Centinaia di casi, migliaia di testimoni, anni di studi. Eppure- si lamenta il Dipartimento della Difesa di Washington- non ci sono abbastanza dati per comprendere la reale natura degli UAP, che altri non sono che i cari, vecchi UFO ribattezzati in modo più trendy. Ma per fortuna, il Pentagono e i servizi segreti americani non sono gli unici a indagare sui misteriosi intrusi avvistati sempre più spesso nei nostri cieli. Anzi, il numero delle organizzazioni non-profit e dei gruppi privati di ricerca scientifica che si prefiggono di far luce su questa sfuggente realtà si moltiplicano. E prima o poi, qualcuno qualcosa lo capirà. O no?
PER IL PENTAGONO, MANCANO DATI PER CAPIRE COSA SIANO GLI UFO
In pole position, c’è Avi Loeb, l’astronomo di Harvard a capo del Progetto Galileo- ne abbiamo parlato più volte nel blog. Alla fine dello scorso dicembre, l’ osservatorio posizionato sul tetto dell’Università ha iniziato a raccogliere le prime informazioni. Questo occhio elettronico, costato 300 mila dollari, riprende immagini ininterrottamente (anche agli infrarossi) e può registrare l’audio ambiente. I dati raccolti verranno poi filtrati attraverso algoritmi: sarà l’intelligenza artificiale a distinguere normali stormi, meteoriti, aerei di passaggio da oggetti effettivamente fuori dall’ordinario. E se qualcosa del genere dovesse emergere, ha promesso il professore, la notizia sarebbe prontamente condivisa con l’opinione pubblica. «Un milione di foto sfocate non vale un singolo video in alta risoluzione che immortala un oggetto mentre fa manovre», ha detto al sito Scientific American.
IL PROFESSOR AVI LOEB
Il docente, originario di Israele ma ormai trapiantato negli Stati Uniti, ha un piano preciso: entro questa primavera, ci saranno altri tre osservatori puntati verso il cielo h24 in tre diversi luoghi. Ma poi, con l’anno prossimo, se riuscirà a raccogliere una cifra ingente (qualche decina di milioni di dollari almeno), ce ne saranno un centinaio di sistemi del genere sparsi ovunque nel globo e a quel punto ci sarà a disposizione un numero di avvistamenti UFO statisticamente rilevante. La maggior parte di essi, prevede Loeb, si riveleranno di produzione umana o correlati a fenomeni naturali. Ma non tutti. «La ragione per la quale sono non identificati risiede nel fatto che il governo americano non possiede dati di qualità adatta a decifrare le loro natura. L’unico modo per avanzare nella conoscenza degli UAP è assemblando informazioni di alta qualità tramite strumentazioni perfettamente calibrate e fornendo risultati riproducibili».
IL TEAM DI RICERCA DEL GALILEO PROJECT
Loeb, comunque, è in buona compagnia in questa sorta di “caccia all’UFO”. Nel tentativo di interpretare i dati ricavabili con gli strumenti più sofisticati a disposizione della scienza lavora anche la Scientific Coalition for UAP Studies (SCU). Si tratta di un think tank che riunisce scienziati, ricercatori e specialisti di vari settori, sia di enti governativi che di società private, spinti dal desiderio di spiegare in termini scientifici tutti i fenomeni anomali che si manifestano in giro per il mondo, qualunque sia il nome con cui vengono chiamati- UAP, UFO, OVNI o altro ancora. Tra gli studi che hanno già prodotto, ricordiamo l’analisi dei video del Pentagono grazie alla quale hanno ricavato elementi sufficienti per sostenere che quegli oggetti avessero capacità superiori a qualsiasi velivolo mai visto prima, tanto da sfidare tutte le nozioni della fisica attuale.
IL SIMBOLO DELLA COALIZIONE SCIENTIFICA PER GLI STUDI UAP
Con lo scopo di indagare e dare risposte scientifiche, opera poi anche l’UAPx. È un’organizzazione non-profit con base in Florida composta da fisici, astrofisici, ingegneri, analisti e altri professionisti che conducono le loro indagini con sensori, videocamere e spettrografi per studiare nel visibile, negli infrarossi e nell’ultravioletto. Insieme ad alcuni veterani della Navy- testimoni dell’ormai celebre incontro con il Tic-Tac, rivelato per la prima volta dal comandante David Fravor- e con la regista Caroline Cory, per 5 giorni il team dell’UAPx ha condotto un’indagine sul braccio di mare di fronte all’isola di Catalina, in California (ossia proprio negli stessi luoghi degli avvistamenti del 2004) e ha registrato alcuni strani fenomeni aerei. Le immagini sono state montate nel documentario “A tear in the sky” (prodotto dalla Cory e visibile a pagamento su varie piattaforme), ma per ora i ricercatori non hanno divulgato la loro interpretazione di quegli episodi: lo faranno, dicono, solo al termine di tutte le analisi e le verifiche per evitare errori o risultati scientificamente non validi.
