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COLD CASE 5: Lo strano caso degli alieni di Varginha

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20 gennaio 1996. Tre ragazze di  Varginha, popolosa cittadina del  Minas Gerais- Stato del Brasile-  raccontano di essersi imbattute in una creatura spaventosa nascosta in mezzo all’erba. Diventa così di pubblico dominio uno dei casi ufologici più complessi ed enigmatici mai riferiti, con tutte le caratteristiche di un romanzo di fantascienza: decine di testimoni oculari, il cover up delle forze armate brasiliane, il coinvolgimento di quelle americane e persino una morte misteriosa.

LE TRE RAGAZZE DI VARGINHA CHE RACCONTARONO L'INCONTRO CON UNA CREATURA ALIENA

Quel sabato pomeriggio, Liliane da Silva, all’epoca 16enne, sua sorella Valquíria, 14 anni, e l’amica più grande Kátia Xavier, 22, stanno tornando verso casa, vicino al bosco chiamato “Jardim Andere”, quando Liliana nota qualcosa di incredibile: appoggiato ad un muro, rannicchiato tra l’erba, c’è un essere mai visto prima “nè umano nè animale”. Sembra alto circa un metro e mezzo, con la pelle scura, una testa tonda e sproporzionata, grandi occhi rossi e le vene che pompano violentemente sul collo esile. Sul capo ha come tre protuberanze.

Le tre giovani rimangono senza parole per qualche istante, poi urlano di terrore e fuggono via, dalla parte opposta. Arrivano trafelate a casa della famiglia da Silva, raccontano alla mamma delle due sorelle di aver visto “il diavolo”. Una volta calmate, però, la curiosità vince: tornano sui loro passi per controllare meglio quello che hanno visto. Giunte sul posto, trovano l’erba schiacciata e un forte odore di ammoniaca– lo stesso che emanava quell’orrenda creatura. Ma il luogo è deserto.

Presto il racconto delle ragazze si diffonde in città ed arriva alle orecchie dell’avvocato e docente universitario Franco Rodrigues Ubirajara, appassionato di ufologia, che inizia ad indagare. Ascolta più volte le ragazze, anche separatamente: le loro versioni collimano, non si contraddicono mai e sembrano davvero turbate quando in lacrime spiegano cosa hanno visto. Ubirajara si convince che stanno dicendo la verità, ma mancano conferme al loro racconto.

L'ALIENO AVEVA UN ASPETTO DEL GENERE...

Una però arriva qualche giorno dopo: un’infermiera rivela all’avvocato che il 20 gennaio all’Ospedale Regionale è successo un episodio strano. Un intero padiglione è stato chiuso al pubblico- spiega: era controllato a vista dai militari e sono arrivati dei medici sconosciuti. Due giorni dopo, tutti i dipendenti vengono convocati dalla direzione e sono invitati a dimenticare quello che è avvenuto ( “era una semplice esercitazione militare”) e a non farne parola con nessuno,  specie con l’avvocato Ubirajara.  Nel frattempo, altre fonti segnalano truppe davanti al più appartato ospedale Humanitas.

All’investigatore viene infatti riferito di un corpo davvero anomalo, giunto all’Humanitas in una cassa e apparentemente senza vita, analizzato da una quindicina di medici: il testimone anonimo ha visto mentre un dottore estraeva dalla bocca di quell’essere una lunga e sottile lingua nera. Non solo: l’avvocato viene a sapere da una agente di polizia che la notte del 20 gennaio in centrale sono giunte varie telefonate di persone allarmate per la presenza di un “piccolo mostro”. Ma la polizia pensa che sia uno scherzo e non procede.

A questo punto ci sono sufficienti indizi, secondo Ubirajara, per scrivere sulla vicenda. I giornali riprendono i suoi testi e il caso di Varginha diventa noto in tutto il Brasile. Se ne interessa così anche un giovane ufologo residente a Belo Horizonte, ma nato e cresciuto una cittadina vicina a Varginha, Três Corações, sede di una base militare. Il suo nome è Vitório Pacaccini  e presto inizia a collaborare con Ubirajara. Insieme faranno delle scoperte sensazionali. Innanzitutto, appurano che le creature erano più di una: forse addirittura sei.

CURIOSI NEL LUOGO DELL'AVVISTAMENTO DELLE SORELLE DA SILVA

La mattina del 20 gennaio 1996, infatti, prima dell’avvistamento delle tre ragazze,  una squadra di vigili del fuoco in tenuta ignifuga interviene su chiamata di alcuni bambini che segnalano un “animale mostruoso” nel bosco di Jardim Andere. L’area viene transennata, i curiosi allontanati,  ma dopo ore di ricerche qualcuno si accorge che i pompieri escono dalla boscaglia con una scatola di legno sigillata, subito caricata su un camion militare accorso sul posto.

Ma non solo. Uno jogger, poche ore dopo, correndo dalla parte opposta del parco, nota un insolito dispiegamento di soldati armati e coperti da strane protezioni che entrano in formazione tra gli alberi. Sente tre spari, torna indietro per capire cosa è successo. Vede così i militari uscire dal bosco con due sacchi: uno inanimato, mentre nell’altro qualcosa si muove ancora.

