Ultimissime su Marte: i dati raccolti dalle sonde Viking 1 e 2 nel 1976 dimostrerebbero che lassù esiste la vita. Un nuovo studio sostiene infatti che quel suolo rosso potrebbe essere abitato da microrganismi. Certo meno affascinanti dei Marziani con le antenne, ma batteri, spore o alghe unicellulari sono pur sempre forme viventi- per quanto semplici ed elementari. Sarebbe dunque un evento eccezionale trovarli al di fuori dell’atmosfera terrestre.
In questa scoperta c’è anche un po’ di Italia, visto che alla ricerca condotta dall’equipe della Keck School of Medicine dell’Università della California del Sud ha partecipato anche Giorgio Bianciardi, ricercatore di Patologia Umana ed Oncologia presso l’Università di Siena. La possibile esistenza di microbi marziani risulterebbe confermata da analisi matematiche effettuate sulla base degli esperimenti compiuti dalla missione di 36 anni fa. Analisi ora illustrate sulla rivista di settore International Journal of Aeronautical and Space Sciences.
In pratica, gli studiosi affermano di aver riscontrato una complessità matematica e un grado di ordine superiore a quello previsto in un terreno inerte. Questa sarebbe la prova, allora, che nel suolo esaminato dalla Viking erano in corso processi biologici tipici dei terreni organici. “Il suolo di Marte è molto più simile al nostro che non ad altri campioni non biologici extraterrestri– ha detto Joseph D. Miller, professore associato di biologia e di neurobiologia, a capo del team californiano.
Nel corso della missione del 1976, le due sonde Viking “bombardarono” con un cocktail nutriente radioattivo alcuni campioni di suolo marziano. Se presenti, i microbi avrebbero dovuto metabolizzare la sostanza, emettendo metano o anidride carbonica. I risultati furono però poco chiari e non univoci: gli scienziati dell’epoca conclusero che erano avvenuti processi ossidativi, ma non di origine biologica. Così si escluse a priori l’ipotesi che ci fossero dei microrganismi.
Il team di Miller, però, non convinto, ha ripreso in mano questi dati reinterpretandoli da un punto di vista diverso applicando complessi modelli matematici. Dopo sei anni, i ricercatori hanno così potuto annunciare ben altre conclusioni. “Parafrasando un proverbio, potrei dire: se sembra un microbo e si comporta come un microbo, allora probabilmente è un microbo“, scherza il Dottor Miller che però avvisa: “Il nostro studio non mette la parola fine alla ricerca della vita su Marte, bisogna prima trovare quei microrganismi e fotografarli. È tempo di inviare nuove sonde per cercare prove definitive.”
SABRINA PIERAGOSTINI