L’UAPX HA COLLABORATO AL DOCUMENTARIO “A TEAR IN THE SKY”
A New York è nata invece una nuova app per smartphone dedicata agli avvistamenti UFO. L’ha prodotta la società Enigma Lab, con l’idea di creare una piattaforma per il crownsourcing dei report sugli UAP. L’app appena lanciata offre un archivio con circa 270.000 casi storici, ma permette anche di registrarne e di caricarne di nuovi. Ogni video riceve un punteggio da 1 a 100 in base a vari fattori (il numero dei testimoni, la qualità delle immagini e cosi via). «Ingestando centinaia di migliaia di avvistamenti da ogni paese e imparando dagli avvistamenti del passato, siamo stati in grado di costruire un modello standardizzato di segnalazione che renderà gli avvistamenti comparabili e accessibili in tutto il mondo», ha dichiarato Mark Douglas, uno dei manager dell’azienda newyorkese. Tra gli obiettivi dichiarati, anche insegnare al pubblico come riconoscere un reale UFO da altro- palloni, satelliti, detriti spaziali…
UN VERO UFO O UN FENOMENO DI DIVERSA NATURA?.
Segnaliamo infine la formazione di un nuovo gruppo di ricerca scientifica, che si pone su un piano più teorico rispetto ai precedenti. Si chiama Society for UAP Studies (SUAPS la sigla) e ha come mission “l’avanzamento dello studio dei fenomeni aerospaziali non identificati tramite il dialogo interdisciplinare”. Si tratta di un’organizzazione senza scopo di lucro ancora in fase di sviluppo impegnata a far emergere una vera e propria disciplina accademica della conoscenza sugli UAP, rifiutando tanto la creduloneria quanto lo scetticismo dogmatico. Pur definendosi coerente e complementare alle attività della SCU, del progetto Galileo e della UAPx, la Società sottolinea di essere “specificamente interessata più a promuovere una riflessione teorico/accademica di meta-livello sul tema degli UAP, piuttosto che produrre i dati di primo ordine che costituiscono la base probatoria del fenomeno stesso».
LA NEONATA SOCIETÀ PER GLI STUDI SUGLI UAP
La SUAPS curerà la pubblicazione di una rivista semestrale, LIMINA (Journal of UAP Studies) che si è presentata, nel primo week end di febbraio, con un simposio inaugurale di tre giorni in forma virtuale nel quale hanno preso la parola ricercatori accademici di mezzo mondo: tra i tanti citiamo Kevin Knuth (professore di fisica dell’Università di Albany); il francese Philippe Ailleris (seni0r project controller dell’ESA e coinvolto nell’UFOdata Project ); Silvano Colombano (ex senior researcher della NASA); Joaquim Fernandes (professore di storia dell’Università Fernando Pessoa); l’astrofisico italiano Massimo Teodorani. Ci saranno poi corsi, seminari, workshop. E tra i progetti dichiarati, troviamo anche lo sviluppo di un catalogo degli incontri tra UAP ed esseri umani, una bibliografia di tutti gli studi sul fenomeno e una raccolta di video con gli avvistamenti UFO. Il gruppo di lavoro dovrebbe entrare a pieno ritmo da questa primavera, mentre il primo numero della rivista è atteso per l’estate.
UNO DEGLI UAP/UFO ANCORA SENZA SPIEGAZIONE
«Speriamo di contribuire a questo slancio nella ricerca promuovendo non solo una seria indagine scientifica sui molti aspetti fisici e psicologici del fenomeno, ma anche- forse cosa più importante di tutte- speriamo di promuovere un rinnovato interesse per questo fenomeno tra le numerose discipline delle scienze umane e sociali», si legge sul sito. «Riteniamo che le discipline umanistiche siano fondamentali per comprendere più a fondo non solo il tipo di realtà con cui abbiamo potenzialmente a che fare (un argomento di grande dibattito, spesso controverso, fin dagli albori dei moderni studi sugli UAP), ma anche il suo significato per gli individui e le loro società (un fattore che non può essere ignorato mentre cerchiamo quella realtà). Solo promuovendo il dialogo e la collaborazione tra le scienze naturali e sociali, insieme a quelle umanistiche, possiamo sperare di contribuire in modo significativo a un’autentica comprensione del fenomeno. Non dimentichiamo mai che i progressi più significativi nella conoscenza umana, compreso l’emergere stesso della scienza, sono avvenuti solo quando le attività umanistiche e scientifiche si sono tenute compagnia.»
IL PALLONE SPIA CINESE FATTO ESPLODERE NEGLI USA
Insomma, sembra che qualcosa nel mondo accademico si sia finalmente messo in moto e con le giuste motivazioni, questa volta: per capire e non per coprire, per svelare e non per smentire una realtà troppo a lungo negata e ridicolizzata. Un nuovo slancio che potrebbe dare i suoi frutti, quanto meno come stimolo ed esempio per i militari. Intanto, dall’elenco delle possibili spiegazioni per gli UAP tuttora senza spiegazione il Dipartimento della Difesa americano dovrebbe toglierne una: gli intrusi avvistati e ripresi dai suoi piloti mentre compiono manovre assurde con velocità e accelerazioni impossibili non sono sicuramente marchingegni cinesi. Da Pechino, per spiare sul suolo americano, utilizzano i classici palloni spia che vengono scoperti, identificati e abbattuti in men che non si dica-come è appena successo. Se i Cinesi avessero avuto una tecnologia come quella mostrata dagli UFO/UAP, non l’avrebbero forse usata per spiare senza essere beccati? Certo che sì. Se non l’hanno usata e ricorrono alla tecnologia stra-nota, è perché non la possiedono. Per scoprire origine, natura e scopo di quei misteriosi oggetti che si palesano dove meno te l’aspetti, urge una spiegazione più plausibile.