli scienziati sono in grado di manipolare e modificare il DNA aggiungendo determinate caratteristiche per creare dei microbi su misura”, ha affermato lo studioso. A suo avviso, siamo insomma all’inizio di una “rivoluzione genetica” che permetterà all’umanità di modificare a proprio vantaggio tutte le forme viventi presenti sulla Terra, dal grano in grado di resistere alla siccità e alle malattie, agli organismi artificiali capaci di produrre farmaci. Non solo: le cellule sintetiche potrebbero essere usate anche per potenziare l’intelligenza o allungare la durata della nostra esistenza.
Gli scienziati giocano dunque a fare Dio? Quali implicazioni morali comporta cambiare, trasformare o addirittura creare dal nulla la vita? A quali pericoli concreti ci può esporre? Preoccupazioni delle quali Venter non si preoccupa, scrive nel libro. Anzi. “La mia paura più grande non è l’abuso della tecnologia, ma il suo mancato utilizzo”. Ecco perchè il ricercatore guarda in avanti e prospetta scenari futuristici: entro tempi brevi, dice, saremo pronti anche a riprodurre in laboratorio forme di vita che non esistono qui, sul nostro pianeta, ma che si sono sviluppate su altri mondi.
“Sono fiducioso del fatto che una volta c’era la vita su Marte e forse potrebbe esistere ancora. Non è lontano il giorno nel quale potremo spedire su un altro pianeta una sonda robotica capace di leggere la sequenza del DNA di un qualche microbo. Se poi riusciamo a trasmetterla sulla Terra (alla velocità della luce, come recita il titolo del libro) saremo in grado di ricostruire quei genomi“, sostiene J. Craig Venter. La versione sintetica di un DNA scoperto ad esempio su Marte potrebbe permetterci di ricreare, qui, sul nostro pianeta, la vita marziana.
L’eventuale microorganismo alieno verrebbe prima disegnato sul computer e digitalizzato, venendo così tradotto, con un particolare software, in una serie di dati da inviare ad una stampante biologica in 3D che provvederebbe a realizzarlo. Una prospettiva strabiliante, che presenta però anche il rovescio della medaglia: con la stessa tecnologia, anche delle creature aliene altamente evolute potrebbero ricavare le sequenze del nostro DNA per riprodurre in modo sintetico degli esseri umani sui loro pianeti. Ma questa è fantascienza… Oppure no?
SABRINA PIERAGOSTINI