“Trovati possibili indizi di antica vita batterica su Marte”. L’annuncio della NASA ha fatto il giro del mondo in pochi minuti: la notizia è apparsa su tutte le principali testate giornalistiche italiane-cartacee e online- nei telegiornali, sui siti scientifici: insomma, ovunque. Una grande eccitazione, un grande clamore per queste microscopiche tracce rinvenute su alcune rocce del Pianeta Rosso, prodotte da processi chimici spesso associati (sulla Terra) all’attività biologica primordiale. Invece, cosa hanno suscitato le affermazioni fatte al Congresso degli Stati Uniti, sotto giuramento, da parte di militari in servizio e in congedo che hanno assicurato di aver visto oggetti dalla tecnologia sconosciuta volare sopra basi aeree o emergere dal mare? Niente, solo un assordante silenzio.

Nessun quotidiano di rilievo ne ha parlato, se escludiamo le poche righe di Messaggero e Corriere della Sera a commento di un video incredibile mostrato proprio durante quell’audizione. Zero assoluto. Come se non fosse mai avvenuta, come se quei testimoni oculari non avessero mai detto nulla. Non voglio certo sminuire la potenziale importanza della scoperta marziana, che- se verificata- dimostrerebbe quello che si sostiene da tempo, ossia che Marte, in epoche remote, era molto simile alla Terra e aveva le condizioni ideali per lo sviluppo della vita. Ma per ora, nonostante l’ufficialità della conferenza stampa trasmessa in diretta streaming, gli astrobiologi della NASA non sanno esattamente cosa abbia trovato il rover Perseverance esplorando il cratere Jezero.

Infatti, le rocce, che un tempo si trovavano nei fondali di un antico lago o forse di un fiume, presentano elementi che fanno ipotizzare l’esistenza di forme di vita batterica, ma che possono anche essere spiegati come sedimentazioni geologiche. Insomma, finché non verranno esaminati in un laboratorio terrestre (chissà quando), non ci sono prove certe che siano davvero biofirme. Ma in questo caso, l’assenza di prove certe non ha comunque frenato la fantasia e l’entusiasmo, mentre l’audizione congressuale (nella quale non si ipotizzavano batteri extraterrestri, ma forme di vita intelligente, molto più di noi) è stata accolta con una scrollata di spalle del tipo “chi se ne frega”… Come spiegarlo?

Bè, innanzitutto grazie alla lunga, lunghissima storia di pregiudizi che circondano la cosiddetta “questione aliena”. Per il mondo accademico, è un non-problema: non se ne parla in pubblico, non se ne discute a porte chiuse, non esiste. Di recente, un autorevole accademico italiano dalla mentalità più aperta della media mi ha confessato che anche a volerne sapere di più, per puri fini scientifici (vanno valutate anche le teorie più estreme), qui da noi è impossibile: non ha mai sentito un solo seminario sull’argomento UAP, nemmeno un intervento a una qualche conferenza. E se l’illustre ricercatore si permettesse di chiedere al suo capo dipartimento di affrontare, anche in chiave dubitativa ovviamente, questo argomento tabù? «Come minimo mi sbatterebbe fuori dal suo ufficio». Ecco quello che si dice stigma. E se vogliano, anche scarsa lungimiranza. Se soltanto uno su un milione dei casi segnalati risultasse fondato, l’intero mondo scientifico (e non solo) ne verrebbe scosso dalle fondamenta. Meglio essere preparati, giusto?

Ma no, nel nostro Paese vige un permanente senso di imbarazzo quasi paralizzante, ingigantito dal timore del ridicolo. Chi vede gli UFO (o UAP che dir si voglia) è un mezzo sciroccato. Chi ne scrive, altrettanto. Chi li considera una realtà da studiare, forse è ancora più folle. E qui, va aggiunta la seconda componente del problema: l’ignoranza, proprio nel senso etimologico del termine, ossia il non sapere. A sbeffeggiare chi si occupa della tematica, quasi sempre è qualcuno che della medesima non sa assolutamente niente. Cita frasi vuote che circolano ormai da anni e ripete semplicemente quello che altri hanno detto, senza verificare che sia vero. Perché l’ignoranza va spesso a braccetto con la supponenza: non ci si informa riguardo argomenti ritenuti troppo sciocchi e quindi- non informandosi-non se ne saprà mai nulla. Però si pontifica come grandi esperti, come detentori della Verità, come depositari della Vera Scienza.
Questi Soloni, diffusissimi nel mondo dell’informazione, che sproloquiano su tutto con lo stesso approccio snob, ignorano ovviamente quello che negli ultimi 8 anni è avvenuto nel mondo dell’ufologia, ossia una piccola rivoluzione copernicana, per quanto riguarda il livello delle rivelazioni. Se nei decenni precedenti, il peso della disclosure era gravata sulle spalle di ufologi e scrittori che riportavano le confidenze di insider (quasi sempre anonimi), ora la palla è passata al Congresso degli Stati Uniti. Molti dei rappresentanti e senatori che insistono per un’apertura dei file tenuti sotto chiave hanno avuto briefing riservati con esponenti di alto rango dell’Intelligence e scienziati ben informati. Hanno saputo molto più di quello che possono ammettere. Pensateci: rischierebbero il loro seggio o la loro rielezione, esponendosi così tanto in prima persona, se non sapessero già cosa può rivelare il materiale classificato?

