Cosa c’è dopo la morte? Esiste davvero un Aldilà dove la vita prosegue in altre forme e dimensioni? È possibile mettersi in contatto con coloro che hanno oltrepassato questa soglia senza ritorno? Sono interrogativi esistenziali ai quali ognuno di noi dà risposte in base alla propria sensibilità, al proprio credo, alle proprie esperienze personali. L’unica categoria che sembra possedere solo certezze è quella formata dai medium.
Astuti ingannatori che approfittano della fragilità di chi è pronto a tutto pur di risentire accanto a sé una persona cara deceduta, oppure soggetti davvero provvisti di capacità straordinarie che li rendono dei canali, dei mezzi per l’appunto, con i quali comunicare con i trapassati? Purtroppo i fatti di cronaca dimostrano che -molto spesso- dietro le presunte doti medianiche si nascondono truffe vergognose.
Negli Stati Uniti, un team ha voluto mettere alla prova alcuni medium, per verificare le loro affermazioni. Tutti i ricercatori hanno molta esperienza nel campo del paranormale, in particolare Dean Radin, ingegnere elettrico con un dottorato in psicologia, ex presidente del Parapsychological Association ed autore di vari testi sull’argomento, e Julie Beischel, laureata in Farmacologia e Tossicologia, nota soprattutto per i suoi studi sulla sopravvivenza della coscienza dopo la morte.
Sicuramente gli autori dell’articolo pubblicato dalla rivista online “Frontiers in Psychology” hanno dunque una personale predisposizione a credere nell’Aldilà e nella possibilità di entrare in contatto con le anime di chi non c’è più, ma la loro ricerca si è sviluppata seguendo procedure rigorose, sotto il controllo del professor Arnaud Delorme, dell’Università di Tolosa. Hanno infatti sottoposto ad un esame- basato sull’ attività elettrica del cervello– sei persone che affermavano di poter parlare con i trapassati.
Ogni sedicente medium è stato sottoposto ad un duplice test. Inizialmente, gli è stato comunicato il nome di un defunto e gli sono state formulate 25 precise domande relative a quella persona. Il sensitivo, con gli occhi bendati- per evitare distrazioni, ma forse anche suggerimenti involontari da parte degli esaminatori- aveva 20 secondi di tempo per ricevere mentalmente le risposte e per riferirle a parenti ed amici del trapassato. È stato chiesto proprio a loro di valutarne l’esattezza.
Quattro medium hanno dato un buon numero di risposte adeguate; tre di loro, in una percentuale significativamente superiore alla probabilità di indovinare per puro caso. Uno, in particolare, ha mostrato una stretta correlazione tra l’accuratezza delle risposte e l’ attività cerebrale relativamente alle onde theta frontali registrate da un EEG – un elettroencefalogramma.
Nella seconda parte dell’esperimento, ai partecipanti è stato chiesto di concentrarsi e di immergersi in quattro diversi stati mentali, per un minuto di fila. Dovevano prima pensare ad una persona a loro nota e in vita, poi ascoltare una biografia, successivamente immaginare un individuo inventato ed infine interagire col pensiero con una persona a loro nota ma morta. Il procedimento è stato ripetuto per tre volte.
Tutti i sei presunti sensitivi hanno mostrato una significativa differenza dell’ attività elettro-corticale a seconda di quello su cui dovevano concentrarsi, soprattutto quando si sono focalizzati sui trapassati. Per gli autori dello studio, un indizio che la comunicazione con l’Aldilà corrisponde ad uno stato mentale molto diverso rispetto a quando si pensa a qualcuno di reale o si lavora di fantasia.
Ecco allora le loro conclusioni: “Crediamo che i risultati del Medium 1, ovvero la correlazione dell’accuratezza con l’attività elettro-corticale, si qualificano come una scoperta consistente. I risultati relativi alle differenze nelle bande delle onde gamma tra i diversi stati mentali restano sconcertanti, quanto le variazioni che abbiamo osservato sembrano derivare, almeno in parte, dall’attività di occhi o muscoli.
La caratterizzazione dell’esatta natura di questa differenza nella frequenza della banda gamma e la valutazione se ciascuna di queste attività si origini dal cervello, richiede un’ulteriore ricerca. Presi nel complesso, i risultati dello studio suggeriscono che l’esperienza della comunicazione con i defunti possa costituire uno stato mentale a sé, che non è coerente con la normale attività cerebrale propria del pensiero o dell’ immaginazione.”
È la prova che davvero l’anima sopravvive al corpo e che con essa alcuni soggetti particolari possono entrare in contatto? Sicuramente, no. Ma è probabilmente l’ennesima dimostrazione delle enormi potenzialità del nostro cervello e di quanto ancora poco sappiamo delle sue funzioni, delle sue caratteristiche, delle sue capacità. Anche di quelle “extra”.
SABRINA PIERAGOSTINI