Ha lottato fino all’ultimo, senza mai perdere la speranza. È morto Lloyd Pye, il ricercatore americano che ha legato il suo nome allo Starchild, quello strano teschio dalle caratteristiche uniche trovato in una grotta messicana, e alla cosiddetta “Teoria dell’Intervento”. Lloyd aveva 67 anni. Si è spento il 9 dicembre, circondato dall’affetto della sua famiglia, tra le braccia dell’anziana mamma. A renderlo noto, è stato un commuovente annuncio postato dal nipote su Facebook.
La malattia che lo ha portato via gli era stata diagnosticata la scorsa estate. “Un linfoma a cellule B aggressivo”, si legge ancora nel comunicato diffuso all’epoca sul suo sito. Aveva dovuto diradare gli impegni per concentrarsi su quella battaglia personale. Era ottimista, pur essendo ben consapevole della gravità della situazione: lo scriveva- senza giri di parole, ma in modo molto schietto, come sua abitudine- nelle lettere che spediva ad amici e fan inclusi nella sua mailing list.
Ne facevo parte anch’io. Lo avevo contattato per avere qualche informazione in più sui suoi studi. Mi aveva concesso prima un’intervista scritta, poi una via Skype e da allora eravamo rimasti in contatto. Mi aveva informato che da luglio a settembre si sarebbe spostato in Gran Bretagna per una serie di conferenze e aveva accettato l’invito al convegno che stavo organizzando per l’inizio di autunno a Segrate. Poi, quel fulmine a ciel sereno…
La malattia lo aveva costretto a cambiare programmi e a trascorrere alcune settimane in una clinica tedesca. Ma nonostante i problemi e le preoccupazioni, non aveva dato forfait. Anzi. All’inizio di settembre, di sua iniziativa, aveva preso un treno per Milano per conoscermi di persona e fare un’altra intervista- la prima faccia a faccia. In quell’occasione ebbi modo di capire quanto fosse affabile e brillante, con un forte senso dell’humour e una grande capacità di comunicazione.
Ci eravamo rivisti alla fine del mese, per quel meeting di cui Lloyd Pye era l’ospite d’onore, il più atteso, il più famoso. Sul palco, aveva presentato per due ore i risultati dei suoi studi che avevano fatto di lui uno dei più importanti ricercatori alternativi al mondo. Una definizione che non riteneva sminuente, tutt’altro: la considerava un vanto. Pye voleva essere alternativo al sapere accademico e alla scienza ufficiale che, a suo dire, nascondevano la verità: ovvero, l’esistenza di altre creature intelligenti, nel cosmo, e il loro intervento determinante nella nostra evoluzione.
A me e al pubblico di Segrate aveva fatto un bel regalo: aveva portato con sè la copia perfetta dello Starchild, facendola arrivare appositamente dal set di un documentario incentrato proprio su questo anomalo cranio. E si era messo in posa con chiunque volesse scattare una foto-ricordo con lui e con quel reperto al quale aveva dedicato tanti anni di indagini, di ricerche, di test.
Le cure sembravano dare risultati incoraggianti. Lloyd era di buon umore e anche apparentemente in forma. Chiacchierava e scherzava con gli altri relatori e con gli organizzatori. Raccontava aneddoti di quando lavorava come scrittore e sceneggiatore di fiction. Era frustrato dalle difficoltà che gli avevano impedito, fino a quel momento, di completare gli esami genetici sullo Starchild, ma era certo che avrebbe trovato, in qualche modo, i fondi necessari per sequenziare quel genoma e dimostrarne l’origine non terrestre.
Il destino ha deciso diversamente. Un mese fa, un improvviso peggioramento lo ha indotto a rientrare in patria, negli Stati Uniti, e a sospendere quella terapia molto invasiva, ma purtroppo inutile. Voleva tentare un nuovo tipo di cura. “Sono pronto ad iniziare la battaglia, credo di poterla vincere… Dì a tutti di non perdere la speranza e la fede, l’anno prossimo tornerò. Mi piacerebbe tanto !”, mi scriveva nella sua mail del 6 novembre. L’ultima. Ecco chi era Lloyd Pye: un uomo coraggioso, un entusiasta della vita, un amico. Mi mancherà.
Ma mancherà anche a tutti coloro che non si vogliono fermare davanti alle apparenze. A chi vuole capire, ostinatamente, l’incomprensibile. A chi non accetta dogmi imposti dall’alto. A chi osa andare oltre. Giuste o sbagliate che fossero, le sue teorie cercavano di dar spiegazioni a misteri ancora insoluti, di dare un senso a realtà ancora sfuggenti. Mi piace pensare che adesso Lloyd, ovunque sia, abbia trovato tutte le risposte.