Un asteroide in rotta di collisione con la Terra. L’avrete letto sui giornali e sui siti online: 2011 AG5 è una minaccia di cui si sta seriamente occupando la Nasa e persino il cosidetto “Action Team” delle Nazioni Unite. Anche se esiste solo una possibilità su 625 che colpirà davvero il nostro pianeta, nel lontano 2040, tutti ne parlano già con grande preoccupazione.
Nessuno finora sembra invece allarmarsi molto per un altro, molto più concreto pericolo. Entro la fine del decennio, la Terra potrebbe essere investita da un’eruzione solare violentissima dagli effetti drammatici. Il termine è molto vicino- al massimo tra 8 anni…- e le probabilità piuttosto alte: 12 su 100. O se preferite, una su 8.
L’emissione di massa coronale potrebbe provocare danni per milioni di miliardi di euro e richiederebbe molto tempo per essere superata. Questa gigantesca tempesta solare– nota come “l’Evento di Carrington“- è molto rara: si calcola che si possa verificare ogni 150 anni. Considerando che l’ultima ha avuto luogo alla metà del XIX secolo, i tempi sono maturi.
Un argomento affrontato dal fisico spaziale Pete Riley, in forza al centro “Predictive Science” di San Diego, in California, nell’articolo pubblicato sulla rivista “Space Science“. È stato lui a stimare al 12% la possibilità che il fenomeno avvenga entro il 2020. “Più di quanto inizialmente non immaginassi pure io”, ammette lo scienziato.
Come si sa, il Sole presenta un ciclo di 11 anni durante il quale la sua attività aumenta e diminuisce. Durante il picco, la sua superficie si riempe di macchie e di enormi tempeste magnetiche. A volte, le eruzioni solari ( dette anche “flare” ) esplodono verso l’esterno ed emettono una massa di particelle caricate elettricamente nello spazio.
Le tempeste solari di piccola e media intensità avvengono abbastanza di frequente, mentre quelle di dimensioni eccezionali hanno un’incidenza molto bassa: tutte seguono una regola matematica nota come “legge di potenza“. Riley ha così potuto calcolare la probabilità che avvenga un evento clamoroso utilizzando un archivio storico e rapportando la grandezza delle emissioni alla loro ricorrenza.
Il flare più violento mai registrato è per l’appunto “l’Evento di Carrington”, dal nome dell’astronomo britannico che per primo vide dal sole spruzzare una mastodontica emissione di magma che raggiunse la Terra dopo aver viaggiato per più di 4 milioni di miglia all’ora nello spazio. Era la mattina del 1° settembre 1859.
Quando colpirono l’atmosfera terrestre, le particelle elettriche produssero delle fantastiche e diffusissime aurore boreali– quelle “onde di luce” colorata che di solito sono visibili sono a latitudini artiche ed antartiche, nelle notti polari. Invece all’epoca vennero ammirate persino ai Caraibi, alle Hawaii, a New York. Nella metropoli americana la gente si fermò incredula sui marciapiedi, per osservare stupita “quei drappi meravigliosi che hanno ammantato il cielo“, come scrisse il New York Times.
Ma quello fu solo l’effetto più scenografico dell’eruzione solare che produsse anche parecchi danni. Ad esempio andarono a fuoco molte stazioni del telegrafo, la loro rete andò in tilt e i rilevatori magnetici registrarono delle alterazioni del campo terrestre assolutamente fuori scala.
Ma ai quei tempi, il mondo non dipendeva totalmente– come il nostro- dall’energia elettrica e dai satelliti. Oggi, se si ripetesse un “Evento di Carrington”, le conseguenze sarebbero devastanti. Tutte le strumentazioni andrebbero fuori uso: dal frigorifero in casa al computer della banca. Il sistema GPS verrebbe interrotto, salterebbero tutte le comunicazioni da un punto all’altro del globo. Niente internet, niente radio, niente tv. Saremmo gli uni isolati dagli altri.
Per strada, non funzionerebbero i semafori; metro, tram e treni rimarrebbero sui binari. Non si potrebbe fare il pieno di benzina; si fermerebbe anche l’estrazione di petrolio, il trasporto lungo gli oleodotti, la raffinazione. Non avremmo il riscaldamento in casa: resteremmo al freddo e al buio, ovviamente.
Si bloccherebbe tutta l’attività produttiva– senza energia le fabbriche, i negozi, gli uffici sarebbero off line. E questo solo per citare alcuni esempi di quello che potrebbe verificarsi. In sostanza, un disastro: per l’economia, per la sicurezza, per la vita di tutti i giorni. Con la prospettiva di vivere in questo caos per settimane. O mesi. Se non anni.
L’ultimo black out generale prodotto da una tempesta geomagnetica, che colpì il Canada nel 1989, fece collassare la centrale idroelettrica del Quebec e lasciò senza luce milioni di abitanti per 9 ore. Ma una grossa, grossissima emissione di massa coronale stile “Carrington” cagionerebbee- solo negli Stati Uniti– danni da 1 a 2 milioni di miliardi di dollari per il primo anno. E ce ne vorrebbero almeno 10 per riparare i guasti e tornare alla normalità: stime che arrivano dal Consiglio Nazionale per la Ricerca americano.
“Un’interruzione elettrica a lungo termine potrebbe includere, ad esempio, il blocco delle vie di comunicazione e di trasporto, del sistema bancario e finanziario,dei servizi pubblici, nonchè la sospensione della somministrazione dell’acqua potabile, la perdita di milioni di tonnellate di derrate alimentari e di medicinali per lo stop agli impianti di refrigerazione”- si legge nel dossier preparato dall’ente nel 2008.
“Certo, questo quadro rappresenta lo scenario peggiore possibile– afferma Robert Rutledge, a capo dell’Ufficio Previsioni del NOAA (il Centro meteo del servizio nazionale clima e spazio) . “Le conseguenze potrebbero essere meno drammatiche, specie se le compagnie elettriche fossero coscienti dei rischi e preparassero piani alternativi per mitigarne gli effetti”.
Per esempio, potrebbero stoccare risorse d’energia nelle aree nelle quali si prevedono danni minori, oppure aggiungere linee ulteriori per supportare quelle interrotte con sovraccarichi di potenza. Presupponendo, ovviamente, che l’allarme sia dato in tempo e sia possibile prevedere esattamente dove la tempesta solare impatterà sulla Terra: è il compito dei satelliti più vicini a noi, incaricati di misurare la violenza e la direzione dell’ondata di plasma.
Ma anche così non sarà facile reagire. “Sarà come vedere l’arrivo di un ciclone, ma non capire quanto corrono veloci i venti fino a quando non ti travolgono la barca”, dice con un paragone molto forte Rutledge. Con la speranza di non esserci proprio noi, a bordo.
SABRINA PIERAGOSTINI