Cosa si nasconde nell’Area 51? Quali segreti ha celato il Governo americano in questa base militare che per decenni non è neppure esistita ufficialmente? Interrogativi ai quali cerca di rispondere una giornalista americana, nel libro-dossier “Area 51”: quasi 400 pagine nelle quali rivela una verità inconfessabile per gli Usa. E gli Alieni non c’entrano…
Intervistata da “Venerdì”, il supplemento di Repubblica, Annie Jacobsen, reporter del “Los Angeles Times” nota per le sue inchieste scomode, espone le conclusioni della sua indagine che ha già fatto scalpore in America. Dopo aver ascoltato un centinaio di persone più o meno informate dei fatti, è arrivata ad un supertestimone, un ingegnere ultraottantenne.
L’uomo le ha rivelato la reale finalità di questo enorme complesso inavvicinabile costruito nel pieno del deserto del Nevada: esperimenti biogenetici condotti su persone inermi. L’ipotesi extraterrestre sarebbe stata volutamente diffusa dai vertici militari solo per depistare ed ammantare di assurdità e di ridicolo una pratica criminale ed illegale.
I due filoni infatti si intrecciano fin dall’inizio. L’Area 51 ha questo nome – spiega la giornalista- perchè, nel 1951, vi giunge il presunto disco volante con equipaggio a bordo precipitato a Roswell nel 1947. La Guerra Fredda è già iniziata. Dall’altra parte della Cortina di Ferro i Sovietici subiscono la supremazia tecnologica degli Stati Uniti che hanno raggiunto la bomba atomica prima di loro. Ecco allora che scatta la vendetta di Stalin: terrorizzare il Nemico fingendo un’invasione aliena.
Dice l’anonimo ingegnere contattato dalla Jacobsen che quel disco volante altro non era se non un prototipo nazista finito nelle mani dei Russi dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Mentre quelle creature dalle teste abnormi trovate tra i rottami dell’astronave erano bambini: modificati geneticamente dal dottor Mengele, il mostro dei lager che avrebbe trovato riparo a Mosca prima di fuggire in Sud America.
Su quegli esserini caduti dal cielo- due ancora appesi alla vita- gli Americani avrebbero condotto ulteriori studi ed esperimenti. E da qui in poi si sarebbe sviluppato quel progetto infame finalizzato a testare esseri umani– cittadini americani. Nel massimo segreto, ovviamente. “Lo spiego nel libro- dice la Jacobsen al “Venerdì” di Repubblica- Una volta che ti ritrovi con una struttura militare che chiaramente esiste, ma di cui lo Stato continua a negare l’esistenza, beh, il problema diventa quello del controllo. E se non c’è controllo, la possibilità che vengano condotti esprimenti orribili esiste.”
Sempre qui, in questa zona desertica lontana da tutto e da tutti, i militari avrebbero poi continuato anche i loro test nucleari. Le prove evidenti si vedono dal satellitte: sono le buche disseminate nel terreno circostante, trasformato in un gruviera dalle esplosioni. Ancora qui, sarebbero stati progettati, costruiti e provati sul campo gli armamenti più tecnologici e i velivoli più all’avanguardia. Scambiati, questi ultimi, per Ufo tanto sono avanti rispetto ai normali aerei.
Non solo. Annie Jacobsen- indagando sull’Area 51- ha scoperto che il Governo americano ha secretato 600mila pagine fitte fitte di invenzioni e conoscenze scientifiche in possesso dei Nazisti. Niente di più credibile, se pensiamo che il padre del programma spaziale made in Usa si chiamava Wernher Von Braun: lo stesso che- entusiasta sostenitore di Hitler- aveva ideato i famigerati V-2.
Che Washington nasconda terribili segreti, sembra insomma più che un’ipotesi. Ma all’uscita del libro “Area 51”, un altro giornalista ha condotto una sorta di contro-inchiesta. Intrufolandosi a tradimento nella casa del testimone-chiave, gli ha praticamente estorto una confessione: l’anziano era felice perchè la sua storia poteva aiutare Annie a vendere meglio il suo libro. Non solo: la gola profonda sarebbe apparsa al cronista solo un vecchietto piuttosto confuso.
Invidie tra colleghi? Possibile. Mentre la Jacobsen difende a spada tratta la credibilità della sua fonte privilegiata, è però costretta ad ammettere un’altra eventualità: anche l’uomo- all’epoca dei fatti, giovane ingegnere all’Area 51- potrebbe essere rimasto vittima inconsapevole di un depistaggio. La reporter lo scrive solo in una nota a margine, ma alla domanda risponde:”Non lo si può escludere. Forse l’informazione che ai tempi gli fu data era in realtà una disinformazione. In altre parole: la mia fonte ha lavorato su quei resti e ha visto quelle persone, ma non ha notizie di prima mano sulla loro provenienza”. Il mistero dell’Area 51, insomma, è tutt’altro che risolto.
SABRINA PIERAGOSTINI