Un super-Uomo, o per lo meno, un Uomo stile OGM, modificato geneticamente per essere più adeguato alle nuove sfide del futuro che lo vedranno sempre più lontano dal nostro pianeta: un individuo più resistente alle radiazioni, capace di sopportare temperature molto elevate e di non subire danni dalla microgravità. Sembra l’idea di qualche scienziato pazzo in un b-movie, invece è una possibilità presa seriamente in considerazione dai ricercatori che stanno prospettando gli scenari dell’esplorazione spaziale dei prossimi decenni. Un’idea che non manca di delicati risvolti etici.
IL FUTURO DELL’UMAN ITÀ È NELLO SPAZIO?
Se n’è parlato nel corso di un seminario via web organizzato dall’Accademia di Scienze di New York , dal titolo “Alienante Marte: sfide della colonizzazione dello spazio”, al quale hanno preso parte astrofisici, ingegneri aerospaziali, genetisti, astrobiologi. «I corpi umani sono ottimizzati per la vita sulla Terra e mal equipaggiati per ambienti come quelli che incontreremo su Marte. Ma qui a casa ci sono organismi che prosperano alle condizioni estreme: nei luoghi più freddi, più caldi, più secchi e più salati. Poiché tecnologie come il CRISPR ci consentono di manipolare i nostri geni, ci possono essere strumenti adattivi che possiamo prendere in prestito da questi estremofili. Nel processo che porterà gli esseri umani su Marte, su quali valori possiamo venire a compromesso?», recitava il tema in discussione.
Secondo Kennda Lynch, astrobiologa e geomicrobiologa del Lunar and Planetary Institute, in Texas, l’opzione genetica e le altre tecnologie che possano adattare il nostro organismo agli ambienti ostili al di fuori della Terra non devono essere escluse. «Possono giocare un ruolo importante se le persone vorranno vivere, lavorare e stabilirsi con la loro famiglia su Marte». Una prospettiva meno remota o fantascientifica di quanto sembri: entro la fine del prossimo decennio, la NASA intende portare il primo equipaggio umano sul Pianeta Rosso. Già per gli astronauti il viaggio fin lassù sarà rischioso, perché rimarranno esposti alle radiazioni e alla microgravità per molti mesi. Ma nei programmi del XXI secolo, c’è anche quello di creare degli insediamenti permanenti su Marte e per questi pionieri la vita potrebbe essere molto dura.
UN’IPOTETICA COLONIA SU MARTE
A meno di non renderli un po’ meno umani e un po’ più alieni… Come? Intervenendo sul loro DNA. Nei laboratori lo stanno già tentando: ad esempio, dei ricercatori hanno inserito all’interno di cellule umane in vitro delle sequenze prelevate dai tardigradi, quei minuscoli animaletti quasi indistruttibili che sopravvivono praticamente a tutto (al freddo e al caldo estremi, senza acqua, nel vuoto cosmico e così via). Le cellule trattate in questo modo hanno dimostrato una maggior resistenza alle radiazioni rispetto a quelle normali. Lo ha spiegato durante la conferenza online Christopher Mason, genetista della Scuola di Medicina della Cornell University di New York.
Già adesso, le agenzie come la NASA e la ESA adottano varie misure per garantire la salute dei propri astronauti durante i voli spaziali, somministrando loro alcuni farmaci specifici e schermando i veicoli. Meglio ancora se fosse possibile assicurare una protezione ulteriore, dall’interno del corpo. A patto, ovviamente- ha detto Mason- che tutto si svolga nella massima sicurezza: «I tardigradi e i microbi estremofili, come il batterio Deinococcus radiodurans super resistente alle radiazioni, sono un grande serbatoio fondamentalmente naturale di tratti e talenti sorprendenti in biologia. Forse potremmo usarne qualcuno. Saremmo eticamente tenuti a farlo? Se fosse una missione abbastanza lunga, si potrebbe tentare qualcosa, ipotizzando che sia sicuro, non lo sappiamo ancora.» Insomma, il prossimo step della nostra evoluzione potrebbe essere l’ Homo Cosmicus creato in laboratorio.
IL MINUSCOLO E QUASI INDISTRUTTIBILE TARDIGRADO
Il potenziamento genetico dell’Umanità del futuro potrebbe essere necessario se vorremo spingerci ancor più in là, nel nostro sistema solare. Magari per andare a vedere di persona cosa c’è sul satellite gioviano Europa, specie nei suoi vasti mari coperti da una spessa crosta di ghiaccio, dove forse esiste la vita. Un viaggio, per ora, impossibile: non solo su Europa le temperature sono estremamente basse (la massima non supera i -148 °C), ma la luna è anche investita dalle potenti radiazioni emesse da Giove. Un essere umano non potrebbe resistere e morirebbe all’istante, a meno di non prevedere una gamma completa di protezioni di ogni tipo. Inclusa quella a livello cellulare.
Ma nel prossimo futuro dell’esplorazione spaziale, l’ingegneria genetica non dovrebbe essere limitata ai primi esploratori del sistema solare: potrebbe essere utilizzata anche per modificare i luoghi da colonizzare. Lo ha spiegato la Lynch: le ultime scoperte nell’ambito della biologia sintetica fanno presagire la possibilità di mandare, prima degli esseri umani, dei microbi “designer” in grado di preparare l’ habitat. Questi minuscoli esseri viventi potrebbero, ad esempio, produrre l’ossigeno di cui Marte è estremamente scarso. Alcuni astrobiologi hanno teorizzato che grazie ai microbi potremmo terraformare il Pianeta Rosso, ossia renderlo un mondo più simile al nostro e quindi più confortevole per i coloni umani.
IL TERRAFORMING PREVEDE DI TRASFORMARE MARTE PER RENDERLO PIÙ SIMILE ALLA TERRA
Ma anche questo progetto ha un risvolto etico da non sottovalutare: su Marte potrebbero esistere forme di vita – forse in laghi sotterranei o nel sottosuolo- che si sono adattate a quelle condizioni per noi ostili e che morirebbero se noi trasformassimo il loro ambiente a nostro uso e consumo. «Il terraforming non sarebbe né etico, né scientifico», ha chiosato la Lynch. «In fondo, andiamo lassù per scoprire se la Terra è davvero l’unico posto che ospita la vita. E come possiamo riuscirci, se modifichiamo quel pianeta prima di arrivarci?»