Come il rappresentante Eric Burlinson, componente della Task Force per la declassificazione dei segreti federali. Ha presentato un video (ricevuto da una fonte anonima) ripreso da droni militari durante un’operazione di bombardamenti in Yemen nell’ ottobre 2024. Target, un oggetto sferico sconosciuto in volo. “Cosa diavolo è?”, ha chiesto il politico. Nessuna risposta dal Pentagono: il suo portavoce ha detto di non aver niente da dire in proposito, stizzito dal fatto che quelle immagini classificate fossero state mostrate in pubblico. Peccato, perché le immagini meriterebbero parecchi commenti. Nel filmato, si vede infatti che sul bersaglio acquisito viene sparato un missile Hellfire per abbatterlo: un proiettile di 45 kg lo centra, ma non sembra esplodere. Anzi, appare deviato, come se rimbalzasse.

Il velivolo ignoto continua la sua traiettoria, lasciando dietro di sé tre oggetti più piccoli. Detriti che precipitano, dicono gli assertori dell’ipotesi “è solo un pallone spia…”. Ma le analisi di James Fowler, fondatore del progetto Skywatcher (che cerca e classifica gli UFO sulla base di aspetto e caratteristiche di volo) dicono altro. Un super ingrandimento mostra la loro strana forma «Quei tre oggetti assomigliano ai nostri UAP di classe 10, cubi a sei facce». Secondo Fowler, non sono pezzi dell’oggetto principale in caduta libera (come farebbero dei semplici rottami), ma sono a loro volta mezzi volanti, tutti della stessa identica dimensione e forma, con una precisa traiettoria. E non uscirebbero dal velivolo più grande dopo l’urto, piuttosto si staccherebbero da esso come se prima fossero stati agganciati alla sua superficie oppure stessero viaggiando a distanza molto ravvicina.

Eppure, la maggior parte dei lettori vede i titoloni e quasi si commuove perché su Marte alcuni scienziati hanno individuato (cito testuali parole) “processi chimici compatibili con un’origine biologica, anche se non ne costituiscono ancora la prova” (e che, per inciso, riguardano comunque microbi che sarebbero vissuti nell’acqua marziana tre miliardi e mezzo di anni fa), ma rimane impassibile di fronte a immagini del genere. Come è indifferente di fronte ai racconti da brividi dei testimoni del Congresso-tre appartenenti alle Forze Armate e un giornalista. Gente che ci ha “messo la faccia” per deporre in merito a quello che di assurdo accadrebbe qui, sulla Terra.

I militari (uno ancora in servizio attivo) hanno reso le loro testimonianze in merito ad oggetti sconosciuti dalle forme e dalle prestazioni di volo assurde, apparsi davanti ai loro occhi e registrati dalle strumentazioni. Come il gemello del Tic-Tac emerso dall’oceano di fronte ai marinai dell’ USS Jackson, per poi volare in modo silenzioso e coordinato con altri tre oggetti identici nel cielo, secondo le dichiarazioni rilasciate da Alexandro Wiggins. Oppure il gigantesco velivolo di forma rettangolare (non proprio aerodinamica…) che ha terrorizzato i militari della base aerospaziale di Vandenberg. «Il caos si diffuse via radio mentre l’oggetto si avvicinava rapidamente. Ho sentito il mio amico urlare: ”Sta arrivando dritto verso di noi!”», ha raccontato l’ex USAF Jeffrey Nuccetelli.

Dylan Borland (ex specialista di Intelligence ed analista di immagini radar dell’Aeronautica) non ha avuto parole tenere nei confronti dell’AARO, l’ufficio del Pentagono creato apparentemente per fare luce su questi e centinaia di altri avvistamenti in ambito militare, ma che invece farebbe di tutto per sminuire le testimonianze ed evitare una effettiva indagine approfondita. «Dicono che l’unico modo per provare scientificamente che qualcosa sia extraterrestre è andare su quel pianeta, acquisire la tecnologia, riportarla indietro e confrontarla con quella che abbiamo qui», ha detto. «Sta dicendo che non faranno trapelare nulla a meno che non vadano sul pianeta e ne confermino l’origine?», ha chiesto Burlinson. «Sì, questa sarebbe una prova scientifica».

Vale la pena a questo punto di aggiungere qualche commento fatto dai legislatori statunitensi presenti all’audizione: «La narrazione è cambiata. Per il governo sarebbe politicamente conveniente che voi non foste tutti militari in giacca e cravatta, sarebbe meglio se vi foste presentati con il cappello di carta stagnola in testa…» (Jared Moskowitz); «Penso sia chiaro che nel nostro spazio aereo sia in atto una tecnologia avanzata. La domanda è: è nostra o ultraterrena?» (Andy Ogles); «Questa non è fantascienza o speculazione. Si tratta di sicurezza nazionale» (Anna Paulina Luna); «Crescendo, non ho creduto agli UFO o a cose del genere. Ho sempre pensato che fossero assurdità. Ma dopo aver ascoltato la testimonianza di militari degni di stima e aver visto i video, devo ammettere che ora ci credo» (Eli Crane). Ma per gli scienziati e la stampa italiana, questa è solo una sciocchezza…