Nelle settimane successive, spuntano altre testimonianze. Come quella di una coppia di contadini che all’alba di quel giorno fatale vengono svegliati dal muggito e dall’agitazione delle mandrie in preda al panico. Dalla finestra scoprono il motivo: sulla loro fattoria si è fermato, sospeso a mezz’aria, una specie di “sottomarino volante”, come lo descrive l’uomo. L’oggetto metallico, di forma cilindrica e luminoso, sparisce poi lentamente. Marito e moglie- raccontano agli investigatori- hanno avuto l’impressione che quello strano aereo  avesse dei problemi.

Ancora più agghiacciante quello che i due ufologi scoprono sulla sorte di un poliziotto poco più che ventenne. La notte del 20 gennaio, Marco Chereze avvisa che non tornerà a casa: è impegnato in un servizio importante. Probabilmente, è lui a catturare una delle creature (forse proprio quella avvistata dalle tre ragazze nel pomeriggio). Ma lo fa a mani nude, senza protezioni. Pochi giorni dopo, il giovane si ammala. Un’infezione misteriosa gli divora prima le braccia e poi le gambe. Morirà in ospedale il 15 febbraio di quell’anno. Il referto medico parla di “modica quantità di tossina trovata nel corpo”. Ma non ci sarà mai una diagnosi precisa,  l’autopsia rimarrà  segreta, nei documenti ufficiali non risulterà neppure  in servizio quella notte e al papà che chiede verità verrà consigliato di stare tranquillo, per evitare ulteriori problemi.

UN'ALTRA FOTO DELLE TRE TESTIMONI OCULARI DEL 20 GENNAIO 1996

La vicenda già così complessa si arricchisce però di un dettaglio inaspettato. Questi sconcertanti episodi avvenuti nel volgere di poche ore il 20 gennaio 1996 sarebbero in realtà solo una parte della storia, iniziata il 13 di quello stesso mese. Lo racconta, a distanza di tempo, l’ennesimo testimone, un  ricco imprenditore di nome Carlos da Souza. Percorre all’alba con il suo pick up la strada che porta verso Três Corações quando sopra la sua testa vede passare un’astronave a forma di sigaro, color argento, che emette uno strano rumore. La segue per un tratto di strada, finchè non la vede sparire al di sopra di alcune montagne.

Pensa che possa essere precipitata e si mette alla ricerca del velivolo. Mezz’ora dopo, su una collina, trova i chiari segni di un impatto sul terreno: ci sono rottami ovunque. Ma non è solo: c’è già l’esercito che sta raccogliendo i resti sparsi dell’astronave. Quando notano la sua presenza, uomini armati gli intimano di andarsene. Da Silva, stordito da quanto ha visto, si ferma in un autogrill vicino per bere un bel caffè. Ed qui che lo raggiungono due individui in abiti civili che dimostrando di sapere tutto della sua vita gli ordinano di dimenticare ciò che ha visto e di tacere.

Solo mesi dopo, l’uomo si farà avanti per rivelare tutto ai due ufologi, i quali però non trovano conferme al racconto: il presunto luogo del crash non reca tracce dell’incidente. A parte il fatto che in un punto l’erba è stata da poco ripiantata. Ma in forma anonima vari soldati dicono che in effetti nella base militare hanno visto entrare due camion carichi di frammenti metallici proprio il 13 gennaio. Materiale poi confluito, secondo quelle fonti riservate, al centro aerospaziale di San Josè dos Campos, vicino a San Paolo.

IL RITRATTO DELLA CREATURA SULLA BASE DELLE TESTIMONIANZE

Sembra impossibile, ma non è ancora finita. Le ricerche di Ubirajara e Pacaccini arrivano all’ultimo colpo di scena. Il 13 gennaio 1996, il NORAD- il Comando di difesa aerospaziale del Nord America- avrebbe avvisato le autorità brasiliane di aver individuato una serie di Ufo in volo nell’emisfero occidentale e che uno o più di uno avrebbe potuto precipitare nello stato di Minas Gerais, nell’area di Varginha. Allarme subito inoltrato alla base più vicina: Três Corações.

A distanza di 16 anni, di questa “Roswell” brasiliana rimangono i racconti dei testimoni (mai ritrattati, nonostante le sorelle da Silva abbiano denunciato di aver ricevuto pressioni ed intimidazioni), la ricostruzione dei due investigatori del mistero, diventati due best-seller in patria, e i pupazzi dell’alieno diventati la mascotte di questa cittadina brasiliana. Ma soprattutto, restano le smentite categoriche delle autorità, da quelle governative a quelle militari che hanno avuto buon gioco: non ci sono prove oggettive di quanto raccontato dai due ufologi le cui fonti anonime sono, ovviamente, non verificabili.  Tutto falso, dunque? Tutto frutto della fantasia?

IL LIBRO SULLA VICENDA SCRITTO DALL'AVVOCATO UBIRAJARA

Non per il  Mufon- la principale organizzazione al mondo che studia i fenomeni Ufo- che al contrario ritiene la vicenda molto credibile proprio in virtù dei tanti testimoni che hanno deciso di parlare. Anzi, aggiunge al quadro un elemento inquietante in più: forse le creature aliene- vive o morte- sono ora custodite negli Stati Uniti. Poche settimane dopo questi fenomeni, nel marzo del 1996, si recarono in visita ufficiale in Brasile l’allora Segretario di Stato Usa Christopher Warren e il direttore della Nasa Daniel S. Goldin. Ufficialmente,  per sancire l’accordo che avrebbe portato il primo astronauta brasiliano sullo Space Shuttle. Ma ufficiosamente?

SABRINA PIERAGOSTINI

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